LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15336 del ruolo generale dell’anno 2011 proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;
– ricorrente –
contro
P.C., nella qualità di erede di D.G.P., rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv.to Carlo Bassoli, elettivamente domiciliata in Roma, viale Regina Margherita, n. 290, presso lo studio dell’Avv. Adriano Casellato;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Centrale, sezione di Roma, n. 2280/16/2010, depositata in data 16 aprile 2010;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 aprile 2018 dal Consigliere Dr. Giancarlo Triscari;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. Del Core Sergio, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
uditi per l’Agenzia delle entrate l’Avvocato dello Stato Alessandro Maddalo e per la contribuente l’Avv. Carlo Bassoli.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Centrale, sezione di Roma, con la quale è stato rigettato l’appello da essa proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Latina.
La Commissione tributaria centrale ha premesso, in punto di fatto, che: D.G.P., titolare dell’omonima ditta concessionaria Renault in ***** aveva impugnato due avvisi di irrogazione di sanzioni con i quali era stata contestata la mancata emissione di 330 ricevute fiscali negli anni 1982 e 1983, sostenendo di esercitare la commercializzazione di veicoli Renault in forza di un contratto di concessione di vendita esclusiva con la Renault Italia s.p.a. e che, pertanto, le prestazioni per le quali era stata contestata l’omessa emissione delle ricevute fiscali erano da riferirsi ai lavori in garanzia da questi eseguiti in favore degli acquirenti dei veicoli nuovi per difetto di fabbricazione, sicchè non rientravano nel campo di applicazione dell’Iva, e, in tal senso, deponevano sia le disposizioni normative in materia che le circolari e le risoluzione ministeriali; la Commissione tributaria di primo grado aveva accolto il ricorso; avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello l’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione tributaria di secondo grado, sostenendo che le risoluzioni ministeriali avevano precisato che anche per il caso di specie era necessaria l’emissione delle ricevute fiscali con l’espressa indicazione della dicitura “corrispettivo non pagato”; la Commissione tributaria di secondo grado aveva rigettato l’appello; avverso la suddetta decisione aveva proposto ricorso l’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione tributaria centrale e il contribuente, costituendosi, aveva proposto ricorso incidentale.
La Commissione tributaria centrale ha rigettato il ricorso.
In particolare, in diritto, ha ritenuto che, avendo l’amministrazione, con le circolari e le risoluzioni ministeriali emanate nel tempo, fornito interpretazioni difformi in ordine alla esatta individuazione dell’obbligo di emissione delle fatture, in casi quali quelli di specie, non potevano trovare applicazione le sanzioni non penali previste, in quanto la violazione era caratterizzata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni.
Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi di censura.
Si è costituita P.C., quale erede di D.G.P., depositando controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. 10 maggio 1976, n. 249, art. 8, comma 1, nonchè del D.M. 2 luglio 1980, art. 1 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8.
In particolare, la ricorrente censura la sentenza per avere ritenuto che nella fattispecie sussistesse una situazione di obiettiva incertezza sulla portata applicativa della previsione di cui alla L. 10 maggio 1976, n. 249, art. 8, mentre le disposizioni amministrative di attuazione erano chiare nell’avere comunque richiesto l’emissione delle ricevute fiscali anche all’ipotesi di specie, ponendosi solo il problema di stabilire quale dovesse essere il contenuto delle medesime.
Va premesso che, secondo il costante orientamento di questa Suprema Corte, la condizione di inevitabile incertezza normativa tributaria sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, che costituisce causa di esenzione da responsabilità amministrativa tributaria, consiste in una oggettiva impossibilità, accertabile esclusivamente dal giudice, di individuare la norma giuridica in cui sussumere un caso di specie, mentre resta irrilevante l’incertezza soggettiva, derivante dalla ignoranza incolpevole del diritto, ovvero dalla erronea interpretazione della normativa o dei fatti di causa (Cass. civ., sez. 6, 28 marzo 2018, n. 7719).
Nella fattispecie, la pronuncia censurata ha ritenuto che sussiste una situazione di obiettiva incertezza nell’applicazione della norma di riferimento, in particolare in ordine alla sussistenza dell’obbligo di emissione della ricevuta per le operazioni effettuate dal controricorrente di riparazione e manutenzione di autoveicoli da esso venduti quale concessionario, atteso che tali prestazioni erano state rese in forza del rapporto di garanzia conseguente alla vendita degli autoveicoli in favore degli acquirenti.
