Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.27691 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16257/2016 proposto da:

B.A., in proprio e quale socio della B.A. &

L. S.n.c., nonchè la medesima B.A. & Luigi S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma, Viale G. Mazzini n.146, presso lo studio dell’avvocato Spaziani Testa Ezio, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati De Cristofaro Marco, Bonino Carlo, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

B.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via Federico Confalonieri n.5, presso lo studio dell’avvocato Di Mattia Salvatore, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Viel Livio, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10644/2015 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 22/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/06/2018 dal cons. TRICOMI LAURA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE AUGUSTINIS UMBERTO, per l’inammissibilità del ricorso per revocazione; accoglimento dell’istanza di correzione errore materiale;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato De Cristofaro Marco che ha chiesto l’accoglimento;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Di Mattia Salvatore che si riporta per l’inammissibilità del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 10644, depositata il 22/05/2015 e non notificata, la Corte di cassazione dichiarava inammissibile il ricorso incidentale proposto da B.L. e rigettava il ricorso principale proposto da B.A. in proprio e per la società B.A. e L. SNC. Con tale decisione veniva confermata la sentenza emessa dalla Corte di appello di Venezia che, in controversia concernente il dedotto inadempimento di B.L. al contratto stipulato con scrittura privata del 15/11/1993, definito dalle parti “atto preliminare di divisione sociale”, aveva escluso che detto contratto fosse eseguibile in forma specifica ex art. 2932 c.c., aveva accertato l’inadempimento contrattuale del convenuto, pur dichiarando la cessazione della materia del contendere per l’adempimento sopravvenuto, ed aveva ribadito il rigetto della domanda risarcitoria per mancanza di prova dei danni genericamente lamentati dall’attore.

2. Avverso tale statuizione B.A., in proprio e quale socio della società B.A. & L. SNC, nonchè quale legale rapp. p.t. di detta società propone istanza per la correzione di errore materiale e ricorso per revocazione con tre mezzi. B.L. replica con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

La controversia viene trattata in pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Preliminarmente i ricorrenti propongono istanza di correzione dell’epigrafe della sentenza de quo, laddove la parte ricorrente è individuata nel solo B.A. ed il resistente in B.L. e nella società B.A. & L. SNC. Il controricorrente non si è opposto.

1.2. L’istanza è fondata e va accolta.

1.3. Invero la sentenza risulta evidentemente affetta da errore materiale, laddove nell’epigrafe la società B.A. & L. SNC è indicata quale controricorrente, mentre la stessa era costituita, unitamente ad B.A., in qualità di ricorrente; inoltre sia B.A. che la società B.A. & L. SNC erano domiciliati in *****, presso l’avv. Ezio Spaziani Testa, che li rappresentava e difendeva, unitamente all’avv. Carlo Bonino, come da mandato a margine del ricorso.

1.4. Tale errore va rimosso mediante l’inserimento, al rigo 14 del fol. primo della sentenza (epigrafe), dopo ” B.A.”, della seguente frase “in proprio e per la società B.A. & L. SNC.”, che dovrà intendersi come apposta ab origine in detta collocazione, e la soppressione ai righi 20 e 21 del medesimo fol. della seguente frase “in proprio e per la società B.A. & L. SNC.”, che dovrà intendersi come mai apposta.

2. Si deve passare quindi all’esame dei motivi di revocazione proposti ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4.

3.1. Con il primo motivo si denuncia l’errore di fatto documentale per avere ritenuto la Corte di legittimità “esistente un fatto la cui verità è incontrovertibilmente esclusa, e mai oggetto di discussione tra le parti, là dove ha affermato che il sig. B.A., quale amministratore e legale rappresentante della SNC, avrebbe avuto il potere di alienare a se stesso i beni immobili e mobili societari lui assegnati, così da dare esecuzione al preliminare di cui lamenta l’inadempimento: postulato travisato che ha condotto all’erroneo rigetto dei motivi secondo, terzo e sesto (in parte qua) del ricorso per cassazione.” (fol. 22 e ss.).

Sostengono i ricorrenti che per errore di percezione la Corte abbia travisato la fattispecie in esame e ritenuto esistente un fatto la cui verità era incontrovertibilmente esclusa, ossia “la presunta facoltà di B.A. di dare esecuzione “da solo” al contratto preliminare, se del caso anche contraendo con se stesso” in quanto lo statuto della società prevedeva alla clausola V (amministrazione e rappresentanza) la firma congiunta di tutti i soci per tutti gli atti di compravendita di beni mobili e immobili.

