LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. PACILLI Giuseppina A.R. – Consigliere –
Dott. ARIOLLI Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 761-2012 proposto da:
SIFE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO MOSCHETTI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI PADOVA;
– intimati –
Nonchè da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente incidentale –
contro
SIFE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO MOSCHETTI;
– controricorrente all’incidentale –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI PADOVA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 79/2010 della COMM.TRIB.REG. di VENEZIA, depositata il 14/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/10/2018 dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 79/7/2010 la C.T.R. di Venezia Sez. 7 accoglieva parzialmente l’appello della società SIFE s.p.a. avverso la decisione della CTP di Padova (sentenza n. 29/09/2008) che, nel rigettare il ricorso della contribuente, aveva ritenuto la legittimità dell’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate ha rettificato la perdita di esercizio dichiarata dalla società per l’anno 2003 nel reddito imponibile ai fini IRPEG e IRAP, recuperando a tassazione costi indebitamente detratti perchè non inerenti all’attività dí impresa o perchè le relative fatture non presentavano gli elementi di determinabilità e di certezza, accertando ai fini IVA una maggiore imposta; ha assoggettato altresì a tassazione una sopravvenienza attiva per Euro 174.206 quale mancato pagamento di un debito verso fornitori esteri, erroneamente fatto oggetto di sanatoria da parte della società ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 14, comma 3, e per l’effetto non dichiarato ai fini fiscali.
In particolare, la CTR così provvedeva: 1) sul punto 7 dell’avviso di accertamento relativo ai costi di refrigerazione ed oneri accessori, dichiarava legittima la deducibilità delle spese del personale dipendente come quantificati in Euro 207.000,00 per le prestazioni di servizi fornite dalla società Dal Bello Sife s.r.l. e in Euro 13.349,00 per le prestazioni di servizi della società Arpigi s.p.a. e di conseguenza riduceva la ripresa a tassazione da complessivi Euro 596.474,00 ad Euro 376.125,74; 2) dichiarava illegittima la ripresa a tassazione degli oneri di facchinaggio per Euro 89.091,65 perchè deducibili ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 (punto 4 dell’avviso di accertamento); 3) dichiarava illegittima la ripresa a tassazione della sopravvenienza attiva di Euro 174.206,48 in applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 14,comma 3, (punto 6 dell’avviso di accertamento); 4) riduceva la maggiore IVA accertata in proporzione ai costi riconosciuti di cui ai rilievi n. 7 e n. 4. Confermava nel resto la decisione impugnata compensando tra le parti le spese del giudizio.
La società SIFE s.p.a., in persona del legale rappresentante, ricorre con cinque motivi per la cassazione della sentenza di appello, “con le conseguenziali statuizioni di legge anche in ordine alle spese”.
Controricorre l’Agenzia delle Entrate, la quale chiede di respingere il ricorso perchè infondato. L’Ufficio, con riferimento ai capi della sentenza di appello per i quali è risultato soccombente, con due motivi propone anche ricorso incidentale, ai quali resiste la ricorrente con apposito controricorso.
Tanto premesso, va rigettato il ricorso proposto dalla società Sife s.p.a..
Il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, nonchè dell’art. 2697 c.c. sul rilievo che la CTR avrebbe valutato l’inerenza di alcuni costi in relazione all’attività del fornitore del servizio (trattasi di parte delle spese sostenute per i servizio di refrigerazione e di maturazione dei prodotti ortofrutticoli), anzichè riguardo a quella dell’acquirente, è manifestamente infondato. Invero, nella motivazione della sentenza impugnata il diniego della deducibilità delle spese sopra indicate, lungi dal fondarsi sulla valutazione dell’inerenza dei costi sostenuti dalle società fornitrici, poggia invece e correttamente sull’assenza di inerenza dei costi portati in deduzione rispetto all’attività svolta dalla società contribuente. Si è infatti richiamata una molteplicità di elementi fattuali (specificamente indicati in motivazione, vedi pag. 4 primo capoverso della decisione) che ragionevolmente esclude la corrispondenza delle prestazioni rese con l’attività esercitata dalla Sife s.r.l., anche in ragione dell’assoluta genericità ed indeterminatezza delle fatture di riferimento.
