LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29484-2011 proposto da:
GEA DI GIUNTONI GIORGIO E C. SAS, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO CIMMINO GIBELLINI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA;
– intimata –
avverso la sentenza n 112/2010 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 2 î /10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio del 12/09/2018 dal Consigliere Dr. BALSAMO MILENA.
ESPOSIZIONE DEL FATTO 1. La società GEA DI GIUNTONI GIORGIO E C. SAS impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate accertava un maggior reddito imponibile per l’anno 2005, con conseguente maggiori imposte dirette (IRAP ed IRPE, oltre che IVA).
La CTP di Milano accoglieva il ricorso con sentenza impugnata dall’amministrazione finanziaria.
La CTR della Lombardia accoglieva l’appello, sul rilievo che D.P.R. del 1972 n. 633, art. 21, dispone che le fatture debbano contenere i dati prescritti D.P.R. del 1973 n. 600, art. 39, legittimando l’amministrazione finanziaria ad adottare il metodo induttivo prescindendo dalle scritture contabili.
Il contribuente propone ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe emessa dalla CTR, sorretto da tre motivi, illustrati con memoria successivamente depositata.
L’amministrazione finanziaria non si è costituita.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO 2. Con il primo motivo, la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs del 1992 n. 546, art. 14, e del DPR del 1986 n. 917, art. 5, ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la violazione degli artt. 101 e 102 c.p.c., e dell’art. 111 Cost., sostenendo la nullità della sentenza d’appello, per l’omessa integrazione del contraddittorio con i due soci dell’ente, i quali avevano separatamente impugnato gli avvisi di accertamento che incrementavano il loro reddito in proporzione al reddito attribuito alla società.
3 Con la seconda censura, in via subordinata, si lamenta l’omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia con riferimento al combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 21 e 74, ex art. 360 c.p.c., n. 5, e violazione delle norma sopra citate nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 39, ex art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la pronuncia impugnata per aver erroneamente applicato l’art. 74 cit., riconoscendo l’applicabilità degli artt. 21 e 39 del D.P.R. n. 600 del 1973.
4 La prima censura è fondata.
Ed invero, per consolidato indirizzo di questa Corte, ogni controversia che riguardi la composizione stessa del gruppo sociale comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti (Cass. n. 5119 del 2004; Cass. n. 4226 del 1991), poichè esso ricorre non solo nei casi espressamente previsti dalla legge, ma anche laddove, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (Cass. n. 121 del 2005), come avviene, appunto, quando sia controversa la configurabilità di una società di fatto ai fini della pretesa tributaria (Cass. n. 14387 del 2014). Una volta accertata la qualità di socio, vale poi il principio di unitarietà dell’accertamento su cui si basa la rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e dei soci delle stesse, con automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, con la conseguenza che il ricorso tributario proposto da uno dei soci, o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che i soci, i quali tutti debbono perciò essere parti del procedimento, non potendo la relativa controversia essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; e ciò per la ragione che essa non attiene ad una singola posizione debitoria, ma alla comune fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato (Cass. n. 20075 del 2014; Cass. n.15566/2016). Anche con riferimento all’Irap, questa Corte ha affermato che, trattandosi di imposta assimilabile all’Ilor – in forza dei suo carattere reale, della sua non deducibilità dalle imposte sui redditi e della sua proporzionalità (cfr. D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 17, comma 1 e art. 44) ed essendo essa imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, al pari delle imposte sui redditi, il litisconsorzio necessario del soci sussiste anche nel giudizio di accertamento della relativa imposta dovuta dalla società (Cass. Sez. sent. 10145 del 2012; Cass., sent. n. 13767 del 2012).
In tutti questi casi, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile – anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (Cass. Sez. U, n. 14815 del 2008; coni., ex multis, Cass., sent. n. 1047 del 2013, n. 13073 e n. 23096 del 7012). Pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata nè dal collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire í processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 29, nè dal collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., u.c. (Cass., Sez. U, n. 3678 dei 2009; conf. Cass. n. 12547 e n. 7212 del 2015, n. 18127 del 2013, n. 5063 del 2010, n. 138825 del 2007).
4. In tal senso deve disporsi per la controversia in oggetto, atteso che, come da ricerche effettuate, il giudizio incardinato dai soci è stato sospeso dalla CTP in attesa della pronuncia di questa Corte sul ricorso della società GEA DI GIUNTONI GIORGIO E C. , concernente appunto gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità dí un caso di litisconsorzio necessario originario e relativa necessità di integrazione, essendosi il giudizio di merito celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari.
In conclusione, dichiarata la nullità dell’intero giudizio, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice di primo grado.
Il ricorso va, dunque, accolto con riferimento alla prima censura, assorbita la seconda.
P.Q.M.
La Corte Accoglie il primo motivo del ricorso,assorbito il secondo;
Dichiara la nullità della sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in altra composizione che deciderà anche sulla spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione, il 12 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018