Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.27586 del 30/10/2018

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 3399/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI VICENZA SCPA, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Cardascia e dall’avv. Paola Lumini, con domicilio eletto in Roma, in via Po n. 28, presso lo studio dell’avv. Attilio Pelosi;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, sezione 33, n. 1/33/2011, pronunciata il 15/04/2010, depositata l’11/03/2011;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18 settembre 2018 dal Consigliere Riccardo Guida;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Zeno Immacolata, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso incidentale.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate di Vicenza, in data 12/03/2008, notificò alla Banca Popolare di Vicenza Scpa (hinc: Banca) una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, con cui recuperava a tassazione maggiore IRAP dovuta dalla Banca che, per l’anno d’imposta 2004, aveva applicato al valore della produzione l’aliquota del 4,25% in luogo di quella del 5,25%, introdotta con le L.R. Veneto n. 34 del 2002 e L.R. n. 38 del 2003.

La contribuente propose ricorso avverso la cartella deducendo l’illegittimità del controllo automatizzato nonchè l’inefficacia della maggiorazione dell’aliquota IRAP apportata dalla legge regionale.

La Commissione tributaria provinciale di Vicenza, con la sentenza n. 115/2008, accolse parzialmente il ricorso della società, ritendo applicabile, all’annualità 2004, l’aliquota del 4,75% prevista, per le banche e le società finanziarie, dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 45, comma 2.

Tale pronuncia fu impugnata sia dall’Ufficio, che ne chiese la riforma per effetto dell’applicazione dell’aliquota IRAP del 5,25%, che, con appello incidentale, dalla Banca che, invece, invocò l’applicazione dell’aliquota IRAP del 4,25%.

La Commissione tributaria regionale del Veneto (hinc: CTR), con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello dell’Agenzia e, in accoglimento dell’appello incidentale della Banca, ha annullato la cartella di pagamento, ha fissato nella misura del 4,25% l’aliquota IRAP, per l’anno 2004, e ha dichiarato il diritto della Banca alla ripetizione delle somme versate in eccesso.

Il giudice d’appello ha reputato prioritario, rispetto alla verifica della legittimità della procedura di accertamento automatizzato, l’esame dei criteri di determinazione dell’aliquota IRAP applicabile, nella Regione Veneto, per l’anno 2004.

A tal riguardo, ha rilevato che la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3, comma 1, lett. a), aveva disposto la sospensione di ogni norma emanata dalle Regioni, in materia di aliquote IRAP, in data successiva al 29 settembre 2002, quindi anche l’aumento dell’aliquota sancito con la L.R. Veneto 22 novembre 2002, n. 34.

Ha, altresì, rimarcato che la sospensione degli aumenti delle maggiorazioni delle aliquote IRAP di cui all’art. 3 cit., comma 1, lett. a), fino al 31/12/2006, è stata confermata dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 61.

Disatteso, in forza di questi argomenti, l’appello dell’Ufficio, la CTR, come suaccennato, ha invece accolto l’appello incidentale della Banca, condividendone l’assunto circa l’incongruenza, sul piano giuridico, che deriverebbe dall’applicazione, anche ai periodi d’imposta successivi al 2002, dell’aliquota IRAP del 4,75%, prevista, in via transitoria, per le banche e per gli altri enti finanziari, dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 45, comma 2, limitatamente a tale annualità.

Quale conseguenza dell’annullamento della cartella di pagamento, la CTR, infine, ha disatteso, dichiarandola inammissibile, la censura della contribuente circa l’illegittimità della procedura di controllo automatizzato ex art. 36-bis cit.

Per la cassazione ricorre l’Agenzia delle entrate, sulla base di due motivi; la Banca resiste con controricorso, e, dal canto suo, propone ricorso incidentale condizionato, per due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo del ricorso principale: “Violazione e falsa applicazione della L.R. Veneto n. 38 del 2003, art. 2; L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3, comma 1, lett. a); L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 2, commi 21 e 22, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Si denuncia l’errore di diritto della sentenza impugnata che avrebbe ritenuto la L.R. Veneto n. 38 del 2003, che aumentava l’aliquota IRAP, conforme ai poteri attribuiti alle Regioni dalla legislazione statale, trascurando che, ai sensi dell’art. 3 cit., comma 1, lett. a) (confermato dalla L. n. 350 del 2003, art. 2), che ne aveva sospesa l’efficacia, quella legge regionale era stata emanata in un periodo nel quale alle Regioni era inibita la facoltà di disporre aumenti della pressione fiscale.

