Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.27677 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5497-2015 proposto da:

COMUNE DI VARESE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 79 H, presso lo studio dell’Avvocato PIO CORTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato ELIO CARRASI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 685/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 04/09/2014 R.G.N. 685/2014.

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

la Corte d’Appello di Milano, a conferma della sentenza del Tribunale di Varese, ha condannato a titolo di responsabilità solidale il Comune di Varese a corrispondere a G.D., dipendente della Società Breme s.r.l., quale operaio di 4 livello, addetto ad opere edili oggetto dell’appalto per la realizzazione di un parcheggio commissionato in occasione dei mondiali di ciclismo su strada, le differenze retributive e il TFR per aver svolto le superiori mansioni di direttore del cantiere, nonchè le retribuzioni e il TFR per i mesi da gennaio ad aprile 2008, non pagati dall’appaltatrice all’atto del recesso;

interpretando il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 1, comma 2 alla luce della L. Delega n. 30 del 2003, art. 6, la Corte territoriale è giunta a preferire, tra le varie interpretazioni asseritamente ritenute possibili, quella basata sul riconoscimento della responsabilità solidale tra i soggetti del contratto di appalto, nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’esecuzione dello stesso, senza ritenere che a ciò fosse da ostacolo la natura pubblica del committente;

la Corte territoriale ha ritenuto che, sebbene il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 1, comma 2, appaia voler escludere l’applicazione dell’intero decreto legislativo alle pubbliche amministrazioni, l’interpretazione della norma citata, alla luce della legge delega, impone di considerare come una endiadi la formulazione “il decreto non trova applicazione per le pubbliche amministrazioni e… per il loro personale” in esso contenuta, la quale starebbe in luogo dell’espressione “per il personale delle pubbliche amministrazioni”, così che la p.a. deve essere considerata esclusa dall’applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003 soltanto quando opera nella veste di datore di lavoro pubblico, e non anche in quella di committente di un appalto;

la cassazione di tale sentenza è domandata dal Comune di Varese con due motivi, illustrati da memoria;

il G. è rimasto intimato.

CONSIDERATO CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 1 e 29”. Contesta la ricostruzione offerta dal Giudice dell’Appello e, nella memoria illustrativa rileva che in epoca successiva alla proposizione del ricorso la giurisprudenza di legittimità, alla quale si richiama, si è andata consolidando nel senso dell’inapplicabilità del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 alla pubblica amministrazione;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamenta “Nullità della sentenza per omessa pronuncia su una parte della domanda”;

la sentenza gravata non avrebbe chiarito l’origine del credito, enunciandone apoditticamente l’esistenza sulla base di meri conteggi, nè avrebbe valutato l’insussistenza delle condizioni di ammissibilità di un ricorso al procedimento monitorio di cui all’art. 633 c.p.c., atteso che il G. non vantava alcun credito diretto nei confronti del Comune di Varese;

le censure, che vanno esaminate congiuntamente per connessione, meritano accoglimento;

questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più volte, in merito alla questione proposta dal ricorso in esame, affermando il seguente principio di diritto: “In materia di appalti pubblici, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 1,comma 2, non è applicabile alle pubbliche amministrazioni la responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2, del richiamato decreto, dovendosi ritenere che il D.L. n. 76 del 2013, art. 9, conv. con modif. nella L. n. 99 del 2013, nella parte in cui prevede la inapplicabilità del suddetto art. 29 ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 1, non abbia carattere di norma d’interpretazione autentica, dotata di efficacia retroattiva, avendo solo esplicitato, senza innovare il quadro normativo previgente, un precetto già desumibile dal testo originario del richiamato art. 29 e dalle successive integrazioni.” (Così Cass. n.20327 del 2016; cfr. anche Cass. n. 10844 del 2018; Cass. n.10644 del 2016; Cass. n.10731 del 2016; Cass. n.15432 del 2014);

al predetto orientamento va data, in questa sede, continuità, atteso che le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui integralmente richiamate ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., sono del tutto condivise dal Collegio;

in definitiva, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata;

non essendo necessari altri accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da G.D. ai sensi del D.Lgs. n.276 del 2003, art. 29;

l’assenza di orientamenti univoci della giurisprudenza di merito e il recente orientamento di questa Corte, successivo alla proposizione del ricorso, giustificano la compensazione delle spese dell’intero processo tra il Comune di Varese e l’odierno controricorrente;

non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, visto l’accoglimento del ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da G.D. nei confronti del Comune di Varese, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29. Compensa integralmente le spese del processo tra le suddette parti.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 6 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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