Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.27565 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al numero 2374 del ruolo generale dell’anno 2011, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’avv.to Elena Sorgente e dall’avv.to Gianluca Contaldi, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo difensore in Roma, Via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 63;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 82/26/2009, depositata in data 15 dicembre 2009, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 luglio 2018 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Sanlorenzo Rita che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.

uditi per l’Agenzia delle entrate l’avv.to dello Stato Eugenio De Bonis e per il contribuente l’avv.to Elena Sorgente e l’avv.to Gianluca Contaldi.

FATTI DI CAUSA

1.C:on sentenza n. 82/26/2009, depositata in data 15 dicembre 2009, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Piemonte, rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di R.G., e l’appello incidentale proposto da quest’ultimo nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 59/02/2007 della Commissione tributaria provinciale di Asti che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento n. ***** con il quale l’Ufficio aveva contestato a quest’ultimo, per l’anno 2003, maggiore materia imponibile ai fini Irpeg, Irap e contributi previdenziali.

1.1. Il giudice di appello, in punto di fatto, premetteva che: 1) l’Ufficio delle entrate di Asti aveva emesso il 5 settembre del 2005 e notificato nel corso dello stesso mese, a R.G., esercente attività di commercio al dettaglio di auto e di elettrauto, un primo avviso di accertamento n. ***** con il quale aveva contestato a quest’ultimo, per l’anno 2003, l’indebita detrazione di Iva in relazione ad assunte operazioni soggettivamente inesistenti, rettificando a tali fini quanto dichiarato dal contribuente, e aveva confermato il reddito di impresa dallo stesso dichiarato in Euro 41.192,00, accertando una maggiore imposta Irpef di Euro 8; 2) il detto avviso di accertamento era stato impugnato dal contribuente solo per quanto concerneva l’Iva, avendo il ricorrente accettato la maggiore imposta Irpef; 3) con successivo avviso di accertamento n. *****, notificato nel giugno del 2006, l’Ufficio, per il 2003, aveva rideterminato, un maggior reddito imponibile, ai fini Irpef, Irap e contributi previdenziali; 3) avverso l’avviso di accertamento *****, il contribuente aveva proposto ricorso alla CTP di Asti, deducendone, preliminarmente, la nullità D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, u.c., stante la mancata indicazione nell’atto impositivo di nuovi elementi, atti o fatti che giustificassero un accertamento integrativo o modificativo in aumento; nel merito, eccependo il difetto di prova circa l’inesistenza soggettiva delle operazioni contestate nonchè di motivazione dell’atto impositivo, avendo in esso l’Ufficio richiamato e allegato l’accertamento dei 2005, e avendo fatto riferimento ad atti verbalizzati nei confronti di terzi non conosciuti nè tantomeno allegati; 4) l’Agenzia delle entrate aveva controdedotto, rilevando di avere, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 2 e della Direttiva del 6 marzo 2006 della Direzione Centrale accertamento, recuperato a tassazione i costi di Euro 156.333,32, in quanto riferiti ad operazioni illecite per le quali aveva fatto segnalazione di reato ex art. 331 c.p.p.; aveva, altresì, dedotto l’infondatezza della eccezione di violazione dell’art. 43, u.c., cit., avendo, in applicazione dello stesso, portato a conoscenza della parte i fatti in base ai quali i costi erano stati recuperati a tassazione nonchè la prassi operativa; 5) la CTP aveva accolto il ricorso del contribuente, ritenendo fondata l’eccezione di nullità del medesimo ex art. 43 u.c. cit. e dichiarando compensate tra le parti le spese processuali; 6) avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello l’Ufficio deducendo l’erronea applicazione dell’art. 43 u.c. cit., essendo l’avviso di accertamento impugnato il primo emesso in materia di imposte dirette, per avere voluto l’Amministrazione, con l’accertamento *****, unicamente rettificare le risultanze, ai fini Iva, della dichiarazione modello unico presentata per l’anno 2003; 7) aveva controdedotto il contribuente, spiegando appello incidentale quanto alla compensazione delle spese effettuata dalla CTP, per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè appello incidentale subordinato riproponendo le argomentazioni non esaminate in primo grado;

