Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27615 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ORONZO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24705/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Eredi P.G. – ditta individuale;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, – Sez. 35 n. 113/35/10 depositata in data 14/10/2010 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 settembre 2018 dal Cons. Dott. Marcello M. Fracanzani;

RILEVATO

che la contribuente reagisce avverso l’avviso di recupero del credito di imposta ex L. n. 388 del 2000 per investimenti in aree svantaggiate;

che, nello specifico, il provvedimento opposto trova scaturigine dai controlli dell’Ufficio donde emerge che il credito di imposta sia stato utilizzato per acquistare un veicolo Toyota Land Cruiser, d4d (a trazione integrale), Gx cinque porte, immatricolato come “autocarro” per servire quale bene strumentale all’impresa di panificazione gerita dalla società odierna ricorrente;

che i giudizi di merito sono stati favorevoli al contribuente e che, segnatamente, il giudizio di appello ha argomentato come non vi fossero limitazioni normative sui veicoli da immatricolare e che fosse onere dell’Ufficio dimostrare che il veicolo in questione non avesse le caratteristiche del bene strumentale o che fosse versato nel concreto ad un uso diverso da quello di bene aziendale;

che ricorre la Difesa erariale affidandosi a quattro motivi di gravame;

che è rimasta intimata la parte contribuente.

CONSIDERATO

che con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in combinato disposto con la L. n. 388 del 2000, art. 8 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 121 bis (ora art. 164), in parametro all’art. 360, comma 1, n. 3;

che, nello specifico, si contesta la violazione del riparto dell’onere della prova: se, infatti, è l’Ufficio a dover provare (anche in via presuntiva) l’esistenza e la consistenza di un’obbligazione tributaria, specularmente incombe sul contribuente l’onere di dimostrare le condizioni di sgravio o i benefici di cui ritiene potersi giovare;

che, più propriamente, in materia di credito di imposta non spettava all’Ufficio dimostrare la non inerenza del bene all’impresa e la violazione delle regole sul credito di imposta, bensì spettava al contribuente allegare la prova della strumentalità del bene per cui si era giovato del credito di imposta, secondo la norma agevolatrice degli investimenti in area svantaggiata;

che la CTR non avrebbe seguito questo principio, chiedendo all’Ufficio di dimostrare ciò che doveva essere provato dal contribuente;

che il motivo è fondato e merita accoglimento;

che questa Corte in più occasioni ha precisato che quando l’Amministrazione finanziaria contesti l’indebito utilizzo del credito di imposta o la deduzione di costi è onere del contribuente dimostrare la correttezza del proprio operato, poichè a fronte di contestazioni precise – ancorchè indiziarie – spetta al contribuente superarle allegando elementi probatori precisi (cfr. Cass. 21935/2007);

che risulta in atti come la contestazione dell’Ufficio si sostenga sugli argomenti che il veicolo in questione – per quanto immatricolato formalmente come autocarro – fosse un veicolo tipo fuoristrada/suv, dotato di cinque porte (quindi privo di cassone), ma dotato di porte posteriori dove erano presenti sedili per passeggeri, mentre la parte dedicata al trasposto di cose fosse limitata al normale vano bagagli, di dimensioni non coerenti con l’asserita strumentalità per l’attività d’impresa e comunque inferiori alla metà dello spazio utile del veicolo;

che a fronte di dette puntuali osservazioni era onere del privato dimostrare la coerenza e la funzionalità del veicolo all’attività di impresa che, nel caso specifico, consisteva in un panificio;

che con il secondo motivo di lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, in combinato disposto con il D.P.R. n. 917, art. 121 bis (ora art. 164) e con il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 54, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

che, più precisamente, la Difesa erariale rimarca il tenore della norma, delle circolari esplicative e della prassi, per cui l’agevolazione eccezionale a sostegno di investimenti in territori svantaggiati richiede ai fini della deducibilità integrale una stretta correlazione fra l’organizzazione di impresa ed il bene che ne è servente, sicchè la prova della strumentalità è offerta tramite simulazione delle conseguenze imprenditoriali in assenza del bene di cui trattasi, verificandone cioè l’essenzialità ai fini aziendali;

che, nel concreto, il giudice d’appello non ha fatto buon governo di questo principio, perchè non ha motivato come il veicolo potesse svolgere questo ruolo con le sue caratteristiche specifiche;

che il motivo è fondato e merita accoglimento, poichè il veicolo in oggetto non riveste le caratteristiche richieste da telos e ratio norma agevolatrice, tesa a favorire gli investimenti in beni strumentali effettivamente necessari e serventi allo sviluppo di imprese nelle aree ritenute svantaggiate;

che con il terzo motivo di propone sostanzialmente il medesimo profilo come insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio, in parametro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

che, così come proposto, il motivo può ritenersi assorbito nel precedente;

che con il quarto motivo si lamenta omissione di pronuncia per violazione dell’art. 112 c.p.c., in paramentro all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

che, specificamente, la Difesa erariale lamenta non esser data risposta ad un capo di domanda specificamente formulato in appello come critica su capo di sentenza di primo grado, ove il giudice di prime cure ha richiamato un asseritamente inesistente D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 54;

che il motivo è infondato e va disatteso;

che, infatti, la sentenza di secondo grado prende posizione su questo punto a pag. 3, ottavo capoverso: in disparte la congruità dell’argomentazione, occorre dare conto dell’esistenza della risposta alla doglianza, sicchè non ricorre il lamentato vizio di omissione di pronuncia o di mancata corrispondenza fra chiesto e pronunciato;

che, in definitiva, il ricorso è fondato e merita accoglimento in ordine ai profili attinti dal primo e secondo motivo di gravame, la sentenza cassata e rinviata al giudice di merito.

P.Q.M.

Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, rigettato il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. per la Sicilia – Palermo in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese della presente fase di giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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