Inammissibile e comunque infondato è il secondo motivo di ricorso con cui si deduce l’insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio con particolare riguardo all’esclusione di taluni costi del servizio di refrigerazione e maturazione dei prodotti ortofrutticoli prestato a favore della Sife s.p.a. L’esclusione poggia, infatti, per come sopra evidenziato, su una motivazione congrua e scevra da vizi logici, alla luce degli specifici elementi probanti addotti dall’Ufficio e di cui si è dato atto in sentenza. Nessuna illogicità e/o contraddittorietà è poi ravvisabile nell’avere riconosciuto a favore della società ricorrente l’inerenza di alcuni costi rispetto ad altri, fondandosi il diniego su concreti elementi che fanno proprio riferimento a dette prestazioni. Nè può chiedersi a questa Corte di svolgere una valutazione sull’inerenza del costo, trattandosi di profilo di merito precluso in questa sede.
Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c.. In particolare, la censura attiene all’omessa pronunzia da parte della CTR sulla domanda di parziale annullamento della ripresa fiscale di alcuni costi di refrigerazione (nella specie quelli relativi ai costi dei servizi resi dalle società Dal Bello Sife s.r.l. e Arpigi s.p.a. in considerazione del fatto che, secondo quanto asseverato dal perito di parte, la differenza tra i corrispettivi fatturati per i servizi di refrigerazione e i costi inerenti sostenuti dalle ditte fornitrici costituiva il margine di guadagno per tali servizi). Al riguardo, la CTR, dopo aver dato atto che nel thema decidendum era anche compreso il profilo relativo alla domanda subordinata di annullare parzialmente la ripresa fiscale inerente detti specifici costi, con richiesta di rideterminarne la misura (che la ricorrente aveva stimato in Euro 82.643,00) ha proceduto, confrontandosi con la perizia di parte (espressamente menzionata anche nelle pagine e negli importi), alla loro rideterminazione, rivedendo la misura del costo plus. Nè può assurgere al vizio di omessa pronunzia la circostanza che il giudice del merito si sia discostato dalle prospettazioni dell’appellante, giungendo a determinazioni di tipo differente. Affinchè sussista il vizio di omessa pronunzia occorre la totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale evenienza non ricorre nel caso in esame.
Infondato è il quarto motivo di ricorso con cui si deduce l’insufficiente motivazione circa fatti decisivi e controversi per il giudizio. In particolare, il vizio della motivazione sarebbe ravvisabile nella parte in cui la CTR conferma la riduzione operata (in modo del tutto immotivato ed arbitrario) dall’Ufficio in relazione a talune spese inerenti delle ditte fornitrici (costi di energia elettrica, riscaldamento, acqua e manutenzione, ecc.) ed inoltre dove riduce l’importo inerente delle spese per il personale dipendente, attribuendone una percentuale inverosimile ad altra attività svolta dalle medesime ditte fornitrici (quella di compravendita di prodotti ortofrutticoli) in base ad un criterio di ripartizione del costo del tutto inadeguato a dimostrane l’inerenza. La CTR invece, con motivazione congrua e scevra da vizi logici ha, quanto al primo aspetto (relativo ad es. alle spese di energia elettrica, consumo ed acqua, manutenzione e riparazione ecc.), chiarito che la riduzione operata si giustifica stante la loro riferibilità anche all’attività di compravendita, facente parte delle attività sociali delle ditte fornitrici per come ammesso dalla stessa società appellante (vedi anche pag. 3 della sentenza impugnata); quanto al secondo aspetto (spese per il personale dipendente che sono state, in accoglimento dell’appello, parzialmente riconosciute dalla CTR), la riduzione è stata operata in proporzione all’incidenza delle altre attività svolte collateralmente alla prestazione del servizio di refrigerazione, tenendo conto del fatturato delle merci vendute alla Sife s.r.l. rispetto a quello complessivo derivante anche dalla prestazione del servizio di refrigerazione (avente natura principale), alla luce dei dati ricavabili dalla stessa perizia di parte. La riduzione dei costi operati è dunque supportata da adeguata e logica motivazione, facendo riferimento ad elementi di carattere contabile pertinenti. Nè in questa sede può chiedersi alla Corte di legittimità di operare una rilettura degli elementi fattuali pervenendo a valutazioni e conclusioni proprie del giudice di merito.
