Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27698 del 30/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI ALBERTO – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7613/2017 proposto da:

D.K., elettivamente domiciliato in Roma, Via degli Scipioni n. 268/A, presso lo studio dell’avvocato Caporossi Gianluca, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolinelli Lucia, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 954/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, pubblicata il 16/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/07/2018 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza in data 16 agosto 2016, la Corte d’Appello di Ancona, ha confermato il rigetto delle istanze, volte in via gradata al riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed alla protezione umanitaria avanzate dal cittadino pakistano D.K., che propone ricorso per la cassazione della sentenza, con due motivi, resistiti con controricorso dal Ministero dell’Interno.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

2. Il primo motivo, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 A della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1, 2,3,4 e 5; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, artt. 11 e 32; del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 oltre che vizio di motivazione, è fondato nella censura in diritto.

3. La sentenza fonda la sua tesi sfavorevole al ricorrente, avendolo ritenuto non credibile in ragione delle rilevate incoerenze del racconto relativo alle ragioni per le quali si era indotto a fuggire dalla provincia del ***** (per esser ritenuto dalla Polizia fiancheggiatore dei terroristi talebani ed al contempo soggetto alla vendetta di costoro, che lo reputavano delatore e responsabile della morte dei compagni, a seguito del conflitto a fuoco nella sua abitazione, ove quattro terroristi si erano nascosti prendendolo in ostaggio, unitamente al padre ed alla sorella, e facendolo uscire per due volte);

la Corte ha evidenziato, inoltre, che la carta d’identità offerta in giudizio dimostrava, solo, la provenienza del richiedente dalla regione da lui indicata e che le fonti reperite dalla Commissione territoriale e dal Tribunale, pur riconoscendo una situazione di generale criticità non avevano posto in luce “negli anni interessati dalle vicende narrate, fatti che risultassero espressione di un clima di violenza generalizzata”.

4. Così opinando, la Corte territoriale, ha, da una parte, operato una falsa applicazione del principio, pur richiamato, secondo cui la credibilità soggettiva del richiedente va svolta alla stregua dei criteri stabiliti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 3, lett. c), e non è frutto di soggettivistiche opinioni, occorrendo, in ispecie, tener conto: a) dell’effettuazione di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) della deduzione di un’idonea motivazione sull’assenza di riscontri oggettivi; c) della non contraddittorietà delle dichiarazioni rispetto alla situazione del paese; d) della presentazione tempestiva della domanda; e) dell’attendibilità intrinseca, ed inoltre, “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” con riguardo alla sua condizione sociale e all’età (Cass. n. 26921 del 2017). Dall’altra, la Corte è incorsa nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 che, nel prevedere che la domanda di protezione debba esser valutata “alla luce di informazione precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine” indicate appunto nella menzionata norma, ed in mancanza, o ad integrazione di esse, mediante l’acquisizione d’ufficio di altri canali informativi, vieta, appunto, che il relativo esame venga condotto, come è avvenuto nella specie, esclusivamente alla stregua della situazione oggettiva come cristallizzata al momento della partenza del richiedente (cfr. da ultimo Cass. n. 9427 del 2018).

5. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata, restando assorbito ogni ulteriore questione ed il secondo motivo, con cui si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, con rinvio, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione, che provvederà ad un nuovo esame alla luce degli esposti principi ed, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018

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