Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27642 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21407/2014 proposto da:

G.R. e B.S., rappresentati e difesi da quest’ultimo;

– ricorrenti –

contro

*****, in persona dell’Amministratore pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 405/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 25/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/06/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO.

RILEVATO

che:

1. Con sentenza depositata il 25/03/2014 la corte d’appello di Genova ha confermato, su appello dell’avv. B.S. nei confronti del *****, la dichiarazione del tribunale di inammissibilità di impugnazione della Delib. dell’assemblea in data ***** – capo 2 dell’o.d.g., accogliendo parzialmente l’appello sul solo governo delle spese.

2. A sostegno della decisione, la corte d’appello, analogamente a quanto determinato dal tribunale, ha considerato che la “delibera” impugnata (“a norma dell’art. 21 regolamento di condominio si richiede la rimozione dei vasi”, di cui l’amministratore aveva dichiarato di aver preso visione in quanto appoggiati sul lastrico solare) costituisse un “invito bonario a un condomino di adeguarsi a una richiesta informale”, che “non impegna il condominio ad agire e non ha valore di deliberazione”, con “conseguente difetto di interesse all’impugnazione”. Ha anche considerato che non si trattasse di delibera “programmatica”, la quale pure deve avere contenuto deliberativo e non di mero invito.

3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’avv. B.S. in base a otto motivi. Il condominio non ha svolto difese.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 100 e 115 c.p.c., nonchè artt. 1362 e 2697 c.c. e di “principi regolatori della materia”, oltre omesso esame. Si contesta la valutazione della corte d’appello secondo la quale l’atto impugnato non costituisce delibera.

2. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 100 e 115 c.p.c., nonchè di “principi regolatori della materia”, oltre omesso esame. Si contesta la decisione. della corte d’appello in ordine alla carenza di interesse a impugnare per motivi formali. “meri generici inviti o richieste… a destinatario impersonale”.

3. Con il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo si lamentano altrettante violazioni di “norme di diritto”, non precisamente indicate nell’intestazione di ciascun motivo, sostenendo che la presunta delibera impugnata sarebbe invalida in quanto rispettivamente: – sarebbe carente dell’indicazione dei nomi dei partecipanti e dei relativi millesimi di proprietà; – sarebbe stato violato il diritto alla previa informazione sul tema; – sussisterebbe nullità per abuso o carenza di potere; – sussisterebbe nullità per violazione di legge, e in particolare del diritto individuale di proprietà; – sussisterebbe nullità per impossibilità dell’oggetto per sua indeterminatezza.

4. Con l’ottavo motivo si deduce “nullità della sentenza e dell’intero giudizio per violazione e/o erronea interpretazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 115,116 e 209 c.p.c.; carenza di istruttoria”. Si lamenta, tra l’altro, la mancata ammissione di prove.

5. Il primo e il secondo motivo, strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e dichiarati inammissibili per analoghe ragioni, con assorbimento dell’esame degli ulteriori motivi. 5.1. Invero con i primi due motivi, sotto la veste di censure per violazione di legge e omesso esame, il ricorrente avanza in effetti inammissibili istanze di riesame, nel merito, del convincimento raggiunto dalla corte locale circa il contenuto della deliberazione assembleare.

5.2. Al riguardo, va richiamato che il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata a questa corte dal R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 65), mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

5.3. Quanto, poi, a tale ultimo vizio (declinato nel presente procedimento ratione temporis secondo il testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, successivo alla modifica di cui al D.L. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, che limita al minimo costituzionale dell'”omesso esame” di fatti storici il controllo sulla motivazione), esso sussiste in presenza di indicazione di effettivi “fatti storici” del tutto trascurati.

5.4. Orbene, nel caso di specie, fermo restando che nessuna erronea applicazione della legge la corte d’appello ha posto in essere, avendo fatto corretto governo della disciplina in tema di deliberazione dell’assemblea del condominio, dopo avere desunto – con apprezzamento incensurabile di merito – il contenuto dell'”invito” assembleare da una serie di elementi, prevalentemente basati sul testo del verbale, che il ricorrente tenta di smentire, le censure dedotte per violazione di legge attengono, piuttosto, alla ricognizione della fattispecie concreta. Quanto ai presunti omessi esami, di nessun fatto storico i motivi indicano la totale pretermissione da parte della corte d’appello: va richiamato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (nel caso di specie, in sostanza, il contenuto dell'”invito”), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

6. I motivi dal terzo al settimo sono assorbiti, in quanto essi appaiono come riproposizioni di censure avverso la Delib. (e non avverso la sentenza impugnata), destinate a valere ove – in base all’accoglimento dei primi due motivi, condizione non avveratasi – le stesse avrebbero potuto riassumere rilevanza ai fini di un eventuale giudizio di rinvio. Tanto consente a questa corte di esimersi dall’esame della loro ammissibilità (in relazione, ad es., alla carente indicazione delle norme ritenute violate, alla pertinenza rispetto alle precedenti deduzioni, ecc.).

7. Parimenti è assorbito l’ottavo motivo, posto che anche il profilo probatorio risulta dipendente dall’esito dell’esame dei primi due motivi.

8. In definitiva, il ricorso va rigettato, senza che debba pronunciarsi sulle spese stante il mancato espletamento di difese da parte dell’intimato. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 28 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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