Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27503 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

E.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMO n. 144, presso lo studio legale e commerciale SORRENTINO, rappresentato e difeso dall’avvocato DI MEO GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CASERTA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2088/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 12 maggio 2017, ha rigettato il gravame di E.A., cittadino *****, avverso l’ordinanza di rigetto della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale.

Egli aveva dedotto di avere aderito a un movimento animista e in tale veste di avere partecipato a riti iniziatici che prevedevano l’uso di sostanze stupefacenti e il sacrificio spirituale di trecento ragazze di religione cristiana, da qui il timore di persecuzione da parte delle loro famiglie.

La Corte ha ritenuto il racconto non credibile e non circostanziato; ha osservato che tali riti erano diffusi e accettati nel Paese; che i rischi paventati erano comunque inidonei ad integrare il parametro normativo per il riconoscimento della protezione internazionale; che nel Paese vi erano rischi per i cristiani ma egli era estraneo ai conflitti religiosi; che le condizioni socio-politiche della ***** erano migliorate dopo le elezioni presidenziali del 2015.

Avverso questa sentenza E.A. ha proposto ricorso per cassazione; il Ministero dell’interno non si e difeso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo egli ha denunciato violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,7,8,10 e 11 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, nonchè vizio di motivazione, per avere ritenuto non credibile il suo racconto, senza svolgere indagini sulle condizioni esistenti nel suo Paese di origine.

Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4, art. 14, lett. c), e art. 16 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per avere assimilato la valutazione delle due forme di protezione richiesta, relativa allo status di rifugiato e a quella sussidiaria, senza svolgere indagini sulle condizioni esistenti nel suo Paese.

Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32,D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, comma 1, e vizio di motivazione, per avere omesso di spiegare le ragioni del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, tenuto conto della sua condizione di vulnerabilità.

I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili.

Il ricorrente vanamente invoca l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente la protezione, desumibile dall’art. 3, in particolare comma 5, del D.Lgs. n. 251 del 2017, avendo l’interessato pur sempre l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda (art. 3, comma 5, lett. a), solo nel quale caso (e in presenza delle ulteriori condizioni poste dalla norma) è possibile considerare “veritieri” i fatti narrati. La valutazione di non credibilità del racconto, che integra la ratio decidendi della sentenza impugnata, costituisce un apprezzamento di fatto che è riservato al giudice di merito, al quale compete di valutare se le dichiarazioni del richiedente la protezione siano coerenti e plausibili (lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate.

La valutazione di non credibilità del racconto preclude il riconoscimento anche della protezione per ragioni umanitarie.

La sentenza impugnata ha accertato, inoltre, l’insussistenza di condizioni di insicurezza in *****, idonee ad integrare le fattispecie legali per il riconoscimento della protezione internazionale, con riguardo sia al pericolo di atti persecutori nei suoi confronti, sia alla violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, sia implicitamente al rischio di subire la violazione dei diritti fondamentali. Si tratta, anche in tal caso, di un apprezzamento di fatto, con il quale è stato esclusa la sussistenza delle condizioni sostanziali per il riconoscimento della protezione richiesta, che impropriamente il ricorrente vorrebbe sovvertire, al di là di quanto consentito dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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