In tale quadro normativo si inserì la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, che, per salvaguardare le esigenze di gettito delle Regioni, stabilì che le leggi regionali sospese conservassero la loro efficacia fino all’anno d’imposta 2007 (poi prorogato al 2010) in virtù della volontà del legislatore nazionale, con conseguente validità della maggiore aliquota IRAP prevista, per le banche, dalla detta L.R. Veneto n. 38 del 2003.

2. Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 45, comma 2, della L.R. Veneto n. 34 del 2002, art. 2, della L.R. Veneto n. 38 del 2003, art. 2, della L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a) e della L. n. 350 del 2003, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

In via subordinata, si deduce l’errore di diritto della sentenza della CTR che non avrebbe ritenuto applicabile (non solo l’aliquota del 5,25%, ma) neppure l’aliquota del 4,75%, senza tenere conto del fatto che, in base alle norme appena richiamate, quest’ultima aliquota era senz’altro vigente per l’annualità 2004.

2.1. Il secondo motivo, da esaminare prioritariamente, è fondato.

Ed invero, s’intende dare continuità al costante indirizzo della Corte che, anche di recente (Cass. 7/02/2018, n. 2940), ha avuto modo di affermare che: “(…) questa Corte (…) (sentenze nn. 5867/12, 7344/12, 19838/12, 21327/13) ha (…) ritenuto che gli effetti delle disposizioni incrementative dell’aliquota Irap dettate dalle L.R. Veneto nn. 34 del 2002 e L.R. Veneto n. 38 del 2003, non sono fatti salvi dal disposto della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, sopra riportato. Come chiarito da Sez. V, n. 3574 del 2015, con motivazione cui questo collegio ritiene di aderire, infatti, tale ultima disposizione (…) concerne gli effetti di norme che siano state emanate dalle Regioni “in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti”, laddove le maggiorazioni dell’aliquota Irap di cui si discute sono state disposte dalla Regione Veneto in conformità ai poteri alla stessa attribuiti dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16. Ribadito che per gli anni d’imposta 2003 e 2004 gli incrementi dell’aliquota Irap disposti dalle Regioni rispetto all’aliquota ordinaria di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16,comma 1, non sono applicabili, a meno che “non siano confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002”, conformemente a quanto statuito con le pronunce n. 19838/12, 21327/13 e 17017/14, ritiene il collegio che la disciplina relativa alla facoltà delle Regioni di variare l’aliquota Irap fino ad un massimo di un punto percentuale vada interpretata nell’ottica del legislatore di perseguire gli obiettivi di autonomia e di decentramento fiscale delle Regioni stesse (cd. federalismo fiscale) ed in tale prospettiva debba essere coerentemente inteso anche il disposto della L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a), che, nel sospendere l’efficacia degli aumenti dell’aliquota Irap deliberati dalle Regioni successivamente al 29 settembre e non confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002, ha voluto comunque limitare l’effetto sospensivo a quelle maggiorazioni che determinassero, e nella misura in cui determinassero, il superamento dell’ aliquota in vigore per l’anno 2002 e, in quanto tali, fossero non confermative di tale aliquota. La nozione di confermatività, del resto, non può che riferirsi alla percentuale effettivamente vigente nel 2002, derivi essa da una previa determinazione regionale (adottata nell’esercizio del potere assegnato alle Regioni dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3) o, in difetto di determinazione regionale, direttamente dalla disposizione transitoria statale dettata nel secondo comma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 45. La sospensione aveva dunque ad oggetto la maggiorazione dell’aliquota deliberata dalle Regioni, ma incideva su quella sola parte di essa che, decisa per il 2003, eccedesse la percentuale in concreto già vigente per il 2002. Anche per il 2004, quindi, il provvedimento della L.R. Veneto del 2003 non rientrava nella “sanatoria” del comma 22, in quanto non è stato adottato dalla Regione “in modo non conforme” ai poteri ad essa attribuiti in materia dalla normativa statale. La sospensione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 3, infatti, non ha privato le Regioni del potere impositivo in tema di Irap, ma ha solo sospeso gli aumenti eccedenti la misura dell’aliquota vigente nel 2002. Quindi anche l’aumento deliberato nel 2003 per il 2004 restava sospeso, ma solo per la parte eccedente l’aliquota del 2002. Ciò porta a concludere che anche per il 2004 l’aliquota applicabile fosse quella del 2002, il 4,75%. Tale principio è stato ribadito anche in successive pronunce, anche relative allo specifico anno in discussione nella presente controversia, il 2004. Si vedano, al riguardo Sez. V, n. 7986 del 2016, n. 7458 del 2016, n. 2453 del 2016, n. 1794 del 2016, n. 2412 del 2017".

