LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
SSL HEALTHCARE ITALIA S.p.A.., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio dell’Avv.to COGLITORE EMANUELE, che la rappresenta e difende assieme all’Avv.to BERARDI LUIGI FERDINANDO giusta procura alle liti del 24.4.2013 autenticata in pari data a rogito Notaio Z.L. in Milano Rep. 26859;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 416/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 30.1.2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26.2.2018 dal Consigliere Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO che ha concluso per il rigetto del ricorso principale;
uditi l’Avvocato dello Stato CASELLI GIANCARLO per la ricorrente e l’Avvocato BERARDI LUIGI per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 30.1.2012 la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna respingeva l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società SSL HEALTHCARE ITALIA S.p.A., avverso la sentenza n. 51/02/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società avverso avviso di accertamento per il recupero a tassazione della quota di ammortamento di marchi e brevetti per Euro 335.696,98.
In particolare l’Ufficio finanziario aveva contestato, a seguito di verifica della Guardia di Finanza di Bologna, che la società indicata in epigrafe aveva imputato al conto “ammortamenti, marchi e brevetti” una quota di ammortamento di Euro 335.696,98 per marchi acquisiti a seguito di operazione di scissione del ramo di azienda commerciale della Seton Scholl Italia spa, operazione attuata sia al fine di migliorare il sistema di commercializzazione e di distribuzione del prodotti sul mercato, sia allo scopo di consentire alla Hatu Commerciale S.p.A. – poi divenuta Healthcare beneficiaria della scissione parziale,di porsi alla clientela quale unico fornitore dei prodotti commercializzati dalle due società, con significativi vantaggi in termini di riduzione dei costi; dal ramo di azienda scisso erano stati esclusi i marchi *****, trasferiti poi dalla Seton alla Hatu a valore di mercato.
A seguito della verifica eseguita dalla GdF l’Ufficio contestava che fosse anche emerso che la Hatu aveva stipulato un contratto di distribuzione esclusiva dei prodotti relativi ai due marchi suddetti con durata a tempo indeterminato e che la Healthcare Italia aveva stipulato con la Seton una proposta di concessione in licenza d’uso del marchi a fronte della quale veniva riconosciuta alla Seton una royalty pari al 4% del fatturato netto derivante dalla vendita dei prodotti con i suddetti marchi; in seguito, la Healthcare Italia aveva acquistato i marchi citati per un prezzo di Lire 6.500.000.00 più IVA.
L’Ufficio ne aveva dunque dedotto che l’operazione, priva di valide ragioni economiche, fosse stata posta in essere con fini elusivi, considerato che i marchi ***** avevano valore contabile pari a zero e, se inclusi nell’operazione di scissione, il patrimonio netto trasferito non avrebbe subito alcuna modifica e la beneficiaria ne avrebbe acquisito la proprietà al momento della scissione, senza la necessità di stipulare un contratto di concessione in licenza d’uso ed un successivo contratto di cessione; inoltre, sosteneva che, con l’operazione condotta dalla società, era stato realizzato un risparmio di imposta in quanto con la scissione la società aveva potuto dedurre i costi delle royalties e le quote di ammortamento del costo di acquisto dei beni immateriali.
La suddetta operazione, secondo l’Ufficio, aveva anche consentito che la plusvalenza da assoggettare ad IRPEG, realizzata dalla Seton a seguito della cessione separata dei due marchi, non avesse conseguenze fiscali avendo, la società, realizzato una forte perdita fiscale nell’esercizio in cui la cessione era avvenuta.
Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi.
Con un primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis per aver la CTR ritenuto non configurabile l’ipotesi delineata dalla suddetta norma in quanto l’Ufficio avrebbe contestato non l’atto di scissione societaria ma la circostanza che da tale operazione fossero stati esclusi i suddetti marchi, poi trasferiti un anno dopo, considerando quindi i singoli atti in modo complessivo.
Con un secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, per avere la CTR insufficientemente argomentato circa le considerazioni fattuali dell’Ufficio, attestanti l’ingiustificatezza economica dell’operazione realizzata dalla società contribuente.
La società SSL HEALTHCARE ITALIA S.p.A. si è costituita con controricorso, deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale ed ha depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso l’Agenzia censura la sentenza d’appello, per violazione del ridetto D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, commi 4 e 5, e per motivazione insufficiente, avuto riguardo all’intero apparato argomentativo del Giudice d’appello, secondo cui, posta la legittimità dell’atto di scissione societaria, doveva andare esente da censure anche la separata cessione dei due marchi in questione con le modalità indicate in premessa.
1.2. I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
2.1. Ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 1, “sono inopponibili all’amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti”.
2.3. Si ricava a contrario dall’inciso “privi di valide ragioni economiche” che, ove l’operazione si dimostri – con onere a carico del contribuente – giustificata da “valide ragioni economiche”, sia pure in via concorrente al perseguito risparmio fiscale, non se ne può predicare il carattere elusivo con la conseguente piena opponibilità al fisco.
2.4. Occorre però che tali ragioni economiche siano “valide”, ossia di carattere “non meramente marginale o teorico” perchè in tal caso risulterebbero “inidonee a fornire una spiegazione alternativa dell’operazione rispetto al mero risparmio fiscale, e tali quindi da potersi considerare manifestamente inattendibili o assolutamente irrilevanti rispetto alla predetta finalità” (cfr. Cass. n. 10257/2008, 21221/2006).
2.5. In tal senso possono dunque definirsi elusive le operazioni compiute “essenzialmente” (anche se non esclusivamente) per il conseguimento di un vantaggio fiscale, con ciò intendendosi rimarcare che, al fine di negare il carattere elusivo dell’operazione, non può attribuirsi rilievo alla compresenza purchessia di ragioni extrafiscali indipendentemente dalla loro effettiva rilevanza.