Invocano il carattere evidente ed obiettivo dell’errore, sulla considerazione che risulterebbe dal raffronto tra lo statuto e “la raffigurazione immaginata dalla sentenza impugnata” (fol. 25), e la sua decisività.

Sostengono che l’errore non è caduto su un fatto controverso, in quanto mai nessuna parte aveva ipotizzato che B.A. potesse procedere ad attuare l’accordo di divisione da solo.

Aggiungono che, per effetto della declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale proposto da B.L., era divenuto incontrovertibile l’accertamento del fatto contrario e cioè che il contratto preliminare in questione non era eseguibile in forma specifica perchè esigeva la collaborazione di entrambi i contraenti ed a tale obbligo si era sottratto B.L. (fol. 26/27) e che la statuizione impugnata si poneva in contrasto quest’ultima.

Chiedono quindi l’accoglimento del motivo di revocazione e la rinnovazione in sede rescissoria del giudizio di legittimità sui motivi secondo, terzo e sesto (in parte qua) dell’originario ricorso per cassazione.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.3. In proposito giova ricordare che nelle sentenze della Corte di cassazione, l’errore revocatorio è configurabile nell’ ipotesi in cui la Corte sia incorsa in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati. Ne consegue che non risulta viziata da errore revocatorio la sentenza della Corte di cassazione nella quale il collegio abbia dichiarato l’inammissibilità del ricorso per motivi attinenti al merito delle questioni ed a valutazioni di diritto (Cass. Sez. U. n.26022/2008; Cass. n. 22868/2012).

Di recente, le Sezioni Unite hanno puntualizzato che “Il combinato disposto dell’art. 391 bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; nè, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicchè non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza Europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonchè l’ordinata amministrazione della giustizia.” (Cass. Sez. U. n.8984/2018, cfr. anche Cass. Sez. U. n. 30994/2017 e Cass. Sez. U. n.13181/2013).

3.4. Nel presente caso, la censura riguarda la domanda risarcitoria proposta da B.A. con riferimento al ritardato adempimento degli impegni assunti dal fratello L. con l’atto preliminare di divisione di società e la conseguente statuizione di rigetto: l’errore percettivo denunciato afferisce ad un atto (la quinta clausola statutaria) non interno al giudizio di cassazione, ma al giudizio di merito, atto che non rientra tra quelli che la Corte può esaminare direttamente, di guisa che la denuncia finisce per prospettare non un errore di fatto, ma, inammissibilmente, un errore di valutazione, insuscettibile in quanto tale – quand’anche riscontrabile – di revocazione (Cass. n.10184/2018).

3.5. Invero, come già affermato con principio che si intende confermare, non è idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui all’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4) la valutazione del contenuto degli atti di parte e della motivazione della sentenza impugnata, perchè non può tradursi in errore di fatto (Cass. n. 10184/2018); inoltre non è idoneo ad integrare errore percettivo la valutazione di uno dei motivi del ricorso laddove la parte ritenga che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto d’impugnazione, perchè in tal caso è dedotta un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso (Cass. n. 3760/2018).

4.1. Con il secondo motivo si denuncia ancora un errore di fatto documentale in cui la Corte di legittimità sarebbe incorsa laddove ha affermato che i ricorrenti non avevano neppure allegato che la mancata successione nei contratti di locazione aveva privato il sig. B.A. della disponibilità materiale delle aree necessarie all’esercizio della sua impresa e, ancora, laddove ha supposto che vi fosse stata continuità soggettiva tra il titolare dei diritti di proprietà e di godimento delle aree de quibus ed il sig. B.A., postulato travisato che ha condotto al rigetto del quarto motivo dell’originario ricorso per cassazione concernente la domanda risarcitoria (fol. 28 e ss.).

Sostengo i ricorrenti che era fatto incontroverso che la disponibilità materiale dei beni era necessaria per ottenere la voltura delle autorizzazioni dalla Regioni, in assenza delle quali l’attività di escavazione non poteva essere svolta pena l’irrogazione di pesanti sanzioni e che la impossibilità di conseguire il requisito indispensabile (la detenzione delle aree) aveva impedito lo svolgimento dell’attività.

Chiedono quindi l’accoglimento del motivo di revocazione e la rinnovazione in sede rescissoria del giudizio di legittimità sul quarto motivo dell’originario ricorso per cassazione.

