LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annnalisa – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20112-2015 proposto da:
INPS ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato PAOLA MASSAFRA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CIGLIANO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2197/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/08/2014 R.G.N. 3201/2008.
RILEVATO
CHE:
1. Il sig. S.F., premesso di avere prestato servizio presso la Direzione Centrale Sistemi Informativi (D.C.S.I.) dell’INPDAP con inquadramento nella posizione ordinamentale C e di avere svolto in via continuativa dal 31 maggio 2000 all’11 febbraio 2005 mansioni dirigenziali di reggenza dell’Ufficio 5^ Area Sviluppo e Manutenzione Applicativi delle D.C.S.I., funzioni conferitegli conferitegli con Det. 31 maggio 2000, n. 69 del Dirigente Generale della D.C.S.I., confermata con il successivo ordine di servizio n. 12 del 6 giugno 2000, adiva il Giudice del lavoro di Roma per il riconoscimento del diritto a percepire la retribuzione corrispondente alla citata qualifica superiore, con condanna dell’Inpdap (ora Inps) al pagamento delle relative differenze retributive.
2. La domanda veniva accolta dal Tribunale, con sentenza confermata dalla Corte di appello di Roma (sent. n. 2197/14, depositata il 21.8.2014), che rigettava l’appello proposto dall’Inps, quale successore ex lege dell’Inpdap, sulla base, in sintesi, dei seguenti argomenti.
2.1. Con Ddet. Dirigente Generale dell’Area n. 69 del 2000 erano stati assegnati gli incarichi di reggenza degli uffici della Direzione Centrale Sistemi informativi – Area Sviluppo e Manutenzione Applicativi; lo svolgimento di tali funzioni, di rango dirigenziale, era stato confermato con successivo ordine di servizio n. 12/2000, a firma del Dirigente Generale, in cui erano state delineate le Aree e gli Uffici; lo S. era stato preposto, quale reggente, all’Ufficio V della predetta Area della D.C.S.I.. Non era dimostrato in giudizio che l’Istituto avesse dato concreta attuazione al nuovo Ordinamento dei Servizi n. 1328/2000 fino agli inizi dell’anno 2005, per cui l’assetto degli uffici dell’Inpdap non era mutato e l’Ufficio cui era stato preposto l’appellante, in qualità di reggente, non era stato soppresso nè modificato.
3. Avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso affidato ad un unico articolato motivo, al quale ha opposto difese lo S. con controricorso.
4. La presente causa è stata trattata all’udienza odierna, in cui sono state esaminate altre cause, diversamente decise della medesima Corte territoriale, vertenti sulla medesima questione di diritto.
CONSIDERATO
CHE:
1. Con unico motivo di ricorso l’Inps, quale successore ex lege del’INPDAP, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ed in particolare al D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 2, 4, 27 nonchè degli artt. 1362 c.c. e segg., anche con riferimento all’allegato A – Declaratorie delle Aree del CCNL 1998/2001 Enti Pubblici non Economici (Area C/C4) e all’allegato B1 – Profili professionali nel sistema di organizzazione dell’INPDAP del CCIE INPDAP 1999/2001, in relazione alla violazione dei principi di cui all’art. 111 Cost. e, in particolare, del comma 7, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU, censura la sentenza per erronea interpretazione della Det. 31 maggio 2000, n. 69. Sostiene che dal contenuto del provvedimento emerge testualmente solo l’istituzione di uffici con una propria autonomia operativa, originata dalla sopravvenuta mancanza dell’attività di coordinamento di tutta l’Area dirigenziale del dirigente trasferito e dalla carenza nella D.C.S.I. di figure dirigenziali; che a tali uffici erano stati attribuiti precedenti “progetti”; che in tale contesto allo S., esperto di informatica, era stata attribuita la titolarità dell’Ufficio 5^, che si occupava dei progetti specificamente previsti nella Det. n. 69 del 2000; che a tale determinazione aveva fatto seguito l’ordine di servizio n. 12/2000, riguardante entrambe le Aree di cui era composta la D.C.S.I. (Area Sviluppo e Manutenzione delle Applicazioni e Area Gestione e Produzione) e che, in ordine alla prima Area (che rileva nel presente giudizio), risultando vacante la figura di coordinamento, permaneva il riferimento ai “progetti facenti capo all’Area” nella consistenza di otto uffici.
