Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27507 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LERA FEDERICO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di GENOVA, depositato il 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 11/09/2018 dal Consigliere Dott.ssa SAMBITO MARIA GIOVANNA C..

FATTI DI CAUSA

Con decreto in data 6.12.2017, il Tribunale di Genova ha confermato il rigetto delle istanze, volte, in via gradata, al riconoscimento del diritto al conseguimento dello status di rifugiato, alla protezione sussidiaria ed alla protezione umanitaria, avanzate dal cittadino nigeriano R.L., il quale aveva esposto di essere fuggito dal paese natale per paura delle minacce di morte ricevute dagli adepti della setta degli ***** alla quale si era rifiutato di aderire alla morte del padre, non essendo disposto a sacrificare la sorella o, in alternativa, la propria fertilità. Per la cassazione del decreto, ha proposto ricorso, con tre motivi, il richiedente, con cui denuncia violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5, 7, 8, art. 14, lett. a) b) e c); D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione alle c.d. protezioni minori. Il Ministero non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La sentenza fonda la sua tesi sfavorevole al ricorrente, ritenendo il suo racconto non attendibile, perchè poco circostanziato, privo di coerenza interna e non congruente con le informazioni nelle C.O.I., sia sulle modalità di adesione alla setta degli *****, (il cui rifiuto non è sanzionato con la morte) che sulla loro influenza nell’area di provenienza del richiedente (*****), zona posta al Sud della *****. Il Tribunale ha quindi evidenziato che non consta alcuna situazione di vulnerabilità del richiedente, persona giovane, in salute, poco integrata e priva di legami familiari.

2. I primi due motivi, riferiti al rigetto delle istanze di riconoscimento dello status di rifugiato ed alla protezione sussidiaria sono inammissibili. Pur formulati come violazione di legge, le censure contrappongono alla valutazione di fatto compiuta dal tribunale, apprezzamenti difformi riferiti alla zona di operatività della setta degli ***** ed alle sue regole interne, desunti, peraltro, da fonti imprecisate e risalenti, senza dire che la preventiva valutazione di non credibilità del racconto del richiedente è stata formulata anche in riferimento alla sua intrinseca genericità (fatti narrati in modo tanto stereotipato da indurre a ritenerli non vissuti) e su tale profilo il ricorrente tace, invocando invano, a sostegno della situazione di violenza indiscriminata della *****, giurisprudenza di merito avulsa da ogni contestualizzazione.

3. Anche in riferimento al rigetto della protezione umanitaria, il ricorso mira ad un diverso apprezzamento di fatto, essendo stata esclusa una condizione qualificata di vulnerabilità del richiedente, nè potendo venire in rilievo la sola valutazione dell’esistenza, nello Stato verso cui il soggetto si troverà ad essere allontanato, di “violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani”, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (Cass. n. 4455 del 2018).

6. Non si provvede sulle spese, non avendo la parte intimata svolto difese. Non deve provvedersi alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, essendo il ricorrente ammesso al gratuito patrocinio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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