4.2. Il motivo è inammissibile per una duplice ragione.

4.3. Innanzi tutto alla luce dei principi ricordati sub 3.3/3.5.

Invero, un errore meramente percettivo deve risultare in modo incontrovertibile dagli atti e deve essere tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo. Orbene, non integrano un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo le deduzioni formulate – alla stregua dello stesso motivo di doglianza assumendo che “gli errori qui denunziati innegabilmente ineriscono agli atti interni del giudizio di Cassazione, poichè la sentenza si è per un verso falsamente rappresentata le deduzioni operate da parte ricorrente in seno al ricorso (…); per altro verso ha totalmente travisato la fattispecie sostanziale ivi prospettata…” (fol. 38 del ric. per revocazione) – perchè le deduzioni e le prospettazioni di parte costituiscono argomentazioni oggetto di valutazione e non fatti.

Ne consegue che la censura, ancora una volta, non è idonea ad integrare errore revocatorio (Cass. n. 3760/2018).

4.4. Il motivo è inoltre privo di decisività, in quanto non coglie la ratio decidendi.

La Corte di legittimità, infatti, non ha solo affermato che non era stato allegata la circostanza che la mancata successione nei contratti aveva privato B.A. della disponibilità materiale dei beni, ma ha rimarcato che la disponibilità materiale dei beni già prima della separazione dei soci non spettava alla società, ma a B.L., rilevando che non era stato spiegato cosa ostacolasse in concreto il prosieguo dell’attività da parte dell’impresa individuale e, soprattutto, ha concluso che risultava indimostrato il nesso causale tra il ritardo nella successione nei contratti di locazione ed il danno lamentato.

La censura prende in esame solo la prima parte della statuizione (quella relativa alla mancata allegazione); non attinge, invece, la seconda autonoma argomentazione sviluppata dalla Corte, che sostanzialmente ha escluso la rilevanza della deduzione della mancata disponibilità materiale dei beni sulla considerazione che a fronte di una situazione di fatto sostanzialmente immutata (che vedeva i beni sempre nella disponibilità materiale di Luigi B., sia quando l’attività era svolta dalla società dei fratelli, sia dopo l’attribuzione del diritto ad A.) mancava la prova del nesso di causalità tra questa situazione ed il danno lamentato (fol. 9 della sent.).

5.1. Con il terzo motivo si denuncia altro errore documentale, laddove la Corte di legittimità ha ritenuto inesistente un fatto la cui verità era positivamente stabilita, avendo affermato che i ricorrenti non avrebbero neppure dedotto di avere predisposto un regolamento degli impianti rimasti in comune alla cui sottoscrizione B.L. si era sottratto: postulato travisato che avrebbe condotto all’erroneo rigetto del quinto motivo di ricorso sempre concernente le domande risarcitorie.

Sostengono i ricorrenti che era stato allegata – nel ricorso per cassazione – la circostanza che era stata predisposta dal procuratore di B.A. una bozza di regolamento e che il tecnico di fiducia di B.L. aveva rifiutato di sottoscriverla.

Chiedono quindi l’accoglimento del motivo di revocazione e la rinnovazione in sede rescissoria del giudizio di legittimità sul quinto motivo dell’originario ricorso per cassazione.

5.2. Il motivo è inammissibile alla luce dei principi ricordati sub 3.3/3.4 e delle ragioni già espresse sub 4.3.

Ancora una volta la censura non è idonea ad integrare errore revocatorio.

La parte si duole che la Corte si sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nel ricorso per cassazione in merito alla predisposizione della bozza del regolamento; in disparte dalla apparente novità della questione, che non sembra essere stata esplicitata nelle fasi di merito e che non ha costituito oggetto di accertamento nelle medesime, ancora una volta la parte sostanzialmente ed inammissibilmente si duole della errata valutazione dei motivi del ricorso.

6. In conclusione va accolta l’istanza di correzione dell’errore materiale nei termini precisati.

Il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile.

Il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

– Ordina la correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza n. 10644/2015, depositata in data 22.05.2015, da eseguirsi a cura della Cancelleria, mediante:

l’inserimento al rigo 14 del fol. primo della sentenza (epigrafe), dopo ” B.A.”, della seguente frase “in proprio e per la società B.A. & L. SNC.”che dovrà intendersi come apposta ab origine in detta collocazione;

la soppressione ai righi 20 e 21 del medesimo fol. della seguente frase “in proprio e per la società B.A. & L. SNC.” che dovrà intendersi come mai apposta in detta collocazione;

– Dichiara inammissibile il ricorso per revocazione;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro. 3.000,00=, oltre ad Euro. 200,00= per esborsi, alle spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed agli accessori;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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