LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7414-2014 proposto da:
Società S. UNIFIASS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO STABILE;
– ricorrente –
contro
Società ALLIANZ S.p.A., (già RIUNIONE ADRIATICA di SICURTA’
S.p.A.), in persona del legale rappresentante MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLO ZUCCHINALI, BONAVENTURA MINUTOLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3387/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/07/2018 dal Consigliere RAFFAELE SABATO.
RILEVATO
che:
con sentenza depositata in data 04/09/2013 la corte d’appello di Milano ha rigettato l’appello proposto dalla S. Unifiass s.r.l. avverso la sentenza del tribunale di Milano depositata il 26/10/2010 che ha rigettato le domande della stessa s.r.l. nei confronti della Ras s.p.a. (successivamente Allianz s.p.a.) di accertamento della carenza di giusta causa di recesso da contratto di agenzia e di consequenziali condanne al pagamento di indennità sostitutiva del preavviso, di risoluzione e altre voci, e che ha accolto la riconvenzionale della s.p.a. di condanna della s.r.l. al pagamento del differenziale tra il saldo di cassa della gestione dell’agenzia e il credito dell’attrice per indennità di fine rapporto quantificato in Euro 626.041,16 oltre interessi;
a sostegno della decisione, la corte d’appello ha considerato:
a) sussistere la giusta causa di recesso, non essendo imputabile alla mandante il risultato economico negativo per non aver essa obbligo di affidare ulteriori agenzie o garantire apporti di ulteriori promotori finanziari; non essere idonea la raccomandata del 26/05/2003 a far emergere una consapevolezza della mandante circa lo sbilancio, descrivendo comunque la missiva una situazione ben distante da quella reale; essere i comportamenti gravi e censurati anche dall’ISVAP;
b) essere corretta la decisione in ordine ai conteggi, fondata non soltanto sulla c.t.u., ma anche sulle osservazioni critiche a essa mosse, che tuttavia non avevano fatto emergere errori;
conseguentemente, in particolare, è stato ritenuto dovuto dalla S. Unifiass il pagamento delle quote di interessi e capitale per la maggior durata della rateazione;
avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione la S. Unifiass s.r.l., articolando sei motivi; ha resistito la Allianz s.p.a. con controricorso.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1742 e 1750 c.c. nonchè dell’art. 2119 c.c. in applicazione analogica, oltre omesso esame di fatto decisivo indicato nei “motivi di insussistenza di giusta causa nel recesso”; nell’ambito del mezzo si sostiene che l’inesistenza della giusta causa e la conoscenza da parte della compagnia assicuratrice del temporaneo sbilancio fosse comprovata da documenti, ciò che sarebbe emerso ancor più chiaramente se fossero stati ascoltati testi;
con il secondo motivo si deducono “vizi di motivazione” in relazione all’art. 1750 c.c. nonchè omesso esame di fatto decisivo indicato nelle “comunicazioni tra le parti circa la situazione di sbilancio nel corso degli anni”; si lamenta non essersi tenuto in alcun conto il contenuto di due documenti, di altra documentazione complementare e del contesto che avrebbe dovuto far ritenere la conoscenza della situazione da parte della compagnia, con insussistenza della giusta causa di recesso;
con il terzo motivo si deducono “vizi di motivazione” nonchè omesso esame di fatto decisivo, “in relazione all’art. 116 c.p.c. per contraddittorietà della sentenza in relazione alla giurisprudenza in materia di recesso per giusta causa”; si lamenta che la sentenza impugnata non abbia tenuto conto della costante giurisprudenza per cui il grave inadempimento debba essere valutato anche soggettivamente, in relazione alla natura fiduciaria del rapporto, non essendo idonea la sola “contrapposizione… tra partite di dare e avere”;
con il quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1750 e 2119 c.c. “per contraddittorietà della sentenza sulla contestata irritualità del recesso per giusta causa”; si deduce che dagli atti di causa non emerge una condotta in contrasto con gli interessi dell’agenzia;
con il quinto motivo si deducono “vizi di motivazione” per omesso esame circa un fatto decisivo indicato nella “palese illogicità della c.t.u. e, comunque,… sua parzialità ai danni della S. Unifiass s.r.l.”; mediante apposite deduzioni separate, si lamenta l’atteggiamento velatamente ostile del c.t.u., le incongruenze e parzialità nella relazione, la circostanza che “la c.t.u. pare scritta da un c.t.p. che tratta l’attrice come sua controparte”, la mancata risposta ai quesiti, nonchè la “mancata validità giuridica della documentazione asseritamente contabile”;
con il sesto motivo si deducono “vizi di motivazione” per omesso esame di fatto decisivo indicato nella “documentazione ISVAP erroneamente interpretata” lamentandosi erronea lettura del doc. 139, contenente anche apprezzamenti per il S.;
i motivi sono tutti inammissibili per plurime ragioni tra le quali: a) il non essere più incluso, a seguito della novellazione, tra i parametri di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 il mero “vizio di motivazione”; b) il non essere riconducibili all'”omesso esame” di cui al nuovo n. 5 di detta norma le doglianze che la parte ricorrente ha sotto tale rubrica intitolato, posto anche che ciò il cui esame sarebbe stato omesso non appare ricondotto a “fatti” storici (cui la norma impone il riferimento), trattandosi piuttosto di presunte mancate valutazioni fattuali o giuridiche imputate alla corte territoriale; c) non essere riconducibili a “violazioni di legge” le doglianze così rubricate dalla ricorrente1 posto che, nell’ambito dei motivi, non si fa questione della negazione o affermazione erronea dell’esistenza o inesistenza di una norma ovvero nell’attribuzione essa di un contenuto che non ha riguardo alla fattispecie delineata, facendosi piuttosto questione della valutazione delle risultanze istruttorie;
al di là di quanto innanzi, sotto la veste di censure ricondotte all’art. 360 c.p.c., comma 1, la ricorrente sottopone inammissibilmente a questa corte di legittimità profili di merito, già valutati dal giudice territoriale cui le relative valutazioni sono rimesse; in definitiva il ricorso va rigettato, regolandosi le spese secondo soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo, alla luce anche della nota specifica in atti; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.
P.Q.M.
la corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 10.260 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 12 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018