La pronuncia impugnata, in particolare, ritiene di desumere la situazione di incertezza obiettiva dalle circolari e risoluzioni ministeriali che avrebbero, nel tempo, fornito interpretazioni difformi in merito, spesso privilegiando la linea interpretativa della non obbligatorietà dell’emissione della ricevuta, tenuto conto che nessun compenso viene pagato dal cliente e che le somme accreditate dalla casa produttrice al concessionario sono al di fuori del campo di applicazione dell’Iva.
Tuttavia, la situazione di obiettiva incertezza ravvisata dalla pronuncia impugnata non è riscontrabile nella fattispecie.
La questione in esame, invero, attiene alla sussistenza o meno dell’obbligo del controricorrente di emettere ricevuta fiscale per le prestazioni di riparazione sui veicoli che questi, quale concessionario di autoveicoli, eseguiva in favore dei propri clienti i quali, in relazione al rapporto di garanzia conseguente alla cessione in proprio favore, non erano tenuti a versare alcun corrispettivo.
La L. 10 maggio 1976, n. 249, art. 8 ha previsto che “Con decreti del Ministro delle finanze può essere stabilito nei confronti di determinate categorie di contribuenti dell’imposta sul valore aggiunto l’obbligo di rilasciare apposita ricevuta fiscale per ogni operazione per la quale non è obbligatoria la emissione della fattura (…). Con i medesimi decreti sono determinate le caratteristiche della ricevuta fiscale e le modalità per il rilascio nonchè tutti gli altri adempimenti atti ad assicurare l’osservanza dell’obbligo di cui al precedente comma”.
Con il successivo D.M. 2 luglio 1980, emesso in attuazione della previsione normativa sopra indicata, è stato reso obbligatorio il rilascio della ricevuta fiscale anche per le operazioni effettuate da esercenti di attività di riparazione e manutenzione di autoveicoli e motoveicoli, includendo l’indicazione dell’ammontare del corrispettivo dovuto, comprensivo dell’iva, tra le indicazioni obbligatorie della ricevuta.
Con specifico riferimento alle prestazioni di officina compiute in garanzia a favore del cliente acquirente, sono intervenute la circolare del Ministero delle finanze n. 48/3843312 del 23 dicembre 1980, richiamata dalla successiva risoluzione ministeriale n. 334423 dell’11 gennaio 1982.
Le stesse hanno distinto tra le prestazioni in garanzia rese senza pagamento di alcun corrispettivo, nè da parte del cliente nè da parte del concessionario venditore del veicolo o della casa costruttrice, da quelle in cui venga pagato un corrispettivo della prestazione stessa e/o delle parti e pezzi di ricambio, ma hanno, tuttavia, mantenuto l’obbligo di emissione della fattura, indirizzando la problematica unicamente sul contenuto delle stesse.
Tale circostanza è stata confermata da questa Corte (con la pronuncia n. 14603/2003) che ha ritenuto che In tema di IVA, il D.M. 2 luglio 1980, nel rendere obbligatorio il rilascio della ricevuta fiscale (prevista dalla L. 10 maggio 1976, n. 249, art. 8) anche per le operazioni effettuate dagli esercenti attività di lavorazione, riparazione e manutenzione di autoveicoli e motoveicoli, ha incluso, tra le indicazioni obbligatorie della ricevuta, quella dell’ammontare del corrispettivo dovuto. Tuttavia, in ordine alle prestazioni di officina in garanzia a favore del cliente – nelle quali nessun addebito venga fatto al cliente ed il rimborso sia effettuato dal concessionario venditore o dalla casa costruttrice l’amministrazione finanziaria (circ. min. n. 48/3843312 del 23 dicembre 1980, cui si richiama la risoluzione ministeriale n. 334423 dell’11 gennaio 1982) ha autorizzato una prassi derogatoria del detto obbligo di indicazione del corrispettivo, ai fini della cui legittimità costituisce, comunque, requisito indispensabile l’indicazione, nelle ricevute fiscali, degli estremi della convenzione di garanzia.
In particolare, ha precisato che il D.M. 2 luglio 1980, che in relazione all’esigenza di controllo dell’applicazione del tributo, ha reso obbligatorio, il rilascio della ricevuta fiscale, prevista dalla L. 10 maggio 1976, n. 249, art. 8, anche per le operazioni effettuate da esercenti di attività di riparazione e manutenzione di autoveicoli e motoveicoli, ha incluso l’indicazione dell’ammontare del corrispettivo dovuto, comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto, tra le indicazioni obbligatorie della ricevuta ai sensi dell’art. 2.
