Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.27683 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25184/2016 proposto da:

A.K.K., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Ciullini Franco, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Grosseto, in persona del Prefetto pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di GROSSETO, depositata il 25/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/2018 dal cons. ACIERNO MARIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Commissione territoriale di Firenze ha respinto la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta dal cittadino straniero A.K.K.. Il Prefetto ne ha conseguentemente disposto l’espulsione. Il giudice di pace ha rigettato l’opposizione proposta rilevando, in primo luogo, di non poter sindacare il diniego del questore, dettato dal diniego della Commissione territoriale in quanto atto amministrativo impugnabile soltanto davanti al giudice amministrativo. In ordine alle altre censure, per quel che ancora interessa, è stato affermato che l’opponente è cittadino del Togo la cui lingua ufficiale è il francese, con conseguente irrilevanza della circostanza secondo la quale sarebbe stato educato in paese di lingua inglese. Inoltre, anche a prescindere dalla verosimile conoscenza della lingua italiana l’opponente non ha subito lesioni all’esercizio del diritto di difesa a causa della mancata traduzione in lingua inglese.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero. Ha resistito con controricorso la Prefettura di Grosseto.

Nel primo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 4 per non avere il giudice di pace disapplicato il provvedimento di diniego del permesso umanitario emesso dal Questore nonostante ne fosse stato richiesto il riesame in autotutela e si fosse in attesa della decisione della Commissione territoriale, oltre ad essere stato proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il decreto espulsivo ed essendo venute meno le ragioni (pendenza di giudizio penale a carico del ricorrente per reati gravi con successivo proscioglimento) poste a base del mancato rinnovo. Infine nel provvedimento espulsivo è stato svolto un giudizio prognostico meramente apparente sul pericolo di fuga e sulla non manifesta fondatezza o fraudolenza della richiesta di rinnovo.

La censura è inammissibile in ordine all’ultimo rilievo, essendo diretta a colpire il provvedimento espulsivo e non quello impugnato (ordinanza del giudice di pace). Per la rimanente parte è manifestamente infondato. Sul diritto al riconoscimento di un titolo di soggiorno per motivi umanitari la giurisdizione del giudice ordinario è piena ed esclusiva (S.U. 5059 del 2017). Il rigetto della Commissione territoriale deve essere impugnato con ricorso davanti al Tribunale, competente per le controversie in tema di protezione internazionale, secondo la disciplina normativa ratione temporis applicabile. Al giudice di pace residua l’esame dell’esistenza di una condizione d’inespellibilità D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, comma 1 ove vengano specificamente dedotte, allegate e provate ragioni diverse da quelle che hanno condotto al giudicato sul diniego della domanda relativa alla protezione umanitaria o che siano oggetto di quel procedimento, all’interno del quale è ammissibile una richiesta di sospensione degli effetti del provvedimento di diniego che, tuttavia, non opera automaticamente ma è assoggettata all’accertamento dei presupposti di fumus e periculum ordinariamente posti a base di tali istanze. Non rileva pertanto l’error iuris commesso dal giudice di pace in ordine alla cognizione del giudice amministrativo sul provvedimento consequenziale del questore. Ciò che rileva è che non risultano dedotte ed allegate ragioni nuove davanti al giudice dell’opposizione dell’espulsione in relazione alla causa d’inespellibilità contenuta nell’art. 19, comma 1 (principio di non refoulement) dal momento che il motivo di ricorso è generico e di disagevole comprensione in ordine all’iter del procedimento penale che ha verosimilmente costituito la causa del mancato rinnovo del permesso per ragioni umanitarie. Solo con il ricorso, infine, risultano dedotte ragioni d’illegittimità dell’espulsione dettate da esigenze difensive in relazione al predetto procedimento penale.

Nel secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 24 Cost. dovuta alla mancata traduzione nella lingua conosciuta all’espellendo del provvedimento espulsivo.

La censura è inammissibile perchè non colpisce una delle rationes decidendi poste a base del rigetto dell’eccezione di nullità ed in particolare quella relativa alla verosimile conoscenza della lingua italiana, espressamente indicata dal giudice di pare come oggetto di autonoma valutazione.

Nel terzo motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 3 in relazione alla carente motivazione del provvedimento espulsivo. La censura è inammissibile perchè rivolta a colpire non il provvedimento impugnato (ordinanza del giudice di pace) ma il decreto di espulsione.

Nel quarto motivo viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 per non avere il giudice di pace disapplicato il provvedimento del questore di diniego del permesso per motivi umanitari e per non aver considerato le nuove ragioni addotte, con particolare riferimento all’integrazione lavorativa ed ambientale del ricorrente.

La censura è manifestamente infondata per le ragioni già esposte nell’esame del primo motivo. Le ragioni indicate (in quanto non relative a nuovi motivi di pericolo in relazione al rimpatrio in violazione del divieto di non refoulement, contenuto nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1) dovevano essere svolte in sede d’impugnazione del provvedimento di diniego del rinnovo del permesso umanitario davanti al Tribunale ordinario competente, secondo la disciplina normativa ratione temporis applicabile.

In conclusione il ricorso deve essere integralmente rigettato con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio in favore della parte controricorrente da liquidarsi in Euro 2000 per compensi; 200 per esborsi oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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