Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.27573 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria M. – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7618/2013 R.G. proposto da:

Comune di Trieste, in persona del Sindaco p.t., rapp.to e difeso dagli avv.ti Victor Uckmar e Giuseppe Corasaniti, presso il cui studio elett.te domicilia in Roma, alla via Nazionale n. 200, come da procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G., rapp.to e difeso dall’avv. Maurizio de Mitri, presso il cui studio elett.te domicilia in Trieste, alla via Paganini n. 4, come da procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6/8/12 della Commissione Tributaria Regionale di Trieste, depositata il 30/1/2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 settembre 2018 dalla Dr. Milena d’Orfano;

udito per il ricorrente l’avv. Corrado Oliva Caterina per delega che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr Dr.

Giacalone Giovanni che ha concluso per l’accoglimento.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 6/8/12, depositata il 30 gennaio 2012, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello proposto dal Comune ricorrente avverso la sentenza n. 211/1/09 della Commissione Tributaria Provinciale di Trieste, con compensazione delle spese di lite.

Il giudice di appello rilevava:

a) che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento riguardante l’ICI per gli anni dal 2003 al 2007, su aree fabbricabili di cui il contribuente aveva omesso la dichiarazione;

b) che la Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso ritenendo che i terreni oggetto di accertamento avessero la natura di pertinenze dei fabbricati che vi insistevano, regolarmente iscritti al catasto edilizio urbano, e quindi non fossero imponibili ai fini ICI ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2;

c) che il Comune appellante aveva chiesto la riforma di tale decisione rilevando che il contribuente avrebbe dovuto dichiarare ai fini ICI l’esistenza del vincolo di pertinenza tra terreni ed abitazione, provare la destinazione durevole a servizio o ornamento, laddove in presenza di una superficie superiore a mq 4.000 e di una normale abitazione civile di circa 8 vani, non era a tal fine sufficiente la presenza di una recinzione e la destinazione ad orto e vigna, che il contribuente non aveva provveduto alla cd. graffatura catastale ed in subordine denunciava un abuso del diritto per l’avvenuta simulazione del vincolo di pertinenzialità.

Tanto premesso, la CTR aveva confermato la decisione di primo grado, ritenendo che la destinazione delle aree attigue all’abitazione a giardino, orto e vigna da circa 36 anni e la recinzione unitaria delle stesse ne attestassero la natura pertinenziale e la volontà in tal senso del proprietario, assorbite le ulteriori questioni.

2. Avverso la sentenza di appello, Il Comune di Trieste ha proposto ricorso per cassazione, notificato 18 gennaio 2013, affidato a cinque motivi.

3. Il contribuente ha depositato controricorso, il Comune ricorrente anche memoria ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il Comune ricorrente censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 817 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata valutazione ai fini del carattere pertinenziale delle aree dell’elemento oggettivo, costituito dal necessario rapporto di servizio ed ornamento con il bene principale.

2. Con il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 817 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata valutazione ai fini dell’elemento soggettivo della volontà di destinazione durevole del bene a pertinenza, desumibile dall’impossibilità di mutarla senza radicali trasformazioni.

3. Con il terzo motivo deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per l’omessa pronuncia sull’obbligo di dichiarare il carattere di pertinenza di un’area fabbricabile, di cui evidenzia la natura di motivo autonomo e non assorbito dalla valutazione fattuale del carattere pertinenziale.

4. Il quarto motivo ha ad oggetto la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per l’omessa pronuncia sulla sussistenza dell’abuso di diritto conseguente alla simulazione dei vincolo pertinenziale al solo fine di non corrispondere l’imposta dovuta.

5. Con il quinto motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2 nonchè dell’art. 817 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per la mancata valutazione dell’omesso accatastamento come pertinenza da parte del contribuente, quale espressione della mancanza di volontà ai fini di una destinazione durevole.

