LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria M. – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11451/2013 R.G. proposto da:
Home Tyrol srl, in persona del legale rapp.te p.t, rapp.to e difeso dagli avv.ti Igor Janes e Federica Scafarelli, elett.te domiciliato presso lo studio di quest’ultima in Roma, alla via G. Borsi n. 4, come da procura speciale a margine del ricorso e della memoria di costituzione di nuovo difensore;
– ricorrente –
contro
Comune di Bolzano, in persona del Sindaco p.t., rapp.to e difeso dagli avv.ti Gudrun Agostini, Bianca M. Giudiceandrea e Alessandra Merini, elett.te domiciliati presso l’Avvocatura Municipale in Bolzano al Vicolo Gumer, come da procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 34/2/12 della Commissione Tributaria Regionale di Bolzano, depositata il 21/5/2012, notificata il 26 febbraio 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 settembre 2018 dalla Dr Milena D’Oriano;
udito per la ricorrente l’Avv. Federica Scafarelli che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’avv. Biancamaria Giudiceandrea che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr.
Giacalone Giovanni che ha concluso per il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 34/2/12, notificata il 26 febbraio 2013, la Commissione Tributaria di 2^ grado di Bolzano, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla società ricorrente avverso la sentenza n. 273/1/09 della Commissione Tributaria Provinciale di Bolzano, rideterminava l’ICI dovuta per gli anni dal 2003 al 2007, con compensazione delle spese di lite.
Il giudice di appello rilevava:
a) che il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di distinti avvisi di accertamento riguardanti l’ICI per gli anni dal 2003 al 2007, in relazione ad un terreno dell’estensione di mq. 3159, ubicato in zona edificabile destinata ad opere e impianti pubblici, il cui valore venale era stato ricalcolato dal Comune assumendo come base imponibile quella propria di aree residenziali attigue site nella medesima zona; a giudizio della ricorrente in tale rdeterminazione non si era tenuto conto della presenza di vincoli di destinazione per cui sarebbe stato corretto fissarlo sulla base dei valori dell’indennità di esproprio;
b) che la Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso e ritenuto correttamente applicati i criteri del regolamento ICI, avendo il Comune tenuto conto dei vincoli amministrativi applicando il minor valore tra quelli di zona;
c) che l’appellante aveva chiesto la riforma di tale decisione riproponendo le censure ai criteri seguiti dall’Amministrazione comunale nella determinazione del valore del terreno; in via subordinata aveva insistito sulla non corretta applicazione delle sanzioni, in quanto la violazione era da qualificarsi come infedele dichiarazione e non come insufficiente versamento dell’imposta.
Tanto premesso, la CTR, disposta consulenza tecnica, aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, disponendo che l’ICI dovuta per gli anni in contestazione venisse ricalcolata assumendo come base imponibile i valori minimi di esproprio delle aree edificabili come determinati per la Provincia di Bolzano.
2. Avverso la sentenza di appello, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 26 aprile 2013, e ricevuto il 29 aprile 2013, affidato a due motivi.
3. Il Comune impositore ha depositato controricorso ed entrambe la parti memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la società ricorrente censura la sentenza impugnata, denunciando omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rilevando che nel rideterminare l’importo dovuto non sarebbe stato specificato quanto fosse dovuto a titolo di imposta e quanto a titolo di sanzioni ed interessi.
2. Con il secondo motivo lamenta una violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la decisione impugnata omesso di pronunciarsi sulla domanda di annullamento anche delle sanzioni e degli interessi, o quanto meno sulla domanda subordinata di annullare le sole sanzioni per difetto di presupposto, stante la possibilità di configurare nel caso di specie una situazione di “incertezza normativa oggettiva”.
3. Il ricorso non merita accoglimento.
4. Quanto al primo motivo si osserva che “L’omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo “error in procedendo” e della violazione dell’art. 112 c.p.c., non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè queste ultime censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente scorretto ovvero senza giustificare o non giustificando adeguatamente la decisione resa.
(Vedi tra le tante Cass. n. 329 del 2016; n. 23828 del 2015; n. 21257 del 2014; n. 7871 del 2012 n. 7268 del 2012; n. 25825 del 2009; n. 12952 del 2007 ecc.).
Si evidenzia ancora che “In tema di ricorso per cassazione, è contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, mentre il secondo presuppone l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5” (Cass. n. 13866 del 2014 e n. 15882 del 2007).
Dal momento che nel caso in esame la ricorrente lamenta la mancata determinazione di quanto dovuto a titolo di sanzioni ed interessi, e quindi la mancata valutazione di tale aspetto, tale doglianza risulta inammissibilmente formulata come vizio di motivazione; del resto, in modo contraddittorio, la stessa omissione è stata posta a fondamento anche del secondo motivo sollevato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
5. Il secondo motivo risulta invece infondato.
La CTR ha fatto corretta applicazione del principio consolidato secondo cui “Il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte” (Vedi Sez. 5, n. 19750 del 2014; nonchè Sez. 5, n. 24611 del 2014; Sez. 6-5, n. 26157 del 2013).
Quanto alla presunta omissione relativa alla domanda principale, si rileva che dalla motivazione della decisione si evince che, tenuto conto degli esiti delle disposte operazioni peritali, il Giudice di appello ha provveduto a dettare i criteri per rideterminare la base imponibile e quindi nel dispositivo ha disposto il ricalcalo dell’Ici dovuta, ritenendo implicito che al ricalcolo dell’imposta conseguisse quello delle sanzioni e degli interessi.
Va dunque escluso che sul punto sia configurabile una omessa pronuncia, conseguendo, quale effetto automatico ed implicito, alla variazione nel quantum dell’imposta dovuta la corrispondente variazione nel quantum degli importi dovuti per sanzioni ed interessi, fermi gli stessi criteri di determinazione relativi all’an utilizzati negli avvisi impugnati.
5.1 Quanto all’omissione lamentata con riferimento alla domanda subordinata di mancanza dei presupposti delle sanzioni, si ricorda che “Affinchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, “in primis”, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito – dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi”.
Nel caso in esame la formulazione del motivo con riferimento alle sanzioni difetta di specificità, in quanto la parte ricorrente ha omesso di riportare sia i singoli profili di illegittimità sollevati (ad esempio la mancata applicazione dei principi in tema di cumulo giuridico a cui non viene fatto alcun riferimento), e per ciascuno di essi i presupposti ritenuti carenti, sia gli atti processuali da cui evincere l’omissione.
In effetti nel corpo del ricorso si limita a lamentare una mancata pronuncia sul difetto di presupposto delle sanzioni esclusivamente sotto il profilo della configurabilità di una situazione di incertezza normativa.
Ebbene, poichè tale domanda non risulta formulata nè in primo nè in secondo grado, ma proposta per la prima volta nel ricorso per cassazione, va escluso che sulla stessa possa configurarsi un vizio di omessa pronuncia.
Si ricorda infatti che “In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme fiscali, sussiste il potere del giudice tributario di dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni, anche in sede di legittimità, per errore sulla norma tributaria, in caso di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della stessa, solo in presenza di una domanda del contribuente formulata nei modi e nei termini processuali appropriati, che non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di appello o nel giudizio di legittimità” (vedi Cass. n. 14402 del 2016 e n. 24060 del 2014).
6. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato.
7. Segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
7.1 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna la società ricorrente a pagare al Comune di Bolzano le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018