1.2.La CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che:1) dal primo avviso di accertamento n. ***** risultava un fatto incontestabile e cioè che l’Ufficio, oltre ad esaminare le risultanze Iva, aveva anche verificato i dati dichiarati dal contribuente ai fini imposte dirette, poichè tali dati non solo erano stati riportati nel detto atto ma erano stati anche ritenuti “congrui” come attestava il quadro RF concernente la determinazione del reddito d’impresa dichiarato in Euro 41.192,00 ed accertato nello stesso importo; 2) l’atto impositivo n. ***** impugnato costituiva un secondo accertamento circa le imposte dirette e l’Ufficio non risultava avere indicato, a pena di nullità, nel detto avviso nuovi elementi, atti o fatti idonei a giustificarlo ai sensi dell’art. 43, u.c. cit.; 3)era infondato l’appello incidentale del contribuente concernente la statuizione della CTP di compensazione delle spese processuali per essere l’accoglimento del ricorso avvenuto per un motivo pregiudiziale, senza reiezione degli altri, in quanto, premesso che il giudice quando chiude il giudizio dinanzi a sè, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., decide sulle spese prescindendo dal contenuto della sentenza, le ragioni poste dal primo giudice a fondamento del decisum sulle spese non risultavano nè illogiche nè erronee;

2.Avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, R.G., spiegando ricorso incidentale, articolato in due motivi, di cui uno in via condizionata.

3. R.G. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., insistendo per il rigetto del ricorso principale e per l’accoglimento di quello incidentale, nonchè documentazione ex art. 372 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo del ricorso principale, la Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 43 e 36 bis per avere la CTR erroneamente rigettato l’appello dell’Ufficio, ritenendo fondata l’eccezione del contribuente di nullità ex art. 43, u.c. cit. dell’avviso di accertamento impugnato, ancorchè il primo avviso notificato nel 2005 non potesse essere considerato un “atto di accertamento” ai fini Irpef, ma bensì meramente liquidatorio, non contenendo, a tal fine, l’accertamento di un maggiore imponibile (ritenuto congruo quello dichiarato), ma solo di una maggiore imposta dovuta, per effetto della correzione di un errore di calcolo del contribuente.

Al riguardo, la ricorrente deduce la erroneità del decisum della CTR, non sussistendo i presupposti per l’applicazione dell’art. 43, u.c. cit., in quanto, non costituendo il primo atto di avviso del 2005 un “atto di accertamento” ai fini Irpef ma solo liquidatorio di una maggiore imposta per effetto della correzione di un errore di calcolo del contribuente, ben poteva l’Ufficio emettere, per il medesimo anno di imposta, ai fini Irpef e Irap, un successivo avviso di accertamento, che dunque, non avendo carattere integrativo, non doveva contenere l’indicazione di nuovi elementi, atti o fatti idonei a giustificarlo ai sensi dell’art. 43, u.c., cit..

1.2. In primo luogo, va disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dal contribuente nel controricorso di novità del primo motivo per essere stata dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione la censura in termini di asserita natura liquidatoria D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis ai fini Irpef, dell’avviso di accertamento notificato nel 2005. Invero, dalla lettura del ricorso e della sentenza impugnata, si evince come l’Ufficio avesse già dedotto in grado di appello che l’avviso del 2005 conteneva, sostanzialmente, la rettifica delle risultanze della dichiarazione Modello unico 2004, solo ai fini Iva, e che, esclusivamente ai fini di tale imposta, poteva concretare un atto di accertamento, con la conseguente configurabilità dell’atto impugnato, notificato nel 2006, come primo atto di accertamento ai fini Irpef e inapplicabilità dell’art. 43, u.c., cit..

1.3. Il primo motivo del ricorso principale è fondato.

1.4. La Commissione tributaria regionale, partendo dal presupposto di fatto che con il primo avviso di accertamento l’Ufficio, “oltre ad esaminare le risultanze Iva, aveva anche esaminato i dati dichiarati dal contribuente ai fini II.DD. poichè i relativi dati non solo sono stati riportati nell’atto suddetto, ma sono anche stati ritenuti congrui dall’Ufficio come attesta il quadro RF concernente la determinazione del reddito di impresa dichiarato in Euro 41.192,00 ed accertato nello stesso importo”, ha accolto la eccezione di nullità del secondo avviso di accertamento, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, u.c., ritenendo che l’avviso impugnato costituisse un secondo accertamento sulle imposte dirette emesso in assenza di indicazione di nuovi elementi, atti o fatti, richiesti ai fini della validità di un accertamento integrativo.