Facendo applicazione del detto principio di diritto al caso di specie, si deve concludere che la CTR ha errato nel negare l’applicabilità dell’aliquota del 4,75%, e, per converso, nell’affermare l’applicabilità della minore aliquota del 4,25%.

3. Il primo motivo è infondato in virtù delle stesse considerazioni che hanno condotto all’accoglimento del secondo mezzo.

4. Primo motivo del ricorso incidentale condizionato: “Violazione dell’art. 187 c.p.c., comma 2, art. 276 c.p.c., comma 2 e art. 279 c.p.c., comma 2, n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Si fa valere l’error iuris della sentenza impugnata che, invertendo l’ordine logico delle questioni sottoposte al suo esame, ha accolto la questione di merito (quella relativa all’aliquota IRAP da applicare al caso di specie) ed ha ritenuto inutile pronunciarsi sull’eccezione, sollevata dalla Banca, d’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, per violazione dell’art. 36-bis cit., in mancanza dei presupposti richiesti dalla stessa norma, sicchè l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto emettere un apposito avviso di accertamento.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Esso non si misura con la ratio decidendi della sentenza impugnata che, in realtà, non ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione della contribuente d’inapplicabilità della procedura d’accertamento automatizzato, ma ha espressamente stabilito che: “8. Dall’annullamento della cartella di pagamento nella sua interezza deriva per logica conseguenza l’inammissibilità del vizio formale di illegittimità della cartella per violazione dei principi dell’accertamento in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, in disparte ogni considerazione circa la ritualità del motivo siccome proposto.” (Cfr. pagg. 17 e 18 della sentenza impugnata).

Dunque, non si è trattato di un’omessa pronuncia su una questione di diritto allegata da una delle partì, bensì della declaratoria d’inammissibilità dell’eccezione, quale giuridica conseguenza della soluzione di altro tema del decidere che la CTR ha qualificato come pregiudiziale.

5. Secondo motivo: “Sull’eccezione preliminare relativa alla illegittimità della cartella esattoriale per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis”.

La Banca, infine, si duole che la procedura di accertamento automatizzato non fosse applicabile non ricorrendo alcuna delle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 36-bis cit., e cioè in assenza di un errore rilevabile ictu oculi, o di un errore materiale o di calcolo, perchè la contribuente aveva consapevolmente applicato al valore della produzione l’aliquota IRAP del 4,25%, attenendosi fedelmente alle istruzioni ministeriali.

5.1. Il motivo è infondato.

Senza discostarsi dal solco tracciato da precedenti, condivisibili, pronunce della Corte (Cass. 31/01/2017, n. 2412), è il caso di rimarcare che, nella specie, a fronte dei meri dati numerici emergenti dalla dichiarazione dei redditi della Banca, l’Ufficio ha provveduto a correggere il rilevato errore di calcolo, non rettificando la base imponibile, ma riliquidando l’imposta mediante automatizzata applicazione di diversa aliquota. Donde la legittimità del ricorso alla procedura dell’art. 36-bis cit., non assumendo alcun rilievo, sotto questo profilo giuridico, la circostanza che la contribuente non fosse incorso in un errore inconsapevole nè l’asserita attività interpretativa della normativa da parte dell’Ufficio.

6. Le considerazioni che precedono comportano l’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale e il rigetto del primo motivo, nonchè il rigetto del ricorso incidentale condizionato della Banca.

La sentenza va cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, che, nel riesaminare la controversia, si atterrà all’indicato principio di diritto riguardante l’aliquota IRAP applicabile all’annualità 2004, e statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo del ricorso principale; rigetta il primo motivo; rigetta il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata, limitatamente al motivo accolto; rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472