1.1. Tanto premesso in ordine all’errata interpretazione del contenuto dei documento, deduce l’Istituto, da un lato, che non può trarsi la qualificazione di ufficio dirigenziale dal solo uso del termine “reggenza”, nè da analoghe dichiarazioni provenienti dai testi, di natura valutativa; dall’altro, che l’articolazione degli uffici di cui alla Det. n. 69 del 2000 e all’ordine di servizio n. 12/2000 non corrisponde all’assetto dell’Ordinamento dei Servizi approvato con Delib. Consiglio di Amministrazione dell’Inpdap n. 298 del 1996 e Delib. n. 451 del 1996, nè a quello dell’Ordinamento dei Servizi approvato con Delib. Consiglio di Amministrazione n. 1328 del 2000.
1.2. In particolare, deve escludersi – rappresenta l’Istituto – che il Dirigente Generale D.C.S.I. possa avere modificato l’ordinamento organizzativo, istituendo uffici dirigenziali, atteso che è soltanto il Consiglio di Amministrazione, su proposta del Direttore Generale dell’Istituto, l’organo competente, tramite l’approvazione dell’Ordinamento dei Servizi, all’individuazione delle strutture dirigenziali di livello generale; ne consegue che, non potendosi ritenere dimostrato che, nell’ambito del modello organizzativo dell’Ente, l’ufficio diretto avesse valenza dirigenziale, anche le relative funzioni sono prive di tale connotato.
2. Preliminarmente, vanno disattese le tre eccezioni di inammissibilità sollevate dal controricorrente: la prima formulata ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 per difetto di specificità dei motivi; la seconda ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 per mancata trascrizione dei documenti su cui il ricorso si fonda; la terza ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 per difetto di specifica indicazione.
2.1. Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 deve essere dedotto, a pena di inammissibilità giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, non solo con la indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a dimostrare motivatamente in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità (in termini, da ultimo, Cass. n. 287 del 2016, n. 25419 del 2014, n. 16760 del 2015, n. 16038 del 2013; conformi: Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 1063 del 2005; Cass. n. 8106 del 2006). Nel caso di specie, il motivo di ricorso ha compiutamente enucleato gli errori giuridici addebitati alla sentenza impugnata, censurando – come sinteticamente sopra indicato l’interpretazione letterale del contenuto dei provvedimenti emessi dal Dirigente Generale della D.C.S.I. (art. 1362 c.c.), l’erronea sussunzione della fattispecie nel concetto di “reggenza” di ufficio dirigenziale, omettendo di considerare che tale qualificazione non può prescindere dall’assetto organizzativo dell’ente quale definito dalla normativa vigente ed applicabile alla fattispecie, nonchè l’erronea qualificazione di funzioni dirigenziali discendente dal predetto errore di diritto e dalla rilevanza (attribuita erroneamente) alle qualificazioni soggettive rese dai testi.
2.2. In ordine alla seconda censura, il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, si riferisce agli atti ed ai documenti il cui esame sia necessario per la decisione di un determinato motivo di ricorso (cfr. Cass. n. 24178 del 2009). Nella specie, la mancata trascrizione – almeno nelle parti salienti – della Det. n. 69 del 2000 e dell’o.d.s. n. 12/2000, mentre preclude l’esame della censura vertente sulla violazione dei canoni di ermeneutica negoziale (art. 1362 c.c. e segg.), non rileva direttamente per le altre violazioni di diritto denunciate nel ricorso.
