LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9811/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
C.M.R., rappresentata e difesa dall’Avv. Paola Fraschetti e dall’Avv. Fabio Buchicchio, come da procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Pietro Favallo, in Roma, Via Pomezia, n. 44;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Umbria, n. 42/3/2011, depositata il 25 febbraio 2011;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre 2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.
RITENUTO IN FATTO
1. L’Agenzia delle entrate emetteva cartella di pagamento d.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis nei confronti di C.M.R., con riferimento all’anno 2002, in quanto la contribuente aveva presentato la dichiarazione dei redditi per l’anno 2001, solo il 21/1/2005, quindi oltre il termine di novanta giorni di cui al d.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7 da considerarsi, quindi, come omessa, sicché era stato disconosciuto il credito di imposta relativo all’anno 2001, con iscrizione a ruolo della somma di Euro 6.100,00.
2. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso, in quanto il ritardo nella presentazione della dichiarazione dei redditi non poteva comportare la perdita del diritto alla utilizzazione dei crediti in essa contenuti, così come non determinava per il fisco la perdita del diritto alla riscossione delle imposte dovute sugli imponibili in essa indicati.
3. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello proposto dall’Ufficio, in quanto la tardiva presentazione della dichiarazione dei redditi non determinava di per sé la perdita del credito di imposta ivi esposto, a condizione che il contribuente fornisse la dimostrazione della effettiva spettanza del credito. Una diversa ricostruzione della normativa avrebbe comportato un ingiustificato arricchimento per l’amministrazione finanziaria.
4. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.
5. Resisteva con controricorso la contribuente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “violazione e falsa interpretazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la dichiarazione dei redditi presentata con un ritardo superiore ai novanta giorni deve considerarsi omessa ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2,comma 7. La dichiarazione dei redditi relativa al 2001, presentata solo nel 2005, non può esplicare effetti sulla dichiarazione dei redditi del periodo di imposta 2002, ricostituendo retroattivamente il credito da utilizzare in tale ultimo periodo.
1.1. Tale motivo è fondato.
Invero, è pacifico che la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2001, recante un credito di imposta, è stata presentata solo il 21-1-2005, quindi oltre il termine di novanta giorni di cui al d.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7 sì da dovere essere considerata omessa.
L’art. 2, comma 7 D.P.R. predetto prevede che “Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti di imposta”.
Pertanto, tale disposizione consente all’amministrazione di riscuotere le somme dovute dal contribuente in base agli imponibili indicati nelle dichiarazioni presentate con ritardo superiore ai novanta giorni, da indicare come omesse, mentre non permette di utilizzare in compensazione per l’anno successivo i crediti di imposta indicati in tali dichiarazioni tardive.
La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la omessa presentazione della dichiarazione dei redditi (in quanto tardiva), nella quale è stato utilizzato in compensazione il credito di imposta, ne comporta il disconoscimento con conseguente debenza dell’imposta portata in cartella esattoriale d.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis (Cass. Civ., sez. 5, 22 luglio 2015, n. 15413).
Peraltro, agli stessi risultati è giunta la giurisprudenza di legittimità anche in tema di iva, con l’affermazione che l’omessa presentazione della dichiarazione annuale esclude, per il contribuente, la possibilità di recuperare il credito maturato nel relativo periodo di imposta attraverso il trasferimento della detrazione del periodo di imposta successivo. In tal caso, quindi il contribuente può esercitare soltanto il diritto al rimborso, ricorrendone i presupposti (Cass. Civ., 22 settembre 2011, n. 19326; mentre Cass. Civ., 3228/2002 citata dalla controricorrente, ove si tratta del diritto al rimborso del credito di imposta).
1.2. La sentenza impugnata deve essere cassata ma, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può decidersi nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.
1.3. Le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, per la peculiarietà della fattispecie esaminata, mentre vanno poste a carico della resistente, per il principio della soccombenza, le spese del giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito. Condanna la resistente a rimborsare in favore della ricorrente le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018.