LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annnalisa – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8786-2013 proposto da:
C.L., C.F. *****, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BELSIANA 71, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DELL’ERBA, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE VINCENZO PREZIUSO, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
GESTIONE LIQUIDATORIE DELLE EX USL FG/***** E FG/*****, P.
IVA *****;
– intimata –
Nonchè da:
GESTIONE LIQUIDATORIE DELLE EX USL FG/***** E FG/*****, P.I.
*****, in persona del Commissario Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio dell’avvocato STUDIO GREZ, rappresentata e difesa dall’avvocato ENRICO FOLLIERI, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
C.L., C.F. *****;
– intimata –
avverso la sentenza n. 5077/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 10/12/2012, R.G.N. 6658/2010.
RILEVATO
CHE:
la Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 5077/2012, ha respinto l’appello proposto da C.L. avverso la pronuncia del Tribunale di Lucera che aveva accolto l’opposizione proposta dalle Gestioni Liquidatorie delle ex Usl Fg/***** e Fg/***** nei riguardi del decreto ingiuntivo di pagamento per emolumenti dovuti, a titolo di prestazioni professionali svolte fino al 31.12.1992;
la Corte, pur sostenendo che fosse erroneo il riferimento alla prescrizione triennale ritenuta dal Tribunale e pur affermando che le richieste di pagamento effettuate al Direttore Generale della subentrata ASL potessero in astratto essere idonee ad interrompere la ritenuta prescrizione quinquennale, rilevava che dopo la richiesta di pagamento del 8.5.2001 non era intervenuto altro atto interruttivo fino all’insinuazione al passivo del 2006 e quindi era da confermare, sebbene in forza di diversa base motivazionale, la declaratoria di prescrizione pronunciata dal Tribunale;
la C. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, poi illustrato da memoria e resistito da controricorso delle Gestioni Liquidatorie USL, contenente anche ricorso incidentale.
CONSIDERATO
CHE:
il motivo di ricorso principale denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omessa o insufficiente valutazione della documentazione prodotta al fine di comprovare l’avvenuta interruzione della prescrizione, con particolare riferimento alla comunicazione del Comitato Consultivo Zonale del 8.6.2004, con la quale era stata trasmessa alla Asl la nota della C. con cui veniva richiesta la liquidazione del premio di operosità, nonchè all’istanza con cui la medesima ricorrente, in data 7.7.2004, aveva chiesto, anche al direttore generale della Asl, copia dei prospetti riepilogativi del servizio prestato, proprio al fine di ottenere le debite liquidazioni;
con ricorso incidentale le Gestioni Liquidatorie Asl Fg/***** e Fg/*****, oltre a ribadire le eccezioni e difese non esaminate nei primi due gradi di giudizio, adducevano ex art. 360 c.p.c., n. 5 l’omessa o insufficiente motivazione rispetto al fatto che, proprio muovendo dal dies a quo del 20.3.1996, considerato dalla Corte d’Appello quale momento in cui vi era stata una ricognizione di debito interruttiva della prescrizione, i cinque anni erano maturati già al 20.3.2001 e dunque prima che fosse inoltrata al direttore generale della Asl, il 9.5.2001, la richiesta di liquidazione presa in considerazione nella sentenza di secondo grado; la pronuncia di primo grado, secondo quanto riepilogato di essa nella sentenza di appello e nel ricorso per cassazione, affermò che i crediti azionati erano soggetti a prescrizione triennale, la quale non poteva essere impedita dalle richieste di pagamento inviate al direttore generale della Asl, in quanto soggetto diverso dalla gestione liquidatoria, sicchè il primo valido atto interruttivo era l’istanza di ammissione al passivo del 2006;
al fine di modificare in proprio favore il quadro ricostruttivo di cui sopra, l’appello avrebbe dovuto contenere la contestazione della durata della prescrizione applicabile, nonchè la deduzione dell’idoneità degli atti interruttivi inviati al direttore generale della Asl, sia per la loro intrinseca capacità di costituire in mora la Gestione Liquidatoria cui risaliva il debito, sia per la ricorrenza di una loro cadenza temporale coerente rispetto al termine prescrizionale applicabile;
l’avvenuta deduzione in appello dei primi due profili (durata prescrizione; efficacia delle richieste avanzate presso il d.g. Asl) è pacifica, perchè la sentenza di secondo grado ha pronunciato sul punto ed in senso favorevole alla ricorrente, mentre dalle difese svolte in sede di legittimità emergono divergenze tra le parti rispetto al fatto che vi fosse stato richiamo degli atti interruttivi sulla cui mancata considerazione si fonda il ricorso per cassazione;
sulla base di quanto sopra precisato rispetto al contenuto devolutivo che doveva caratterizzare l’atto di appello, manca tuttavia nel ricorso per cassazione la trascrizione dei passaggi attraverso i quali, con il gravame, si fosse effettivamente fatta constare, in critica al contrario accertamento di cui alla sentenza di primo grado, l’esistenza degli atti interruttivi il cui mancato esame è ora posto a fondamento dell’azione impugnatoria;
vale poi il principio per cui al fine di dedurre “l’asserita mancata valutazione di atti processuali” – qui da individuarsi nell’omesso esame di documenti asseritamente valorizzati, come era necessario, con l’atto di appello – è indispensabile che il ricorrente “oltre ad indicare dove tali atti siano rinvenibili, trascriva in ricorso i medesimi, perlomeno nella parte di essi rilevante, dato che, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il controllo deve essere consentito alla corte di Cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative” (Cass. 16 febbraio 2012, n. 2217; v. anche Cass. 10 agosto 2017, n. 19985; Cass. 30 luglio 2010, n. 17915);
la ricorrente si è genericamente limitata a sostenere (pag. 6 del ricorso) che quei documenti sarebbero stati “richiamati nel ricorso di appello (pagg. 10/11)” e pertanto, se ne deve concludere, anche al di là del fatto che le Gestioni Liquidatorie contestano che tali richiamo vi fosse stato (v. pag. 6 del controricorso), il ricorso non è sufficientemente specifico, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, sotto il profilo della c.d. autosufficienza, in quanto esso avrebbe dovuto essere corredato non solo dalla trascrizione degli atti interruttivi (che, in sè, manca, essendovi stata solo una produzione di quei documenti in una con il deposito del ricorso), ma anche dalla trascrizione degli esatti passaggi dell’atto di appello con i quali si era specificamente addotta la necessità di valorizzare quegli stessi atti, trattandosi di requisito necessario affinchè si potesse in questa sede in ipotesi affermare che vi era stata devoluzione e che quindi la Corte distrettuale, omettendo la relativa valutazione, aveva errato nel giudicare;
l’inammissibilità del motivo di ricorso principale comporta l’assorbimento del motivo di ricorso incidentale, nonchè la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, assorbito l’incidentale, condannando la ricorrente principale a rifondere alle controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018