Inammissibile è, infine, il quinto motivo di ricorso con cui si deduce l’omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, sul rilievo che sarebbe stato disatteso il criterio del riparto proposto dal consulente della difesa (sulla scorta della movimentazione dei cartoni). Al riguardo – premesso che il criterio indicato proviene da perizia stragiudiziale e, dunque, assume soltanto la natura di argomento di prova – la CTR, avendo motivatamente indicato i criteri in ragione dei quali ha riconosciuto la riduzione di ripartizione e riduzione dei costi, non era tenuta specificamente ad enunciare anche le ragioni per le quali si è discostata da quello prospettato dalla società contribuente, in quanto implicitamente disatteso. Non ricorre, infatti, il vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia se l’omissione riguarda una tesi difensiva o un’eccezione che, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto della tesi o dell’eccezione (Cass., n. 14486/2004, Rv. 575700).
Va rigettato anche il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate.
Inammissibile è il primo motivo con cui si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 in relazione al rigetto dell’eccepita inutilizzabilità della documentazione giustificativa prodotta in sede giurisdizionale dalla società Sife s.p.a. ad integrazione della censurata genericità delle fatture poste a fondamento del riconoscimento delle spese di facchinaggio fatturate dalla cooperativa GSL. In particolare, la doglianza attiene al fatto che tali documenti giustificativi non fossero utilizzabili in giudizio perchè non vennero prodotti dalla parte in corso di verifica, benchè all’epoca i verificatori ne avessero fatto richiesta. La CTR, invero, ha escluso che vi sia stato un rifiuto di esibizione di documenti e tanto meno una colpevole, perchè negligente, affermazione di non possederli. Di conseguenza, la doglianza finisce per attenere più che ad aspetti di diritto, a profili valutativi di risultanze di fatto che spettano al giudice del merito.
Infondato è poi il secondo motivo con cui si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 14,comma 3, laddove il giudice di appello ha riconosciuto gli effetti del condono relativo alla ripresa a tassazione di una sopravvenienza attiva per mancato pagamento di un debito residuo verso fornitori. Posto che la società aveva semplicemente stralciato una voce di debito verso fornitori ritenendola non più dovuta stante l’inadempimento al pagamento della stessa, non si verteva, ad avviso dell’Ufficio, in passività fittizie o inesistenti o indicate per valori superiori a quelli effettivi, uniche condizioni che avrebbero consentito alla società di avvalersi del condono. Il rilievo di realità della posta in esame avanzato dall’Ufficio, però, si fonda, a fronte della dichiarazione di fittizietà e/o inesistenza asseverata dalla parte nella domanda di condono, soltanto sulla fattura (che non risulta mai essere stata pagata), documento che, in assenza di ulteriori elementi di prova quali l’effettivo trasporto e consegna della merce, il contratto, lo scambio di corrispondenza, di fax, o mail, non è sufficiente a dimostrare l’inesistenza del presupposto legale legittimante il ricorso alla sanatoria. Pertanto, anche laddove si ritenesse errato il riferimento contenuto in sentenza ad una preclusione per l’Ufficio a sindacare le ragioni del condono potendo sempre verificarne i presupposti legali, l’Ufficio non ha comunque fornito prova sufficiente ad escludere la fittizietà e/o l’inesistenza dell’operazione.
Quanto alle spese del presente giudizio, ritiene il Collegio di disporne la compensazione tra le parti per la complessità delle questioni trattate e la soccombenza reciproca.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso della società Sife s.p.a. ed il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate. Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018