LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. IOFRFIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18302/2014 proposto da:
***** S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Soc. Dario Vivienda Canaria Sociedad Limitada, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Via Alessandro Malladra n.31, presso lo studio dell’avvocato Iaria Giovanni, rappresentate e difese unitamente all’avvocato De Franceschi Nadia, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Banca Nazionale del Lavoro S.p.a., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Val Gardena n.3, presso lo studio dell’avvocato De Angelis Lucio, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Hypo Tirol Bank Ag, già Hypo Tirol Bank Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Mercalli n.13, presso lo studio dell’avvocato Cancrini Arturo, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Burchia Wolfgang, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
Curatore del Fallimento ***** S.r.l.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1294/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/05/2014;
lette le memorie ex art. 378 c.p.c. del ricorrente e della controricorrente Banca Nazionale del Lavoro S.p.a.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/2018 dal cons. VELLA PAOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine rigetto, delega alla Prima Sezione dalle SS.UU.;
udito, per la controricorrente B.N.L. S.p.a. l’Avvocato A. Terzino, con delega, che ha chiesto il rigetto, inammissibilità;
udito, per la controricorrente Hypo Tirol Bank AG l’Avvocato A.
Buffolo, con delega, che ha chiesto il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Venezia ha respinto il reclamo L. Fall., ex art. 18 proposto dalla società ***** S.r.l. avverso la dichiarazione del proprio fallimento con sentenza del 27/01/2014. 2. Il giudice d’appello ha ritenuto sussistente la giurisdizione italiana ai sensi della L. Fall., art. 9, comma 5, in quanto: i) l’insolvenza si era manifestata in epoca precedente al trasferimento in Spagna della sede sociale, deliberato nell’aprile 2012 e conclusosi a novembre 2012; 2) il trasferimento della sede non era stato effettivo dall’aprile 2012, emergendo da produzioni documentali la permanenza in Italia della sede sociale e della residenza dell’amministratore “anche successivamente al giugno 2012”; 3) “oltre a ciò”, la reclamante non era stata in grado di comprovare nè di allegare la effettuazione di una sola operazione commerciale in Spagna; di conseguenza, la natura fittizia del trasferimento, anche prima dell’anno antecedente al deposito dell’istanza di fallimento, comportava la persistente giurisdizione italiana. 3. Con riguardo alla eccepita incompetenza per territorio, la Corte distrettuale ha ritenuto che il trasferimento all’estero della società si fosse completato nei confronti dei terzi e fosse ad essi opponibile solo dal 26/11/2012 – data di iscrizione nel Registro delle imprese della cancellazione della società per trasferimento all’estero quindi meno di un anno prima del deposito dell’istanza di fallimento (risalente all’11/09/2013), ai sensi della L. Fall., art. 9, comma 2. 4. Nel merito, il giudice a quo ha rigettato le censure mosse dal reclamante sia in punto di asserita inesistenza della società e della notifica alla stessa effettuata in ragione del sopravvenuto mutamento di denominazione in “Dario Vivienda Canaria sociedad limitada”, sia in punto di sussistenza dello stato di insolvenza. 5. La società ***** S.r.l. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, cui la Banca Nazionale del Lavoro S.p.a. e la Hypo Tirol Bank AG (già Hypo Tirol Bank Italia S.p.a.) hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la “violazione e falsa applicazione del disposto di cui alla L. Fall., art. 9,comma 5” per avere la Corte d’appello ritenuto che l’insolvenza della ***** S.r.l. si fosse manifestata prima del trasferimento della sede sociale in Spagna (ad *****), che a detto trasferimento non fosse seguita alcuna effettiva attività d’impresa in suolo iberico e che anche dopo il giugno 2012 la sede della società e la residenza dell’amministratore fossero rimaste in Italia, quando invece in sede di reclamo era stato documentato che, contestualmente al trasferimento della sede in Spagna, tutti i soci (amministratori compresi) avevano trasferito la loro residenza ad *****; inoltre, sarebbe stato onere dei creditori istanti dimostrare che la società aveva continuato ad operare in Italia, diversamente da quanto attestato dalla documentazione prodotta in questa sede, di cui entrambe le controricorrenti hanno eccepito la tardività ed inammissibilità. 