Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27554 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura;

– ricorrente –

contro

L.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Castaldi Filippo e dall’Avv. De Prisco Nicola, domiciliata presso la Cancelleria della Corte;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. staccata Salerno, n. 211/5/10 depositata il 24/5/2010.

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 7/3/2018 dal Consigliere Dott. Gori Pierpaolo.

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. staccata Salerno (in seguito, CTR), veniva accolto l’appello proposto da L.A. (in seguito, la contribuente) e, per l’effetto, riformata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno (in seguito, CTP) n. 291/15/2007, avente ad oggetto un avviso di accertamento per l’anno di imposta 2004, emesso D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 55, con cui veniva recuperata ad imposta IVA in relazione ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, avendo l’Amministrazione rilevato l’assenza dei presupposti perchè la ditta della contribuente potesse considerarsi esistente;

In particolare, la contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso deducendo, tra l’altro, l’inesistenza della notificazione, la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, l’eccesso di potere, la carenza dei presupposti, vizi del procedimento e carenza di motivazione, l’infondatezza nel merito delle contestazioni anche per mancato riconoscimento di detrazione sugli acquisti, l’inesistenza di soggettività della contribuente ai fini IVA, la non debenza delle sanzioni; il ricorso veniva rigettato e, contro la sentenza, la contribuente proponeva appello alla CTR, accolto nel merito per ritenuta mancata prova dell’inesistenza delle operazioni contestate;

– Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione l’Agenzia affidato a tre motivi, cui replica la contribuente con controricorso.

RITENUTO

che:

– Preliminarmente, la controricorrente eccepisce ad un tempo sia l’improcedibilità di tutti i motivi di ricorso per mancata produzione nel processo di Cassazione di alcuni rilevanti atti e documenti posti a fondamento della decisione impugnata, ai fini dell’art. 369 c.p.c., sia l’inammissibilità di ciascuno di essi, per mancata indicazione della sede processuale in cui risultano essere stati prodotti ex art. 366 c.p.c.; la Corte osserva che la proposizione della seconda eccezione rivela l’infondatezza della prima, in quanto in controricorso a pag. 10 si legge che la contribuente ammette che “gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, benvero, risultano elencati” ed è formalistica l’ulteriore deduzione di mancata indicazione di quale parte dei fascicoli di merito consenta il reperimento dell’originale, non essendo contestata la rituale acquisizione di tali documenti al giudizio; inoltre, la seconda eccezione è infondata in quanto la ricorrente precisa sin dalla prima pagina di ricorso che i documenti da 1 a 9 ivi elencati sono prodotti in copia unitamente al ricorso per Cassazione, a disposizione dell’Ufficio e della controparte;

– Con il primo motivo, l’Agenzia censura l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver la CTR ritenuta dimostrato in concreto l’esercizio dell’attività di impresa commerciale da parte della contribuente, nonostante le diverse risultanze del processo verbale di constatazione;

– con il secondo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., commi 1 e 2 e dell’art. 115 c.p.c., comma 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per errata applicazione del riparto dell’onere della prova in materia di operazioni soggettivamente inesistenti;

– I motivi, strettamente connessi e che – a ben vedere – si risolvono in un unico vizio relativo all’applicazione dell’onere della prova e, per tale ragione, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati; la Corte rammenta che, in caso di ripresa per operazioni oggettivamente inesistenti, quali quelle in contestazione nel caso di specie, ove la fattura costituisce in tutto o in parte mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, l’Amministrazione ha l’onere di fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva (Cass. nn. 21953/07, 9363/15; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C-439/04, 31 novembre 2013, C-642/11), del fatto che l’operazione fatturata non è stata effettuata, e poi spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate. Tale prova, tuttavia, non può consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poichè questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. nn. 28683/15, 5406/16). Inoltre, una volta accertata l’assenza dell’operazione, è escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente, il quale ovviamente sa bene se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il prezzo o corrispettivo (Cass. 14 settembre 2016 n.18118);

– Nel caso di specie, la decisione impugnata non si è attenuta ai principi sopra enunciati, in quanto, si legge in sentenza, che è pacifica la mancanza di beni strumentali in capo alla contribuente, che l’attività espletata dalla ditta individuale verificata era quella di mera commercializzazione di beni prodotti da altra ditta, che il fornitore della contribuente era unico ed era il coniuge e che unico era anche il cliente, e che vi era coincidenza della sua sede operativa con quella del coniuge che produceva i beni da ella commercializzati; nondimeno, i giudici d’appello non si sono confrontati realmente con tali chiari elementi di prova, dandone conto ma svalutandoli attraverso la considerazione, francamente contraddittoria, della scarsa rilevanza di beni strumentali per una ditta di imballaggi, e la considerazione, non decisiva in senso contrario, della dichiarazione da parte della contribuente di svolgere la propria attività in altra sede in forza di comodato, contratto che, come noto, non richiede la forma scritta ad substantiam; la Corte osserva inoltre che è giuridicamente irrilevante pure la deduzione secondo la quale la contribuente “solo per mera negligenza non aveva provveduto a comunicare questi dati”;

Orbene, in presenza di tali elementi indiziari, chiari, precisi e concordanti nel rilevare in capo alla ditta della contribuente la presenza di una cartiera, ossia di un soggetto non svolgente reale attività di impresa, la CTR non ha fatto corretto governo dell’onere della prova, in cui era a questo punto la contribuente a dover dimostrare, secondo il consolidato canone giurisprudenziale, l’esistenza delle operazioni contestate, senza che tale prova possa essere data attraverso elementi meramente formali, quali ad esempio l’esibizione delle fatture;

L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso determina l’assorbimento del terzo in cui viene invocata la nullità della sentenza per l’intervenuto esame da parte della CTR della validità della dichiarazione presentata dalla contribuente per il 2004 anche ai fini delle imposte dirette, mentre l’appello contestava la sola esclusione del presupposto di imposta ai fini IVA, in quanto statuizione effettuata sul presupposto che l’attività di impresa commerciale fosse effettivamente stata dimostrata;

– Per l’effetto, la sentenza dev’essere cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per ulteriore esame il relazione ai profili accolti, oltre che per il regolamento delle spese di lite.

P.Q.M.

la Corte:

accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, in diversa composizione, in ordine ai profili accolti, ed anche per il regolamento delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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