LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. IOFRFIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18730/2014 proposto da:
***** s.a.s. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore; M.M., in proprio e nella qualità di socio accomandatario di *****; PGE Energy AG, in persona del legale rappresentante B.F.A., in qualità di socio accomandatario di *****; elettivamente domiciliati in Roma, Piazza Vescovio n.21, presso lo studio dell’avvocato Manferoce Tommaso, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Goria Camillo, Occhionero Gianleo, giusta procure a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
Fallimento ***** s.a.s. *****, e dei suoi soci accomandatari M.M. e PGE Energy AG, in persona del Curatore avv. G.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Asiago n.8, presso lo studio dell’avvocato Santarelli Stefano, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Irrera Maurizio, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino; Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1195/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 18/06/2014;
lette le memorie dei ricorrenti ex art. 378 c.p.c.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/2018 dal cons. VELLA PAOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine rigetto;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato G. Occhionero che ha chiesto l’accoglimento;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato S. Santarelli che ha chiesto l’inammissibilità.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Torino ha respinto il reclamo L. Fall., ex art. 18 proposto dalla società ***** s.a.s. ***** e dai soci accomandatari M.M. e PGE Energy AG, società di diritto svizzero, avverso la loro declaratoria di fallimento ad opera del Tribunale di Asti, a seguito della revoca L. Fall., ex art. 173 del concordato preventivo originariamente proposto come concordato di gruppo e poi proseguito separatamente da alcune delle società coinvolte.
2. I reclamanti avevano contestato le statuizioni del Tribunale di Asti in punto di: 1) mancata previsione di pagamento dei crediti infragruppo; 2) inammissibilità della modificazione della proposta perchè irrituale e tardiva; 3) non fattibilità giuridica della proposta; 4) non veridicità dei dati aziendali.
3. Il giudice d’appello, pur ritenendo fondato il secondo motivo, ha respinto le censure sulla fattibilità giuridica, con assorbimento delle ulteriori contestazioni.
4. Avverso detta decisione i ricorrenti hanno proposto ricorso affidato ad un unico motivo, cui la curatela del Fallimento della società e dei due soci accomandatari ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce che il giudice d’appello sarebbe incorso in “Violazione e/o falsa applicazione della L. Fall., artt. 160,161,162 e 173, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” “nella parte in cui, esaminando la proposta di concordato preventivo avanzata dalla ***** s.a.s., ne ha dichiarato l’inammissibilità sul rilievo che l’assenza di causa giustificativa del flusso finanziario c.d. “Iugas” incideva sulla validità del relativo atto di messa a disposizione”, mentre non sarebbe “corretto in diritto pretendere di dichiarare inammissibile una proposta di concordato – sindacando la eventuale assenza di causa dell’erogazione di finanza operata dal terzo che inciderebbe sui profili di validità della stessa, addirittura perchè non sarebbero stati considerati gli eventuali e non meglio chiariti diritti dei creditori e soci su tale posta attiva – risultando evidente che tale profilo attiene più direttamente al “buon esito” dell’operazione e, quindi, a quel giudizio prognostico che fisiologicamente presenta margini di opinabilità ed implica possibilità di errore, che a sua volta si traduce in un fattore di rischio per gli interessati, rischio del quale, ragionevolmente ed in coerenza con l’impianto generale dell’istituto, si devono far carico i creditori”.
2. La curatela controricorrente ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso, per avere la ricorrente omesso di censurare tutte le ragioni su cui si fonda la pronuncia impugnata.
3. L’eccezione merita accoglimento.
4. Invero, delle due rationes decidendi sulle quali si fonda la decisione del giudice d’appello (che ha dichiarato esplicitamente assorbite “tutte le ulteriori censure della reclamante… in particolare quella attinente alla mancata individuazione di una specifica condotta fraudolenta”) – e cioè, la “non fattibilità giuridica della proposta concordataria fondata essenzialmente” sulla cd. “finanza Iugas” e la presenza di una “informazione insufficiente e distorta nei confronti dei creditori, non essendo questi in grado di compiutamente valutare, per effetto della mancata esplicitazione della causa dell’erogazione, tutti i profili dell’operazione in questione, ivi compresi quelli attinenti alla sua potenziale lesività per gli interessi dei soci o dei creditori Iugas” – risulta sostanzialmente impugnata solo la prima.
5. Nella memoria difensiva la ricorrente replica che a ben vedere anche alla questione della informazione ai creditori “era stata dedicata l’attenzione che meritava nel contesto motivazionale in cui si inseriva”, citando il rilievo svolto a pag. 17 del ricorso ove si deduce la illogicità delle osservazioni svolte dalla Corte di merito “in punto di completezza informativa… perchè riferite a valutazioni esterne che non hanno nulla a che spartire con le informazioni ai creditori ai fini di un consenso informato”. L’assunto è però infondato sulla base delle stesse deduzioni contestualmente svolte a pag. 16 del ricorso, laddove si rileva – del tutto correttamente – che “tale profilo attiene più direttamente al “buon esito” dell’operazione e, quindi, a quel giudizio prognostico che fisiologicamente presenta margini di opinabilità ed implica possibilità di errore, che a sua volta si traduce in un fattore di rischio per gli interessati, rischio del quale, ragionevolmente ed in coerenza con l’impianto generale dell’istituto, si devono far carico i creditori”; il che sta evidentemente a significare che il profilo in contestazione rientrava nel corredo informativo da fornire ai creditori per consentire loro ogni valutazione in punto di fattibilità economica e convenienza della proposta concordataria.
6. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018