Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27502 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMO n. 144, presso lo studio legale e commerciale SORRENTINO, rappresentato e difeso dall’avv. DI MEO GIUSEPPE;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2056/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello de L’Aquila, con sentenza dell’11 maggio 2017, ha rigettato il gravame di D.M., cittadino del *****, avverso l’impugnato provvedimento che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale.

Egli aveva riferito di essere omosessuale e sposato con un figlio, di avere lasciato il paese dopo essere sfuggito all’arresto, essendo stato sorpreso dalla polizia in un incontro sessuale con alcuni uomini; l’omosessualità costituiva reato punito gravemente anche perchè egli aveva violato la sacralità del matrimonio.

La Corte ha rigettato il ricorso, rilevando l’inverosimiglianza del racconto secondo il quale la parte avrebbe dato sfogo alla sua omosessualità da adulto, quando la moglie era assente, sarebbe stato scoperto in un bosco e sarebbe riuscito a fuggire per la disattenzione della polizia; e comunque, valutando nel merito la domanda di protezione, ha escluso che il ***** fosse un paese insicuro, essendo la situazione politica mutata da quando era stato deposto il dittatore che aveva fatto dell’omofobia un tratto saliente dell’esercizio del potere; era stato eletto democraticamente un nuovo governo il cui presidente si era impegnato a porre fine alle violazioni dei diritti umani, aveva promesso riforme costituzionali e ordinato il rilascio di numerosi prigionieri detenuti nelle carceri.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.M., illustrato da memoria; il Ministero dell’interno non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,7,8,10 e 11 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè vizio di motivazione, per avere ritenuto non credibile il suo racconto, senza svolgere indagini sulle condizioni esistenti nel suo Paese di origine.

Il suddetto motivo è inammissibile. Esso censura la statuizione concernente la valutazione di non credibilità del richiedente la protezione, che non costituisce effettiva ratio decidendi, avendo la sentenza impugnata accertato l’insussistenza nel merito delle condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale, come risulterà dall’esame del motivo che segue.

Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 4 e 14, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere omesso di valutare il danno grave paventato nel caso di rientro nel suo paese, a causa della violenza indiscriminata ivi esistente e del rischio di essere incarcerato.

Esso è inammissibile. I giudici di merito hanno accertato l’insussistenza delle condizioni di insicurezza in *****, idonee ad integrare le fattispecie legali per il riconoscimento della protezione internazionale, con riguardo sia al canone della violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, sia al pericolo di atti persecutori nei suoi confronti. La censura si risolve nella generica ed inammissibile critica di apprezzamenti di fatto compiuti dai giudici di merito, al di là di quanto consentito dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 1, e vizio di motivazione, per non avere illustrato le ragioni del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, tenuto conto della sua condizione di vulnerabilità e del rischio di perdere la stabilità socio-economica raggiunta in Italia.

Il motivo e inammissibile, risolvendosi nella impropria censura di apprezzamenti di fatto riservati ai giudici di meriti, i quali hanno verificato (secondo le indicazioni di Cass. n. 4455 del 2018) ed escluso in concreto che il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

Il ricorso è quindi inammissibile.

Non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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