6. Il primo, il secondo ed il quinto motivo, da trattarsi congiuntamente, risultano infondati.

6.1 Come già più volte statuito da questa Corte (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 19375 del 2003, n. 17035 del 2004, n. 19161 del 2004, n. 6501 del 2005, e da ultimo n. 26077 del 2015, n. 18470 del 2016, n. 13606 del 2018 e Sez. 6-5 n. 1390 del 2016 e n. 15668 del 2017), il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, pone quale presupposto applicativo dell’ICI il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati…”;

Nel successivo art. 2 il legislatore tributario ha fornito le rispettive nozioni, prevedendo al comma 1, lett. a) che “per fabbricato s’intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato la parte occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza…”; alla lett. b) del medesimo comma, che “per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione…”, estendendone la nozione a tutte quelle che hanno, in fatto ed in diritto, detta vocazione edificatoria; infine nella lett. c), ha definito Cosa debba intendersi per terreni agricoli.

Quanto alle porzioni immobiliari asservite ad immobile principale, il relativo trattamento fiscale, sancito dalla lett. a), ed avente natura speciale rispetto al regime ordinario dell’assoggettabilità al tributo, rende irrilevante il regime di edificabilità, che io strumento urbanistico nondimeno può loro attribuire, pertanto, quando nella medesima porzione immobiliare coesistono accessorietà ed edificabilità, l’effetto attrattivo che discende dal vincolo d’asservimento, rende irrilevante l’altra destinazione.

La nozione di “pertinenza”, in quanto non fornita dalla legge tributaria, resta quella di cui alla nozione generale contenuta nell’art. 817 c.c., cui il decreto ICI rinvia recependone anche il regime sostanziale, per cui l’area funzionalmente collegata al fabbricato è insuscettibile di autonoma e separata disciplina, ma segue invece il regime del fabbricato, bene principale.

Questa Corte ha poi avuto modo di precisare che il regime in esame trova applicazione solo se la natura pertinenziale resta convalidata dalla verifica in concreto dei presupposti, oggettivo e soggettivo, posti dall’art. 817 c.c., e cioè dalla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un’altra (criterio oggettivo) e dalla volontà di dar vita ad un vincolo di accessorietà “durevole” (criterio soggettivo).

Si tratta di un criterio, “fattuale” (cfr. ad es. sez. 5, n. 19161 del 2004), che impone una “indagine” che “comporta un apprezzamento dei dati probatori acquisiti”, per cui “deve essere condotta in sede di merito” (v. ad es. sez. 5, n. 6501 del 2005 cit.) accertando “un’oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che sterilizzi in concreto e stabilmente lo “ius edificandi” e che non si risolva, quindi, in un mero collegamento materiale, rimovibile “ad libitum”. “Attesa la indisponibilità del rapporto tributario, la prova dell’asservimento pertinenziale… grava sul contribuente (quando… ne derivi una tassazione attenuata)” e “deve essere valutata con maggior rigore rispetto alla prova richiesta nei rapporti di tipo privatistico”; “se la scelta pertinenziale non è giustificata da reali esigenze…, non può avere valenza tributaria, perchè avrebbe l’unica funzione di attenuare il prelievo fiscale, eludendo il precetto che impone la tassazione in ragione della reale natura del cespite.

Si è dunque sottolineato:

– che l’accertamento dell’esistenza del vincolo pertinenziale, postula anche quello dell’esistenza dell’ulteriore requisito della non suscettibilità del bene costituente pertinenza di una diversa destinazione senza una radicale trasformazione: altrimenti sarebbe agevole per il proprietario di un immobile godere dell’esenzione attraverso una destinazione pertinenziale rispetto ad un fabbricato pur se detta destinazione possa facilmente cessare, senza una radicale trasformazione dell’immobile stesso(cfr. sez. 5, n. 25127 del 2009; n. 22128 del 2010; n. 25170 del 2013; n. 15668 del 2017);

– che risultano irrilevanti le risultanze catastali, specie se di segno sfavorevole al contribuente, in quanto la circostanza che in catasto l’immobile pertinenziale sia frazionato rispetto a quello principale, costituisce un dato esclusivamente formale, e non osta a che possa essere dimostrata la pertinenzialità ai sensi dell’art. 817 c.c. mediante i requisiti oggettivo e soggettivo predetti (così sez. 5 n. 19375 del 2003, n. 19161 del 2004, n. 26077 del 2015 e n. 18470 del 2016).

