Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27508 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2160-2018 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE dell’UNIVERSITA’ 11, presso lo studio dell’avvocato BENZI EMILIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato BATLERINI ALESSANDRA;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DI TARANTO, MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimati –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di TARANTO, depositata il 30/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 11/09/2018 dal Consigliere Dott.ssa SAMBITO MARIA GIOVANNA C..

FATTI DI CAUSA

Con ordinanza, depositata in data 30.05.2017, il Giudice di Pace di Taranto rigettava l’opposizione proposta dal cittadino ***** A.C. avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Taranto il 16.3.2017, evidenziando che non era stata presentata la domanda di protezione internazionale e che il ricorrente non aveva provato il rifiuto della P.A. di attivarla. Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso A.C., con quattro articolati motivi. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Taranto non hanno depositato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo, con cui si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 7. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 142 del 2015, artt. 1 e 2. Violazione e/o falsa applicazione delle direttive dell’Unione Europea n. 32 e 33 del 2013. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/115/CE, è infondato.

1.1. Il principio secondo cui, chi abbia proposto domanda di asilo è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini esclusivi della procedura, fino alla decisione della commissione territoriale sulla domanda (pur con la salvezza delle ipotesi di cui al comma 2, del citato art. 7) postula che lo straniero, nell’impugnare l’eventuale decreto di espulsione, fornisca la prova documentale della proposizione dell’istanza di riconoscimento di una misura di protezione internazionale, il che nella specie è stato escluso, non potendo, per converso, procedersi all’annullamento del provvedimento sulla base dell’intenzione manifestata in tal senso o della sola asserzione dell’opponente (cfr. Cass. n. 18530 del 2017; n. 18747 del 2011).

2. Col secondo motivo, si denuncia la omessa motivazione del provvedimento circa l’eccepita violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sulla nullità del decreto di espulsione per omessa sottoscrizione da parte del Prefetto. 2.1. Il motivo è infondato, avendo questa Corte già, condivisibilmente affermato che: a) la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia, ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato (Cass. n. 7698 del 2009; n. 25271 del 2010; n. 28330 del 2017); b) la circostanza che l’atto non menzioni tale delega, non costituisce, di per sè, ragione d’invalidità dell’atto, nè implica la presunzione dell’insussistenza del necessario previo conferimento della delega stessa.

3. Il terzo motivo, con cui si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 T.U. Imm. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, è, invece, fondato. Ed, infatti, in sede di opposizione all’espulsione sussiste l’obbligo per il giudice di pace di esaminare, attivare i propri poteri istruttori e pronunciarsi sul rischio prospettato dall’opponente di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e degradanti in caso di rimpatrio nei paese d’origine, in quanto la norma di protezione introduce una misura umanitaria a carattere negativo, che conferisce al beneficiario il diritto a non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale, qualora tale condizione venga positivamente accertata dal giudice (Cass. n. 3898 del 2011; n. 4230 del 2013). Ed in proposito il provvedimento tace del tutto.

4. Con il quarto motivo, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 CEDU e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. 4.1. Il motivo è inammissibile per genericità: il ricorrente che invoca il diritto al rispetto della vita privata e familiare non allega neppure se abbia congiunti nel territorio nazionale, sicchè i principi invocati non risultano conferenti ai dati fattuali oggetto di dibattito in giudizio.

5. L’ordinanza va, quindi, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al GdP di Taranto, in persona di diverso magistrato, che provvederà, anche, a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il primo, secondo e quarto motivo, accoglie il terzo, cassa e rinvia, anche per le spese, al GdP di Taranto in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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