2.3. Quanto all’asserito difetto di specifica indicazione “del come, del dove e del quando” l’Inps avrebbe introdotto nei gradi di merito la denuncia relativa ai criteri di individuazione della natura dirigenziale degli uffici ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 366 c.p.c., n. 3, deve rilevarsi che non risulta nè dalla rubrica del motivo di ricorso (pag. 6), nè dal suo contenuto argomentativo che l’INPS abbia inteso proporre anche una censura di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, poichè il ricorso denuncia unicamente errores in iudicando.
3. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto.
4. E’ dirimente richiamare il principio espresso da questa Corte con la sentenza n. 350 del 2018 secondo cui, in tema di impiego pubblico contrattualizzato, l’espletamento di fatto di mansioni dirigenziali da parte di un funzionario, ai fini del riconoscimento del corrispondente trattamento economico, presuppone l’esistenza del corrispondente posto nella pianta organica dell’ufficio.
4.1. E’ stato chiarito con tale pronuncia che lo svolgimento di fatto di funzioni dirigenziali non può che espletarsi in relazione ad una specifica posizione organizzativa, rispetto alla quale sia previsto l’esercizio di funzioni dirigenziali o l’attribuzione a dirigente.
4.2. Alla luce di tale principio, che si intende ribadire in questa sede, la qualificazione della funzione attribuita in termini di “reggenza” non può dipendere da soggettive qualificazioni fornite dai testi e neppure dall’eventuale uso di tale termine nel contesto del provvedimento organizzativo adottato dal Dirigente Generale di Area. La reggenza di un ufficio dirigenziale presuppone l’istituzione di un ufficio avente tale natura, poichè la reggenza è un modo temporaneo di assicurare la funzionalità di una struttura dirigenziale priva del titolare e presuppone l’esistenza del posto corrispondente nella piante organica.
5. In base al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 27, comma 1, (recante Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali, il cui contenuto corrisponde al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 27-bis aggiunto del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 17) “1. Le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell’art. 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione”. Dunque, in base al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 27, comma 1, gli enti pubblici non economici nazionali, e quindi l’Inpdap, adeguano i propri ordinamenti a quelli stabiliti nel decreto legislativo, adottando appositi regolamenti di organizzazione (cfr. ex plurimis, tra le più recenti Cass. n. 17290 del 2015).
6. Ove si consideri che il concetto di “reggenza” presuppone l’istituzione di un posto in organico secondo le regole proprie dell’ordinamento dell’Ente, la soluzione offerta dalla Corte territoriale non risulta giuridicamente corretta, in quanto non è l’uso del termine “reggenza” nel contesto del provvedimento n. 69 del 2000 del Dirigente Generale della D.C.S.I. (circostanza alla quale la Corte territoriale ha attribuito valore decisivo) che consente di ritenere istituito un posto dirigenziale in pianta organica, da cui far derivare il carattere dirigenziale delle funzioni del preposto. Nel sistema ordinamentale vigente, il dirigente generale di area non ha il potere di istituire posti dirigenziali in pianta organica, essendo tale potere rimesso ai vertici dell’Ente. Non essendovi una posizione dirigenziale da ricoprire, è escluso in radice che lo svolgimento delle relative funzioni abbia natura dirigenziale.
7. Per tali assorbenti motivi, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda.
8. Tenuto conto della novità del contenzioso che ha interessato i funzionari proposti agli uffici di cui alla Det. n. 69 del 2000 del Direttore Generale della D.C.S.I. dell’Inpdap, si ravvisano giusti motivi per la compensazione della spese dell’intero processo (nella specie, trova applicazione il testo dell’art. 92 c.p.c. come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, prima delle modifiche apportate dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11 e poi nuovamente dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, conv., con mod. nella L. 10 novembre 2014, n. 162).
9. Considerata la fondatezza del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dell’INPS, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018