Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27635 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26881/2013 proposto da:

F.B., F.A., F.G.A., F.D., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA APPIA NUOVA 96, presso lo studio dell’avvocato PAOLO ROLFO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO LUPPI;

– ricorrenti –

contro

P.A., Z.M.R., M.G., ZA.FR.;

– intimati –

avverso le sentenze – n. 349/2011 – n. 1179/2012 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 4/4/2011 e il 22/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/04/2018 dal Consigliere CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO che:

Con sentenza non definitiva del 2004 il Tribunale di Mantova costituiva servitù di passaggio coattivo, in favore dei terreni di proprietà di P.A., Z.M.R., M.G. e ZA.FR. e a carico dei terreni di F.A., F.B., G.A. e F.D., rimettendo la causa in istruttoria per l’individuazione del tracciato della servitù e per la determinazione dell’indennizzo di cui all’art. 1053 c.c.. Con sentenza definitiva del 2007 il Tribunale di Mantova individuava il percorso della servitù di passaggio, indicando la dimensione della strada e le modalità di esecuzione, e determinava l’indennità dovuta.

Avverso la sentenza definitiva ha proposto appello principale F.A.; si costituivano P.A., Z.M.R., M.G. e ZA.FR. chiedendo il rigetto dell’impugnazione; si costituivano pure F.B., G.A. e F.D. facendo proprie le censure formulate da F.A. e facendo a loro volta valere appello incidentale.

Con la sentenza parziale n. 349/2011, la Corte d’appello di Brescia ha, respinti gli altri, accolto il quarto motivo dell’appello principale e, accertato il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva del 2004, ha dichiarato “che è dovuto l’indennizzo in relazione alla costituzione della servitù coattiva di passaggio a carico del *****” e ha disposto “per la relativa quantificazione come da separata ordinanza”. La sentenza definitiva n. 1179/2012, della Corte d’appello di Brescia, ha deciso “l’unica questione residua” e ha determinato l’indennità in Euro 39.037,15.

Avverso le due sentenze ricorrono in cassazione F.B., G.A., F.D. e F.A..

Gli intimati P.A., Z.M.R., M.G. e ZA.FR. non hanno proposto difese.

CONSIDERATO

che:

Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del ricorso per violazione del precetto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, che prescrive che il ricorso, a pena di inammissibilità, deve contenere la specifica indicazione degli atti processuali sui quali si fonda.

I ricorrenti impugnano sia la sentenza parziale n. 349/2011 che la sentenza definitiva n. 1179/2012. In relazione alla sentenza parziale non menzionano nel ricorso di aver tempestivamente formulato riserva di impugnazione. L’art. 360 c.p.c., comma 3, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, comma 1, distingue tra le “sentenze che decidono di questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio”, assoggettandole all’impugnazione per cassazione necessariamente differita, e le sentenze non definitive su domanda o parziali, assoggettandole invece all’impugnazione per cassazione immediata ovvero, in alternativa, all’impugnazione differita con onere di formulazione della riserva di ricorso (cfr. Cass. 18104/2010). La sentenza n. 349/2011 è indubbiamente pronuncia che non si è limitata a decidere una questione, ma ha definito parzialmente il giudizio, riconoscendo l’indennizzo, rinviando per la sola determinazione del quantum, come d’altro canto affermano gli stessi ricorrenti che qualificano la pronuncia come “sentenza parziale” (cfr. pp. 1 e 10 del ricorso).

La mancata indicazione della tempestiva formulazione della riserva di impugnazione – rilevabile d’ufficio da questa Corte, trattandosi di atto processuale sul quale si fonda l’ammissibilità dell’impugnazione (cfr. Cass. 13679/2004) – rende inammissibile il ricorso. L’unico motivo (che denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla ritenuta preclusione per effetto del giudicato interno) è infatti diretto solamente verso la pronuncia parziale, laddove ha rigettato i primi tre motivi di appello e confermato l’inserimento del ***** (pp. 10 ss. del ricorso, pp. 5-8 della sentenza parziale n. 349/2011), non censurando in alcun modo la pronuncia definitiva n. 1179/2012, che si è limitata a quantificare l’indennizzo riconosciuto dalla parziale.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Nulla si dispone in punto spese non essendosi gli intimati difesi in questo giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-bis, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 6 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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