1.5. Come è noto, il D.P.R. n. 600 del 1973, il citato art. 43, u.c., è preordinato alla ripresa a tassazione di altri elementi reddituali incrementativi del reddito complessivo definito in precedenza e non noti al momento dell’esercizio della precedente attività accertatrice. La sopravvenienza di “nuovi elementi” richiesti dalla norma per l’emissione dell’accertamento integrativo non può essere restrittivamente interpretata quale sopravvenienza di “nuovi elementi reddituali”, poichè l’emersione di nuovi cespiti imponibili legittima senz’altro la adozione di un autonomo avviso di accertamento. La ampia dizione utilizzata nella disposizione di legge giustifica il ricorso all’avviso di accertamento integrativo qualora l’Ufficio, successivamente all’accertamento originario, venga a conoscenza di elementi fattuali, probatoriamente rilevanti, sconosciuti al momento della emissione dell’avviso originario (Cass. n. 16528 del 2018).

Come chiarito da questa Corte, il contenuto preclusivo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, u.c., deve essere limitato al divieto, rebus sic stantibus, di emettere un avviso di accertamento integrativo sulla base della semplice rivalutazione o maggiore approfondimento di dati probatori già interamente noti all’Ufficio al momento della emissione dell’avviso originario (Cass. n. 11421 del 3/6/2015; n. 576 del 15/1/16; n. 8029 del 3/4/13).

1.6. Nel caso in esame, con l’avviso di accertamento originario la Agenzia delle Entrate si è limitata ad esaminare il contenuto della dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente ed a formulare rilievi ai soli fini dell’imposta sul valore aggiunto, senza muovere contestazioni con riguardo alle imposte dirette, sicchè l’avviso emesso in data 5/9/05, non contenendo l’accertamento di una obbligazione tributaria in materia di Irpef ed Irap per l’anno di imposta 2003, non può essere considerato “avviso di accertamento” ai fini delle imposte dirette e non può, conseguentemente, escludere la adozione, da parte della Amministrazione finanziaria ed a carico del contribuente, di un successivo ed autonomo accertamento in materia di imposte dirette, che, non costituendo atto integrativo di quello emesso ai soli fini della imposta sul valore aggiunto, non esige la sussistenza di nuovi elementi sopravvenuti.

2.Con il secondo motivo del ricorso principale, la Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la motivazione insufficiente della sentenza impugnata su un fatto decisivo e controverso del giudizio, per non avere la CTR sufficientemente argomentato in ordine alla congruità ritenuta dall’Ufficio, con l’avviso di accertamento notificato nel 2005, dei dati dichiarati dal contribuente, ai fini dell’imponibile delle imposte dirette, limitandosi sul punto ad osservare che, nel detto avviso, i dati dichiarati dal contribuente, ai fini delle imposte dirette, riportati in una colonna intitolata “dichiarato”, erano stati ritrascritti tali e quali in un’altra colonna intitolata “accertato”. Ciò senza considerare che l’Ufficio non era tenuto con un unico atto a rettificare la dichiarazione unica, sia ai fini dell’Iva che a quelli dell’Irpef/Irap, che l’avviso del 2005 non aveva carattere generale (non riguardando l’Irap) e che, per quanto riguardava l’Irpef, la liquidazione della maggiore imposta di 8 Euro conseguiva alla correzione di un mero errore di calcolo del contribuente, con riserva di un successivo controllo sostanziale.

2.1. L’accoglimento del primo motivo fa ritenere assorbito il secondo motivo.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1 e art. 92 c.p.c. (nella formulazione vigente ratione temporis) per avere la CTR erroneamente disatteso il motivo di appello incidentale concernente la statuizione della CTP di compensazione delle spese, non avendo il giudice di prime cure esplicitamente indicato nella motivazione i “giusti motivi” per i quali le spese processuali del grado dovessero derogare al principio della soccombenza.

4.Con il secondo motivo di ricorso incidentale proposto condizionatamente all’accoglimento del ricorso principale, il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa pronuncia circa un punto decisivo e controverso per il giudizio, non avendo la CTR pronunciato in merito agli altri motivi di censura dedotti con l’appello incidentale concretantesi nel difetto di prova circa l’inesistenza soggettiva delle operazioni contestate nonchè di motivazione dell’atto impositivo.

5A. L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale.

6. In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale; assorbiti il secondo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, affinchè riesamini il merito della vicenda.

P.Q.M.

la Corte:

accoglie il primo motivo del ricorso principale; assorbiti il secondo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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