2. Con il secondo mezzo si deduce “violazione e falsa applicazione del disposto di cui alla L. Fall., art. 9, comma 2” per avere la Corte d’appello ritenuto la competenza del Tribunale di Venezia a dichiarare il fallimento in quanto il trasferimento della sede all’estero si era perfezionato solo il 26/11/2012, quando in realtà detto trasferimento era avvenuto il 23/04/2012, e la circostanza era nota anche ai creditori istanti, che ne avevano dato atto “nelle istanze per la dichiarazione di fallimento depositate presso il Tribunale di Venezia”. 3. I motivi – che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente – sono inammissibili, poichè, attraverso i prospettati errores in procedendo, veicolano in realtà censure di merito. 3.1. Invero, questa Corte ha da tempo chiarito che: a) il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto, intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente (perchè, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro) ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua (pur corretta) interpretazione (Cass. 8782/2005); b) non integra invece nè violazione nè falsa applicazione di norme di diritto la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poichè essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; c) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass., Sez. U., 10313/2006; Cass. 195/2016, 26110/2015, 8315/2013, 16698/2010, 7394/2010); d) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13238/2017, 26110/2015). 3.2. Anche nella materia per cui è causa – e con riguardo a fattispecie analoghe a quella in esame – questa Corte ha più volte affermato che l’accertamento, ad opera del giudice di merito, di indici probatori idonei a vincere la presunzione iuris tantum di corrispondenza tra la sede legale e la sede effettiva, già prevista dall’art. 3 del Regolamento CE n. 1346 del 2000 applicabile ratione temporis (v. ora art. 3 Reg. UE n. 848/2015, in base al quale detta presunzione non si applica se la sede legale è stata spostata in altro Stato membro nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura d’insolvenza) – secondo cui la competenza ad aprire la procedura di insolvenza spetta al giudice dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore (cd. COMI), da individuare fino a prova contraria, in caso di società, in quello del luogo in cui si trova la sede statutaria – integra una valutazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità (Sez. 1, 7470/2017). Inoltre, sebbene non gravi sulla società nei cui confronti sia presentata un’istanza di fallimento la dimostrazione che il centro effettivo dei propri interessi coincida con l’ubicazione della sua sede legale, il giudice può comunque desumere – ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2, applicabile anche al procedimento prefallimentare – argomenti di prova dal contegno delle parti nel processo, tali da vincere la presunzione di corrispondenza tra sede effettiva e sede legale della società (Sez. U, 5945/2013; cfr. Sez. 1, 6655/2018). E’ stato altresì precisato che non è preclusiva dell’accertamento della fittizietà del trasferimento all’estero la mancanza di un previo provvedimento di segno opposto alla intervenuta cancellazione della società dal registro delle imprese italiano, ai sensi dell’art. 2191 c.c. (Sez. U, 9414/2013). Anche la giurisprudenza unionale sostiene da tempo la necessità che in simili casi si faccia luogo ad una valutazione globale degli elementi pertinenti, al fine di accertare dove sia situato, in modo riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e controllo della società, ivi compreso il fatto che la società non svolga alcuna attività sul territorio dello Stato membro in cui è formalmente collocata la sua sede sociale (Corte giust. UE 20/10/2011, n. 396/09; 15/12/2011, n. 191/10 02/05/2006, n. 341/04; cfr. Sez. U, 11389/2009 e 3059/2016). 3.3. Nel caso di specie, il giudice d’appello ha accertato, conformemente al giudice di primo grado, che l’insolvenza della società si manifestò – attraverso diffide, richieste di pagamento e protesti di titoli di credito risalenti ai mesi di marzo, maggio e ottobre 2012 – prima del trasferimento della sede sociale in Spagna, il quale, sebbene deliberato con atto del 23 aprile 2012 (iscritto nel Registro delle imprese il 7 maggio 2012), “per espressa ammissione della stessa parte reclamante” ebbe a completarsi “nei confronti dei terzi soltanto in data 26/11/2012, allorquando venne iscritta nel registro delle imprese la cancellazione della società per la indicata causale (trasferimento all’estero)… su domanda presentata in data 12/11/2012”, con l’ulteriore conseguenza della sua irrilevanza ai fini della competenza territoriale L. Fall., ex art. 9, comma 2, essendo intervenuto nell’anno antecedente l’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento, risalente