Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.27664 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16067/2013 proposto da:

S.P., C.F. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO RISO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE e LELIO MARITATO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1479/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 03/01/2013, R.G.N. 152/2009.

RITENUTO

che:

la Corte d’Appello di Catania con sentenza 1479/2012, accoglieva parzialmente l’appello dell’Inps avverso la sentenza che aveva annullato la cartella di pagamento opposta da S.P., titolare dell’omonima ditta individuale gerente il Bar S., emessa allo scopo di ottenere il pagamento di contributi afferenti alcuni lavoratori; in riforma della sentenza impugnata dichiarava, pertanto, illegittima l’iscrizione a ruolo di contributi e sanzioni relativi al dipendente C.S., per il periodo 15/2/2001 al 16/4/2001, mentre rigettava l’opposizione avverso la cartella relativamente ai contributi dovuti per i rimanenti lavoratori;

a fondamento della decisione, per quanto di interesse, la Corte territoriale sosteneva la fondatezza del primo motivo d’appello dell’INPS atteso che la procedura di riscossione dei crediti previdenziali disciplinata dal decreto legislativo numero 46/99, come si ricavava dal combinato disposto degli artt. 24 e 25, consentiva espressamente l’iscrizione a ruolo dei contributi dovuti in forza di accertamenti ispettivi e non prevedeva dunque alcun atto prodromico di carattere necessario (ma solo la facoltà di inviare l’avviso bonario), tantomeno la preventiva emissione dell’ordinanza ingiunzione. Nè l’iscrizione a ruolo era impedita dalla pendenza della fase contenziosa amministrativa, ma solo da eventuale impugnazione giudiziale del verbale di accertamento nel qual caso l’iscrizione a ruolo avviene sulla base di un provvedimento esecutivo del giudice ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, commi 3 e 4; affermava inoltre che nel merito non era stata in primo luogo formulata alcuna contestazione circa l’addebito relativo alla posizione del dipendente M.A., mentre per quanto riguarda gli altri lavoratori, trovati intenti al lavoro dagli ispettori in data di 3/5/2001, rilevava che le violazioni contestate – concernenti la reale data di inizio del lavoro – trovassero fondamento nelle registrazioni effettuate a libro paga dal datore di lavoro in quanto facenti piena prova contro il datore di lavoro medesimo; il dipendente C.A. invece aveva ritrattato le dichiarazioni rese agli ispettori in sede giudiziale e doveva pertanto ritenersi non assolto l’onere della prova ricadente sull’Inps per il periodo dal 15/2/2001 sino al 16/4/2001;

contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione S.P. con tre motivi illustrati da memoria, ai quali ha resistito l’Inps con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

col primo motivo viene dedotta la violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24 (ai sensi dell’art. 360, n. 3), il quale dispone che, in caso di gravame amministrativo contro l’accertamento attuato dall’ufficio, l’iscrizione a ruolo è eseguita dopo la decisione del competente organo amministrativo e comunque entro il termine di decadenza previsto dall’art. 25; nel caso di specie la ricorrente, preso atto dell’emissione del verbale di accertamento solo accidentalmente, aveva proposto ricorso con raccomandata a/r del 23 luglio 2001, mentre l’ente impositore non aveva edotto la contribuente circa l’esito della procedura di accertamento ma aveva disposto l’iscrizione a ruolo delle somme, con lesione del suo diritto di difesa; in secondo luogo nello stesso motivo si contesta la valenza probatoria dei verbali ispettivi indicati nella sentenza impugnata;

la prima censura è inammissibile in quanto manca l’indicazione della data dell’iscrizione a ruolo dei contributi che consentirebbe di accertare se vi sia stata o meno la violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 4; ed è anche infondato perchè non vi è prova che alla data di notificazione della cartella esattoriale fosse ancora pendente il ricorso amministrativo ovvero che non fosse ancora maturato il silenzio rigetto, e che quindi l’Inps non avesse il potere di iscrizione a ruolo; al contrario risulta dallo stesso ricorso qui proposto che il ricorso amministrativo è stato presentato il 23.7.2001; mentre la cartella è stata notificata il 18.2.2003, ben oltre quindi il termine entro cui potrebbe essere maturato un silenzio rigetto; atteso che in tema di crediti previdenziali, il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 4 – chiaramente finalizzato a deflazionare il contenzioso giudiziario nelle ipotesi in cui non sussista ancora la definitività della pretesa dell’ente – nel prevedere al comma 4 che “in caso di gravame amministrativo contro l’accertamento effettuato dall’ufficio, l’iscrizione a ruolo è eseguita dopo la decisione del competente organo amministrativo e, comunque, entro i termini di decadenza previsti dall’art. 25", va interpretato nel senso che detta decisione può non essere esplicita, potendosi formare il silenzio-rigetto con l’inutile decorso del termine e la conseguente caduta dell’impedimento all’iscrizione stessa, ferma restando la diversa facoltà dell’ente, distintamente prevista dal successivo art. 25, di sospendere la riscossione nell’ipotesi di ricorso amministrativo proposto dopo l’iscrizione a ruolo” (in tali termini sentenze n. 9038/2012 e n. 17096 del 21/07/2010);

la seconda censura sollevata nello stesso motivo è inoltre inammissibile, poichè non contiene l’indicazione delle norme violate; ed è anche infondata perchè costituisce orientamento consolidato che i verbali ispettivi facciano fede fino a querela di falso su quanto riscontrato direttamente dagli ispettori; mentre possano fare semplice prova suscettibile di prova contraria – benchè sufficiente ai fini della decisione della causa su altre circostanze non apprese direttamente dal pubblico ufficiale, come quelle desumibili dalle dichiarazioni rese agli ispettori dai lavoratori o da terzi;

il secondo motivo deduce l’omessa, insufficiente contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; esso è del pari inammissibile perchè si limita a replicare il contenuto astratto del vizio deducibile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, senza contenere, in realtà, nessuna censura contro la motivazione della sentenza, nei limiti previsti dalla stessa norma applicabile ratione temporis;

il terzo motivo denuncia violazione di legge, ma non indica le norme di legge violate; ne consente l’identificazione dei vizi della sentenza mescolando circostanze di fatto con circostanze di diritto e rendendo del tutto incomprensibile la censura sollevata; in violazione del principio di specificità del ricorso per cassazione (artt. 360 e366 c.p.c.);

per quanto precede il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; deve darsi atto, inoltre, che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3700,00, di cui Euro 3500,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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