Quanto alle prestazioni di officina in garanzia a favore del cliente, la circolare min. fin. n. 48/3843312 del 23 dicembre 1980, alla quale si richiama la risoluzione min. n. 334423 dell’11 gennaio 1982, ha distinto quelle in garanzia rese senza pagamento di alcun corrispettivo nè da parte del cliente nè da parte del concessionario venditore del veicolo o della casa costruttrice, in quanto escluse, a norma del D.P.R. 26 dicembre 1972, n. 633, art. 3, dal campo di applicazione del tributo, da quelle in cui venga pagato un corrispettivo della prestazione stessa e/o delle parti e pezzi di ricambio.
Nell’ipotesi in cui nessun addebito venga fatto al cliente beneficiario della prestazione e/o delle parti e pezzi di ricambio ed il rimborso sia effettuato dal concessionario venditore o dalla casa costruttrice, la circolare, oltre a prevedere il rilascio al cliente della ricevuta fiscale con l’indicazione di: “corrispettivo non pagato: convenzione…”, consente, al fine “di soddisfare particolari esigenze di riservatezza connesse con le prestazioni stesse, che nella copia rilasciata al cliente, potrà non essere indicato il corrispettivo…”. Il rispetto di una tale prassi, autorizzata dall’amministrazione finanziaria in deroga al D.M. 2 luglio 1980, art. 2, ha imposto, quindi, che nella copia conservata dall’officina sia sempre indicato il corrispettivo dovuto per la prestazione in garanzia ovvero che come ulteriormente precisato nella ris. min. n. 334423/82, sulla premessa che in generale non è possibile predeterminare l’importo che sarà poi effettivamente pagato al concessionario dalla casa fabbricante – sia, quanto meno, indicata la qualità della prestazione mediante “barraggio” delle caselle relative alle singole voci già predisposte sul modello della ricevuta fiscale, sia barrata la casella relativa alle “operazioni in garanzia” e sia apposta la dicitura “corrispettivo non pagato, convenzione…”.
L’esistenza e, in ogni caso, l’indicazione nelle ricevute fiscali degli estremi della convenzione di garanzia, anche senza considerare, nel caso particolare, che la ris. min, cit., diversamente dall’anteriore circolare, fa esclusivo riferimento ai rapporti tra concessionari di vendita e case fabbricanti, costituisce, dunque, requisito indispensabile per l’operatività della prassi derogatoria dell’ordinaria disciplina dettata dal D.M. 2 luglio 1980, art. 2, in quanto la stessa, esclusa la necessità della specificazione del corrispettivo nelle ricevute, rappresenta l’unico residuale strumento di controllo sulla regolare applicazione del tributo nelle fatture successivamente emesse.
Questa pronuncia, invero, ha differenziato le due differenti ipotesi, precisando che sussiste l’obbligo di emissione della fattura nel caso, come quello di specie, in cui, pur non facendosi nessun addebito al cliente beneficiario della prestazione e/o delle parti e pezzi di ricambio, il rimborso sia effettuato dal concessionario venditore o dalla casa costruttrice.
Dunque, negli anni di riferimento, non poteva dirsi esistente alcuna incertezza in ordine alla sussistenza dell’obbligo di emissione delle fatture.
La prassi derogatoria, quindi, sembra riferita piuttosto al contenuto della ricevuta, non all’obbligo di emissione.
Pertanto, la sentenza impugnata viola il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, in quanto afferma l’esistenza di una situazione di incertezza interpretativa non ravvisabile nella fattispecie.
Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non avere sufficientemente motivato sulle ragioni della esistenza di una situazione di obiettiva incertezza nell’applicazione della previsione sanzionatoria in esame.
Le considerazioni espresse con riferimento al primo motivo di ricorso hanno valore assorbente sul presente motivo.
In ogni caso è fondato, in quanto il ragionamento del giudice di appello non è adeguatamente motivato, in particolare non esplicita il contenuto delle circolari da cui sarebbe derivata la situazione di obiettiva incertezza.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con cassazione della sentenza impugnata e, non essendovi necessità di accertamenti di fatto, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente, con condanna del medesimo al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio.
Le spese di lite dei precedenti gradi di giudizio sono interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte:
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il restante motivo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado del contribuente. Compensa interamente le spese di lite dei precedenti gradi di giudizio e condanna parte controricorrente al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore della ricorrente, che si liquidano in complessive Euro 2.900,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018