all’11/09/2013. In particolare, nella sentenza impugnata si legge che “secondo la reclamante il trasferimento all’estero sarebbe avvenuto nell’aprile 2012 e sarebbe stato effettivo già da tale data, ma depongono in senso contrario le ribadite indicazioni da parte di D.L.A., nei documenti prodotti dalla stessa parte reclamante (doc. 11) anche successivamente al giugno 2012, della permanente sede della società in ***** (oltre che della residenza dell’amministratore in Italia)”. Solo in aggiunta rispetto a tale “compendio probatorio”, il giudice a quo ha rilevato la mancata allegazione di “alcuna effettiva attività d’impresa svolta in suolo iberico”, per trarne la conferma che “il trasferimento all’estero avvenne allorquando era ormai chiara l’insolvenza e nel tentativo di ostacolare la dichiarazione al solo fine di sfuggire ai creditori”. 3.4. A fronte di un simile accertamento in fatto, appare dunque evidente che i primi due motivi, pur rappresentando una violazione o falsa applicazione di legge, finiscono in realtà per sindacare la valutazione del materiale probatorio operata dai giudici di merito, in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (ex multis, Sez. U. 7931/2013; Cass. 14233/2015, 26860/2014). 4. Con il terzo mezzo – rubricato “Errore circa l’inesistenza della società fallita” – si sostiene che “il fallimento della soc. ***** s.r.l. avrebbe dovuto essere revocato dato che al momento della dichiarazione di fallimento, e anche al momento del deposito del primo ricorso per la dichiarazione del medesimo, la predetta società aveva già modificato la propria denominazione sociale in *****”. 5. Con il quarto mezzo – rubricato “Errore circa la nullità della notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento” – si sostiene che il giudice d’appello avrebbe dovuto “ritenere nulla la notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento” effettuata a “***** s.r.l. in *****, *****, anzichè a Dario Vivienda Canaria sociedad limitada”, nuova denominazione assunta “con decisione dell’aprile 2012 iscritta nel registro delle imprese di Venezia nel maggio 2012”. 5.1. I suddetti motivi – che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente – sono manifestamente infondati. 5.2. Invero, come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, è evidente che il mero mutamento della denominazione di una società sia cosa ben distinta dalla sua estinzione, poichè nel primo caso l’ente permane in vita con tutte le sue caratteristiche, salva, appunto, la denominazione; di conseguenza, anche la notifica effettuata presso la sede legale spagnola della società ricorrente, con l’indicazione della sua precedente denominazione italiana, deve ritenersi affetta da mera irregolarità. Questa Corte ha infatti più volte chiarito che, ove non venga in rilievo un concreto pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa (o altro pregiudizio per la decisione finale), eventuali vizi procedimentali per violazione di specifiche prescrizioni normative non comportano l’invalidità della notifica, bensì una mera irregolarità, sanabile in virtù del principio di raggiungimento dello scopo, quale principio generale di sanatoria dei vizi degli atti processuali ex art. 156 c.p.c., comma 3, (Cass. 3805/2018, 20659/2017). Nè può dirsi che nel caso di specie vi sia stato un concreto pregiudizio al diritto di difesa, poichè dagli atti di causa risulta che società debitrice, pur non avendo curato il ritiro della notifica pacificamente effettuata presso la sede spagnola (v. pag. 16 controricorso Hypo Tirol Bank) ebbe comunque modo di svolgere le proprie difese nel giudizio di reclamo (v. pag. 15 ricorso). 6. Anche il quinto ed ultimo mezzo – rubricato “Errore nella valutazione circa l’insussistenza dello stato di insolvenza” – è manifestamente inammissibile per le stesse ragioni evidenziate con riguardo ai primi due motivi, in quanto esso è inequivocabilmente diretto a sindacare l’accertamento di merito compiuto dal giudice a quo in ordine alla sussistenza dello stato di insolvenza. 7. In conclusione, il ricorso va rigettato, senza che possano assumere rilevanza in questa sede i fatti allegati e i numerosi documenti prodotti dalla ricorrente solo con la memoria del 7 maggio 2018, dai quali risulterebbe che in data ***** il Tribunale di Las Palmas avrebbe dichiarato il fallimento della società *****, su istanza del curatore del fallimento intimato. 8. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese in favore delle parti costituite, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuna delle parti controricorrenti in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Così deciso in Roma, il 16 maggio 2018. Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018