6.2 Tanto premesso deve ritenersi che la decisione impugnata, affermando la sussistenza del vincolo pertinenziale, si è posta in linea con la disciplina di diritto come sopra ricostruita di cui all’art. 817 c.c., in quanto sotto il profilo oggettivo e soggettivo ha evidenziato la destinazione delle aree attigue all’abitazione a giardino, orto e vigna, nonchè la presenza di una recinzione unitaria, e sotto il profilo della durevolezza la destinazione da circa 36 anni, mentre non ha dato alcun rilievo al fatto che le stesse aree non fossero state accatastate come pertinenze dell’abitazione principale, con un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, in quanto correttamente e congruamente motivato.

7. Merita invece accoglimento il terzo motivo.

7.1 Il vizio di omessa pronuncia ricorre ove manchi qualsivoglia statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte, così dando luogo alla inesistenza di una decisione sul punto della controversia, per la mancanza di un provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, non potendo dipendere dall’omesso esame di un elemento di prova (v. Sez. 1, n. 7472 del 23/03/2017 Rv. 644826; Sez. 2 n. 2085 del 23/02/1995 Rv. 490675).

Tale vizio integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., quando l’omissione attenda una richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto.(vedi Sez. 5. n.7653 del 2012; da ultimo Sez. 6-5 n. 28308 del 2017 e Sez. 6-1 n. 18797 del 2018) E’ stato altresì affermato da questa Corte che la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile “ratione temporis”, si coglie nel senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della “domanda” di appello), mentre nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l’eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia (v. tra le varie, Sez. 5, Sentenza n. 25761 del 05/12/2014 Rv. 633829; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25714 del 04/12/2014 Rv. 633682; Sez. 3, Sentenza n. 5444 del 14/03/2006 Rv. 587883).

7.2. La Corte distrettuale, pur essendo stata tale circostanza eccepita sin dal primo grado, e costituendo la stessa motivo di appello, ha omesso ogni pronuncia sull’obbligo del contribuente di denunciare la pertinenzialità nella dichiarazione ICI e sulle conseguenze di tale omissione.

Tale omissione ha certamente ad oggetto un capo di domanda autonomo sul quale deve essere emessa pronuncia, e non può ritenersi assorbito dalla verifica fattuale del vincolo pertinenziale, essendo stato già affermato da questa Corte che “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), al contribuente che non abbia evidenziato nella dichiarazione l’esistenza di una pertinenza non è consentito contestare l’atto con cui l’area asseritamente pertinenziale viene assoggettata a tassazione, deducendo solo nel giudizio la sussistenza del vincolo di pertinenzialità.” (vedi Sez. 6 5, Ordinanza n. 13017 del 24/07/2012 (Rv. 623398) ed in motivazione da ultimo Cass. n. 9790 del 2017; n. 2901 del 2017; n. 6139 del 2016; Cass. n. 25027 del 2009 e n. 19639 del 2009) 8. Da rigettare infine il quarto motivo in quanto correttamente il Giudice di appello, accertata l’esistenza del vincolo pertinenziale, ha ritenuto assorbito il motivo relativo alla configurabilità di un abuso del diritto che presuppone la simulazione dell’esistenza del vincolo, ritenuto invece effettivo.

9. Per le suesposte considerazioni, ritenuta la pronuncia sull’omessa dichiarazione ai fini ICI dell’esistenza della pertinenza necessaria ed ineludibile ai fini di un corretto iter della vicenda processuale delibata, in violazione dei dettami di cui all’art. 112 c.p.c., ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia in diversa composizione che procederà alla disamina del suddetto profilo, alla luce dei principi enunciati, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, rigettati gli altri, accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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