2.6. Per converso non è però richiesto che tali ragioni extrafiscali oltre ad essere “valide” abbiano anche in concreto una rilevanza predominante ed assorbente ai fini del compimento dell’operazione e neppure che tale loro rilevanza sia almeno pari a quella del risparmio d’imposta, essendo solo necessario che non si tratti di scopi di rilevanza talmente ridotta da non potersi considerare quale attendibile (ossia, “valida”) giustificazione concorrente.
2.7. Nel caso di specie vi sono elementi per ritenere che i Giudici di appello si siano mossi in una prospettiva diversa da quella tracciata dalle esposte direttrici.
2.8. Risulta che, in data 1.3.2000, la società contribuente abbia stipulato con la società Seton Scholl Italia S.p.A., titolare dei marchi *****, un contratto di distribuzione esclusiva dei prodotti relativi ai predetti marchi con durata a tempo indeterminato, con diritto di recesso con preavviso di almeno 180 giorni; in data 2.3.2000, sia stato approvato il progetto di scissione del ramo di azienda commerciale, con effetto dal 30.6.2000 dalla società scissa Seton Scholl Italia S.p.A. alla società beneficiaria SSL Healthcare Italia S.p.A.; in data 15.6.2000, la società Seton Scholl Italia S.p.A., titolare dei marchi *****, abbia ceduto in licenza d’uso alla società contribuente, odierna ricorrente, i predetti marchi, con relativa pattuizione di una royalty pari al 4% del fatturato netto derivante dalla vendita dei prodotti contraddistinti dai predetti marchi; in data 30.3.2001, la società Seton Scholl Italia S.p.A. abbia infine venduto alla società SSL Healthcare Italia S.p.A. i predetti marchi.
2.9. Orbene, la sentenza impugnata, laddove rimarca che “l’atto in sè è da valutare perfettamente legittimo”, mostra di conferire rilievo a profili del tutto inconferenti, giacchè il profilo rilevante non attiene affatto alla liceità dell’operazione contrattuale, ma all’elusione dell’imposta che da essa deriva.
2.10. Non sono state, invece, esplicitate le ragioni economiche non marginali diverse dal risparmio di imposta poste alla base delle suddette operazioni, cosicchè risulta evidente che il mancato trasferimento dei due marchi assieme al ramo di azienda oggetto della scissione societaria sia stato palesemente preordinato ad ottenere un risparmio fiscale.
2.10. Deve ritenersi, infatti, provato non solo il carattere anomalo dell’operazione, atteso che i marchi in questione (di valore contabile pari a zero alla data di efficacia della scissione, secondo quanto indicato nella nota integrativa del bilancio della società scissa e riportato nel p.v.c. ritualmente trascritto in ricorso) furono esclusi dal complesso dei beni trasferiti con il ramo d’azienda, a seguito della scissione, per essere successivamente oggetto di cessione, a valore di mercato pari a Lire 6.500.000.000, dalla stessa società scissa in favore della beneficiaria, ma anche l’indebito vantaggio fiscale conseguito dalla contribuente in conseguenza della suddetta operazione.
2.11. Risulta, anche dalle contestazioni mosse nel processo verbale di constatazione (ritualmente trascritto dall’Agenzia nel ricorso, in ossequio al principio di autosufficienza), che in caso di scissione societaria, comprensiva dei marchi in questione, la società beneficiaria, in virtù del principio di neutralità a cui è sottoposto il rapporto di cambio delle partecipazioni societarie (che non costituisce realizzo, distribuzione di plusvalenze o minusvalenze, nè conseguimento di ricavi per i soci della società risultante dalla scissione), non avrebbe conseguito alcun risparmio di imposta, mentre con la cessione separata dei marchi, preceduta dalla stipula di un contratto di distribuzione in via esclusiva dei marchi e successiva concessione in licenza d’uso, la società contribuente, con consistente vantaggio fiscale, ha dapprima dedotto i costi relativi alle royalties e successivamente le quote di ammortamento del costo d’acquisto dei suddetti beni immateriali.
2.12. Non va inoltre sottaciuto che la plusvalenza, pari a Lire 6.500.000.000, realizzata dalla società scissa mediante la cessione separata dei marchi, pur soggetta ad IRPEG, non fu sottoposta a tassazione per effetto della perdita fiscale realizzata nell’esercizio in cui era avvenuta la cessione dei marchi; nè peraltro poteva ritenersi che tale circostanza fosse ignorata dalla società contribuente, odierna ricorrente, stante la titolarità delle quote di entrambe le società in capo ad unico socio, la società SETON SCHOLL INTERNATIONAL IRELAND.
2.13. L’effettivo intento della società beneficiaria e della società scissa risulta con evidenza dagli effetti giuridici dell’operazione nel suo complesso; anche se leciti, gli arrangiamenti formali che le parti hanno posto in essere al fine di conseguire un risparmio d’imposta non possono quindi avere valore, potendo il carattere elusivo dell’operazione agevolmente desumersi, senza necessità di alcuna ulteriore indagine di fatto, sulla base della compiuta descrizione che se ne rinviene in atti (in specie, nella stessa sentenza impugnata).
2.14. La sentenza impugnata fondata sul presupposto dell’insussistenza della denunciata elusione fiscale sulla base della sola legittimità dell’atto di scissione e della conseguente liceità della separata cessione dei marchi, già appartenenti al ramo di azienda oggetto di scissione – risulta dunque erronea e priva di adeguata considerazione, da parte della CTR, degli elementi posti dall’Ufficio a fondamento dell’atto impositivo.
3. Conclusivamente, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate va integralmente accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per il riesame e la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, il 27 marzo 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018