Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27594 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28991-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SIPARIO APERTO EDILIZIA SCARL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DONATELLO 75, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO COSTANTINI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIELLA CARI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 157/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 15/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2018 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

RILEVATO

Che, a seguito di processo verbale della Guardia di Finanza, veniva emesso nei confronti di Sipario aperto cooperativa edilizia a.r.l. avviso di accertamento per IVA, IRPEG, IRAP 2001, con cui si contestava omessa contabilizzazione di sopravvenienze attive, omessa fatturazione e contabilizzazione di interessi attivi, indebita contabilizzazione di costi indeducibili, con conseguente accertamento di maggiori imposte;

che a seguito di impugnazione da parte della società, la Commissione Tributaria Provinciale rilevò che nel caso in esame si trattava di Cooperativa Edilizia avente lo scopo di costruire edifici residenziali da assegnare ai soci costituenti il consorzio e ritenne non tassabili i contributi percepiti dalla Cooperativa, non dovuti gli interessi attivi (trattandosi di deposito infruttifero) e deducibili i costi;

che la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza del 15/10/2010, confermò la decisione del giudice di primo grado. Rilevò che era conforme al principio di legalità e del favor rei (D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3) il convincimento espresso dal giudice di primo grado in ordine all’applicazione della disciplina posteriore in tema di omessa contabilizzazione delle sopravvenienze attive, tenuto conto del contenuto sanzionatorio della materia. Quanto alle fatturazioni, alla contabilizzazione degli interessi attivi e ai costi indeducibili, dei quali non era stata fornita dal contribuente alla Guardia di Finanza la documentazione a sostegno, osservava che si trattava di produzione documentale regolante i rapporti tra Cooperativa e Consorzio che i verbalizzanti avrebbero potuto acquisire d’ufficio, talchè era legittima la produzione in sede processuale;

che l’Agenzia propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con memoria;

che controparte resiste con controricorso.

CONSIDERATO

Che con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3 e del vecchio TUIRn. 917 del 1986, art. 55 e dell’art. 88 del nuovo TUIR nonchè dell’art. 11 preleggi. Osserva che in materia di contabilizzazione come ricavi di contributi statali ex L. n. 457 del 1978 la Commissione Tributaria Regionale aveva proceduto non in base al vecchio TUIRn. 917 del 1986, art. 55, comma 3, lett. B) nella versione vigente ratione temporis con riguardo all’anno d’imposta 2001, ma aveva fatto riferimento all’inciso successivamente introdotto dalla L. n. 289 del 2002 a decorrere dall’anno d’imposta 2003, per il quale erano esclusi dal regime d’imposizione ordinario delle sopravvenienze attive anche i finanziamenti erogati alle cooperative edilizie. Nell’applicare il regime rinnovato il giudici tributati avevano male applicato l’ambito di estensione temporale delle norme del TUIRn. 917 del 1986 e l’art. 11preleggi (il quale prescrive che “la legge non dispone che per l’avvenire” e “non ha effetto retroattivo”), riguardando il principio di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3 esclusivamente le sanzioni e non anche gli obblighi tributari sostanziali quale quello in esame;

che con gli altri due motivi si censura la sentenza, rispettivamente, per violazione dell’art. 360, n. 3 e dell’art. 360 c.p.c., n. 4, con riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 osservandosi che in virtù di tali norme la società non avrebbe potuto produrre e utilizzare in sede giudiziale documentazione ulteriore e non esibita in sede di verifica fiscale, nè fondare su di essa le proprie doglianze in giudizio;

che il primo motivo è fondato. Ed invero il principio del favor rei di cui si fa applicazione in sentenza concerne esclusivamente le sanzioni e non investe l’imposta, il cui regime sostanziale è stato modificato solo a seguito dell’introduzione della L. n. 289 del 2002, con efficacia a partire dall’anno d’imposta 2003, sicchè per l’anno 2001 i contributi in discussione concorrono a formare ìreddito imponibile (si veda sul punto Cass. n. 9492 del 12/04/2017: “In tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, a seguito di “ius superveniens” che modifichi l’originaria previsione, pur rimanendo fermo, per le violazioni commesse nella vigenza della precedente normativa, il pregresso regime impositivo sostanziale, in base ai principi del “favor rei” e di legalità, deve ritenersi applicabile il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 2, con il conseguente divieto di assoggettare a sanzione il contribuente per un fatto che non costituisca più elemento normativo della fattispecie sanzionata”);

che anche gli altri due motivi, da trattare congiuntamente in ragione dell’intima connessione, sono fondati, posto che dal processo verbale, riprodotto in ricorso per le parti di interesse in conformità ai parametri di autosufficienza, si evince che la società contribuente aveva omesso di fornire in sede di verifica il contratto-convenzione del 2 maggio 1996, dal quale si evincerebbero peculiari modalità di funzionamento dei rapporti della società con il consorzio di appartenenza, adducendo inidonee giustificazioni attinenti al trasferimento della sede sociale. Ne consegue che, in ragione della disciplina di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 in forza della quale la società non avrebbe potuto produrre ed utilizzare a fondamento delle proprie istanze giudiziarie documentazione ulteriore rispetto a quella esibita in sede di verifica fiscale, i giudici del merito, invece di limitarsi ad affermare l’utilizzabilità in giudizio del documento sul rilievo della possibile acquisizione d’ufficio, avrebbero dovuto vagliare l’utilizzabilità della documentazione sulla scorta dei principi affermati da questa Corte di legittimità, verificando l’esistenza di una puntuale richiesta di esibizione in sede di verifica, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza e l’esistenza di un atteggiamento soggettivamente imputabile all’agente, integrante un sostanziale rifiuto di esibizione (si vedano Cass. n. 7011 del 21/3/2018, Cass. n. 9487 del 12/4/2017, Cass. n. 5914 dell’8/3/20017);

che in base alle svolte argomentazioni il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Roma che provvederà a riesaminare la fattispecie alla luce dei principi giurisprudenziali enunciati, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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