Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27592 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24679/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 60/2011 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di TRENTO, depositata il 01/08/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/06/2018 dal Consigliere Dott. PAOLO BERNAZZANI.

RILEVATO

che: Il contribuente F.C. proponeva ricorso avanti alla C.T. di 1^ grado di Trento per l’annullamento della cartella esattoriale emessa nei suoi confronti, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 39, dall’Ufficio II.DD. di ***** in sede di liquidazione della dichiarazione integrativa presentata dal contribuente. La Commissione adita accoglieva il ricorso, rilevando che la cartella era stata notificata oltre il termine di decadenza, coincidente con il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di liquidazione della dichiarazione; la decisione veniva confermata in appello dalla C.T. di 2^ grado di Trento. A seguito di ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle entrate, la Suprema Corte, con sentenza in data 20.11.2008, n. 3423/2009, annullava la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della predetta C.T. di 2^ grado; quest’ultima, in sede di giudizio di rinvio, con sentenza n. 60/02/11, pronunciata in data 28.2.2011 e depositata in data 1.8.2011, rigettava la domanda proposta dall’Ufficio, confermando, per l’effetto, la decisione di prime cure favorevole al contribuente. Avverso tale decisione, l’Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato ad un motivo. Il contribuente rimasto intimato.

CONSIDERATO

che: 1. Con un unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e della L. 30 dicembre 1991, 413, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo il giudice del rinvio omesso di uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione con la sentenza che ha disposto l’annullamento con rinvio della precedente decisione di merito. Il motivo è fondato. In particolare, la S.C., con la sentenza n. 3423/09, che ha disposto l’annullamento con rinvio alla predetta C.T., ha enunciato il principio di diritto secondo cui “In tema di condono fiscale, la L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 39, comma 3, dispone che gli uffici provvedano al controllo delle dichiarazioni integrative ed alla liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni stesse entro il termine di decadenza di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 1, (nel testo vigente prima della sostituzione attuata dal D.Lgs. n. 46del 1999, art. 6, comma 1, a decorrere dal 1 luglio 1999), ossia entro il termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43,comma 1, (il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione), calcolato con decorrenza dall’anno 1992. Poichè ai sensi della medesima L. n. 413 del 1991, art. 32, comma 2, e della successiva proroga introdotta dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 3, comma 1, convertito, con modificazioni, in L. 24 marzo 1993, n. 75, il termine inizialmente concesso al contribuente per la presentazione della dichiarazione integrativa è stato conclusivamente differito al 20 giugno 1993, deve ritenersi che il termine per la liquidazione delle imposte decorra non dal momento in cui il contribuente abbia provveduto agli adempimenti a suo carico ma dalla nuova scadenza e sia, quindi, a sua volta scaduto il 31 dicembre 1998”. 2. Alla stregua dell’illustrato principio, il giudice del rinvio avrebbe dovuto accertare unicamente se, nella specie, la liquidazione delle imposte fosse avvenuta entro il termine del 31 dicembre 1998, come chiaramente evidenziato dalla sentenza di annullamento di questa Corte, essendo irrilevante il momento, eventualmente diverso, di presentazione della dichiarazione integrativa da parte del contribuente. La Commissione, tuttavia, non si è attenuta a tale principio, ma ha interpretato, peraltro erroneamente, altra precedente decisione della S.C. – la n. 20780/05, richiamata dalla stessa sentenza di annullamento con rinvio – ed, in particolare, il passaggio motivazionale in cui si afferma che “in ogni caso, si deve ritenere che quando, come nel caso di specie, la possibilità di provvedere ad un adempimento fiscale (tanto più se in materia di condono) si prolunghi attraverso più annualità, tutti i termini per gli adempimenti successivi decorrano dalla scadenza di quel primo termine”, intendendo tale ultima locuzione come riferita all’originaria scadenza del termine previsto dalla L. n. 413 del 1991, art. 39, fissata al *****. In tale prospettiva, i giudici di rinvio hanno finito per affermare che, poichè la dichiarazione era stata presentata il *****, ossia entro il termine “originario” previsto dalla L. n. 413 del 1991, art. 39 e poichè detto termine “non è stato oggetto di proroga, è giunto a scadenza e successivamente riaperto col Decreto n. 16 del 1993”, nella specie il disposto differimento al ***** del termine originariamente concesso al contribuente per la presentazione della dichiarazione integrativa doveva ritenersi irrilevante. 3. Così argomentando, l’impugnata sentenza si fonda, innanzitutto, su un’errata interpretaziore del precedente di legittimità espresso dalla sentenza n. 20780/05, richiamata dalla decisione n. 3423/09, come reso evidente dal fatto che la stessa sentenza n. 20780/05, al termine del periodo parzialmente citato dalla C.T., così conclude: “si deve giungere alla conclusione che in realtà il termine per la liquidazione delle imposte dovute sulla base della dichiarazione integrativa sia scaduto il *****” (principio, del resto, confermato anche da Cass. S.U., 2.2.2010, n. 3674). Al tempo stesso, la sentenza impugnata non si è conformata al principio di diritto espresso da questa Corte in sede di annullamento con rinvio della precedente decisione, che ha stabilito che proprio dalla nuova scadenza deve decorrere il termine per la liquidazione delle imposte da parte dell’Ufficio, scadente il “31 dicembre del quinto anno successivo”. Da ciò deriva la sussistenza del vizio di violazione di legge denunciato dall’odierno ricorrente. Invero, secondo l’orientamento di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, “qualora una sentenza sia cassata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, è precluso al giudice di rinvio qualsiasi riesame dei presupposti di applicabilità del principio di diritto enunciato, sulla scorta di una rivalutazione dei fatti accertati o di una diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso, con conseguente impossibilità di pervenire alla conferma della statuizione contenuta nella sentenza cassata sulla base di una rinnovata, e difforme, interpretazione della norma posta a fondamento di detto principio, considerando lo stesso come erroneamente enunciato con riferimento ad una fattispecie diversa da quella dedotta in giudizio”. (Cass. Sez. L, 29/10/2014, n. 23015, Rv. 632938 – 01). Nella medesima prospettiva, va richiamato il principio secondo cui “in ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità. (Cass. Sez. 5, 16/10/2015, n. 20981, Rv. 636959 – 01). 4. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla C.T. di 2^ grado di Trento, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla C.T. di 2^ grado di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 14 giugno 2018. Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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