LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28407-2013 proposto da:
AGENZIA LAORE SARDEGNA, *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS, rappresentata e difesa dagli avvocati MARIA SANTORU e ELISABETTA CORONA;
– ricorrente –
contro
M.B., *****, rappresentato e difeso dall’avv. GIUSEPPE ANDREOZZI, elett.nte dom.to come in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 245/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 28/06/2013 r.g.n. 810/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/06/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ELISABETTA CORONA.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza di primo grado con era stata accolta la domanda proposta da M.B., funzionario di ottava qualifica dell’ERSAT, ora Agenzia LAORE Sardegna, avente ad oggetto il riconoscimento di differenze retributive per lo svolgimento di incarico dirigenziale.
2. Il M. aveva dedotto che, in seguito all’introduzione nell’ordinamento regionale sardo della qualifica della dirigenza ad opera delle L.R. n. 31 del 1998 e L.R. n. 6 del 2000, gli erano state conferite, con decorrenza 4 giugno 1999, le funzioni di sostituto del Direttore del Servizio di Nuoro fino alla data del 27 agosto 2002, quando era stato nominato dirigente con decorrenza da tale data ai fini economici e dal 3 dicembre 1998 ai fini giuridici. Il ricorrente aveva lamentato che nell’esercizio delle funzioni dirigenziali aveva percepito l’indennità di coordinamento, anzichè il trattamento previsto per i dirigenti, comprensivo della retribuzione di posizione e di risultato.
3. La domanda era stata accolta dal Giudice di primo grado per il periodo successivo al 12 luglio 2000, in quanto la L.R. n. 6 del 2000 aveva previsto che, nelle more della definizione dei servizi, le funzioni dirigenziali sarebbero state comunque esercitate, ivi comprese le funzioni di direzione, da parte dei dipendenti preposti alle strutture organizzative secondo il vecchio ordinamento della direzione dei servizi.
4. Nel disattendere i rilievi mossi dall’Ente appellante, secondo cui non era possibile equiparare alle funzioni dirigenziali quelle di sostituto del direttore del servizio fino alla nomina del titolare, la Corte di appello ha osservato che nel caso in esame l’appellato non aveva retto un posto dirigenziale vacante nel periodo necessario per la copertura del posto medesimo, ma aveva esercitato mansioni superiori in esecuzione della Legge regionale secondo cui era da considerare esercizio di funzioni dirigenziali la direzione delle neo-istituite strutture organizzative corrispondenti ai precedenti servizi, prevedendo altresì l’attribuzione dell’incarico di direzione ai funzionari già preposti a tali servizi secondo il previgente ordinamento, in attesa della formale attribuzione delle nuove qualifiche dirigenziali; che l’appellato aveva svolto l’incarico per oltre due anni, fino alla formale attribuzione della qualifica di dirigente; che l’incarico richiedeva necessariamente l’esercizio delle funzioni dirigenziali con pienezza dei poteri ed assunzione di responsabilità.
5. La Corte di appello ha altresì richiamato l’orientamento interpretativo secondo cui l’assunzione temporanea di funzioni dirigenziali in attesa della nomina del dirigente titolare, che può essere compensata con il trattamento accessorio alla qualifica di appartenenza (c.d. reggenza), è per definizione una situazione provvisoria interinale di attribuzione della titolarità di un ufficio sprovvisto temporaneamente di dirigente titolare, mentre la reggenza dell’ufficio che abbia una durata superiore ai limiti tempo ordinariamente previsti per il procedimento di copertura del posto vacante configura svolgimento di mansioni superiori (Cass. n. 9646/2012).
6. Per la cassazione di tale sentenza l’Agenzia LAORE Sardegna propone ricorso affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso il M..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denuncia difetto di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Si assume che la vacanza del posto dirigenziale che il ricorrente era andato a coprire non era circostanza contestata in giudizio.
2. Il secondo motivo denuncia vizio di ultrapetizione (art. 112 c.p.c.) per avere la sentenza esteso l’accertamento di fatto a questioni che non erano state devolute con l’atto di appello. Il giudice di primo grado aveva affermato che l’incarico conferito nel giugno 1999 in base alle disposizioni di cui alla L.R. n. 6 del 2000 costituivano esercizio di funzioni del tutto analoghe a quelle dei direttori di servizio, previsti dalla L.R. n. 31 del 1998. La Corte di appello ha invece affermato un principio diverso, ossia che l’incarico conferito non configura un’ipotesi di reggenza.
3. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto relazione alla L.R. n. 31 del 1998, artt. 71 e 73. Si sostiene che tale combinato disposto, con disposizione transitoria, non aveva attribuito incarichi di direzione ai dipendenti preposti ai servizi, come sostenuto dalla Corte d’appello, ma funzioni dirigenziali limitatamente al periodo transitorio per il passaggio della gestione dal vertice politico alla dirigenza, nella fase di istituzione delle nuove unità organizzative; solo in seguito alla istituzione di tali unità sarebbe avvenuta l’attribuzione degli incarichi.
4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto relazione all’art. 2697 c.c.. Sostiene l’Agenzia ricorrente che il M., sul quale gravava il relativo onere probatorio, non aveva fornito la dimostrazione dell’effettivo svolgimento di mansioni superiori.
5. Con il quinto motivo si censura la sentenza per violazione e falsa applicazione della L.R. n. 31 del 1998, art. 30, comma 3 e art. 36. Si assume che la sentenza del Tribunale aveva riguardato il solo accertamento in fatto dell’esistenza di un provvedimento ERSAT con cui era stato conferito l’incarico di sostituto del Direttore di Nuoro e non anche la descrizione e la prova delle mansioni dirigenziali effettivamente esercitate.
6. Il ricorso è inammissibile in tutte le sue proposizioni.
6.1. Occorre premettere che la normativa di cui la Corte di appello ha fatto applicazione è la L.R. 14 giugno 2000, n. 6, recente modifiche alla L.R. 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione), che all’art. 10 (Esercizio delle funzioni di direzione), così detta: “1. Nella L.R. regionale n. 31 del 1998, art. 73, comma 2 è inserito il seguente: “2 bis. Nelle more dell’attribuzione delle funzioni di direzione, esse sono comunque esercitate, ivi comprese le funzioni dirigenziali di cui agli artt. 8 e 9, dai dipendenti preposti alle strutture organizzative dell’Amministrazione e degli enti ai sensi del previgente ordinamento”.
7. Il primo motivo difetta di pertinenza al decisum (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), poichè l’argomento posto a fondamento della sentenza è che lo svolgimento di mansioni superiori per un periodo più lungo di quello ordinariamente previsto per la copertura di un posto dirigenziale vacante configura il diritto del preposto a percepire il trattamento economico proprio della qualifica superiore, secondo il principio del’ordinamento pubblicistico di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52. La censura svolta da parte ricorrente non si confronta con tale ratio decidendi, opponendone una diversa.
8. In ordine al secondo motivo, non risulta trascritto nel ricorso per cassazione il tenore dell’atto di appello, onde potere comprendere se la sentenza sia incorsa nel vizio di ultrapetizione rispetto alle questioni devolute con i motivi di impugnazione (art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4). Se è vero che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è anche giudice del fatto e ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, è altresì vero che, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, in esatto adempimento degli oneri di cui all’art. 366 c.p.c., tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass. n. 2771 del 2017, n. 1170 del 2004).
9. Il terzo motivo è palesemente inammissibile. La Corte territoriale non ha in alcun modo ritenuto che la Legge regionale avesse attribuito all’odierno ricorrente un incarico dirigenziale. Ha invece affermato che, in forza della riferita previsione normativa, le funzioni della dirigenza sarebbero state svolte in via transitoria dai dipendenti preposti alle strutture organizzative dell’Amministrazione ai sensi del previgente ordinamento. In ragione di ciò, ha affermato che al ricorrente competeva il trattamento economico proprio della dirigenza. Nel caso in esame, si verte in ipotesi di svolgimento in via transitoria di funzioni dirigenziali e che tali fossero le funzioni conferite al M. è un dato espressamente ammesso dalla odierna ricorrente, che ha formulato il terzo motivo di ricorso muovendo dal presupposto che le funzioni attribuite ai preposti in applicazione dell’art. 73, comma 2-bis, cit. avessero natura dirigenziale.
10. In ordine al quarto motivo, è determinante rilevare che nella ricostruzione interpretativa della normativa regionale fornita dalla Corte territoriale, neppure specificamente contestata, la natura dirigenziale delle funzioni conferite in via transitoria ai preposti ai servizi secondo il previgente ordinamento era desumibile dal combinato disposto delle L. n. 31 del 1998 e L. n. 6 del 2000. Non occorreva dunque altra dimostrazione se non l’assunzione della pienezza dei poteri correlati alla funzione conferita in applicazione del disposto di legge.
11. Il quinto motivo è inammissibile, in quanto non specificamente conferente al decisum. Come già osservato con riguardo al quarto motivo, non era neppure contestato in giudizio che le funzioni che la disciplina transitoria consentiva di conferire ai funzionari preposti ai servizi avessero natura dirigenziale, sicchè non occorreva altro accertamento di fatto.
12. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.
13. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, inammissibilità del ricorso) per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi e in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018