LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3359/2018 proposto da:
O.L., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Gilardoni Massimo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, Procura Generale presso la Corte di Cassazione;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, del 22/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/07/2018 dal Cons. Dott. DI MARZIO MAURO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha chiesto la trattazione della causa in pubblica udienza.
FATTI DI CAUSA
1. – Con decreto del 22 novembre 2017 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso proposto da O.L. nei confronti del Ministero dell’Interno volto ad ottenere la protezione internazionale ovvero in subordine la protezione umanitaria.
Ha ritenuto il giudice che il ricorrente fosse inattendibile, avendo dichiarato di essere militante di un movimento indipendentista del Biafra e di essere fuggito dalla Nigeria a seguito di una manifestazione del dicembre 2015 all’esito della quale le forze dell’ordine avevano provocato numerosi morti ed egli stesso aveva riportato ferite agli arti superiori, senza essere però in grado di indicare con precisione l’acronimo di tale movimento e neppure l’estensione del Biafra per la cui liberazione, a suo dire, stava lottando, circostanza tanto più significativa una volta considerato che il O.L. aveva dichiarato di aver frequentato la scuola per sei anni e parlava due lingue, sicchè aveva certamente le competenze per comprendere il significato di detto acronimo e di ricordarlo e riferirlo correttamente. A conferma dell’inattendibilità del ricorrente, inoltre, il Tribunale ha aggiunto che O.L., il quale recava tracce di ferite sulle braccia in nessun modo riconducibili agli eventi narrati, non era stato in grado, pur avendo dichiarato di essersi speso per l’indipendenza del Biafra fin dal 2011, di indicare in modo specifico nessun’altra manifestazione alla quale aveva partecipato oltre a quella del dicembre 2015, facendo generico riferimento ad un’unica ulteriore manifestazione che non aveva saputo neppure esattamente localizzare.
2. – Per la cassazione del decreto O.L. ha proposto ricorso incentrato su tre questioni di legittimità costituzionale ed un motivo.
Il Ministero intimato non ha spiegato difese.
Il Procuratore Generale ha richiesto la trattazione della causa in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso denuncia l’incostituzionalità:
-) del D.L. n. 13 del 2017, art. 21, comma 1, convertito in L. n. 46 del 2017, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1 e art. 77 Cost., comma 2, per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza nell’emanazione del decreto-legge, ponendo in particolare l’accento sul differimento di 180 giorni dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale;
-) del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. G, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per cassazione è di 30 giorni a decorrere dalla comunicazione del decreto reso in primo grado;
-) dello stesso art. 35 bis, comma 13, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il procedimento è definito con decreto non reclamabile, sopprimendo in tal modo l’impugnazione in appello.
2. – Dopodichè il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lg. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto l’inattendibilità del O.L., omettendo di verificare, sulla base di un giudizio affrettato ed insostenibile, le condizioni di insicurezza nel paese da cui egli proveniva, avuto riguardo alle COI che descrivevano in loco una situazione di grave insicurezza generalizzata.
3. – Il ricorso va respinto.
3.1. – La prima e la seconda delle eccezioni di costituzionalità sono già state ritenute non rilevanti e comunque manifestamente infondate con sentenza di questa Corte n. 17717/2018, alla quale è qui sufficiente rinviare.
3.2. – Le terza di tali questioni è manifestamente infondata.
E’ agevole anzitutto rammentare che il principio del doppio grado di giurisdizione è privo di copertura costituzionale (p. es. Corte cost. 22 giugno 1963, n. 110; Corte cost. 23 aprile 1965, n. 36; Corte cost. 4 luglio 1977, n. 125; Corte cost. 15 aprile 1981, n. 62; Corte cost. 21 luglio 1983, n. 224; Corte cost. 7 marzo 1984, n. 52; Corte cost. 29 marzo 1984, n. 78; Corte cost. 22 novembre 1985, n. 299; Corte cost. 18 luglio 1986, n. 200; Corte cost. 31 dicembre 1986, n. 301; Corte cost. 26 gennaio 1988, n. 80; Corte cost. 31 marzo 1988, n. 395; Corte cost. 14 dicembre 1989, n. 543; Corte cost. 3 ottobre 1990, n. 433; Corte cost. 23 dicembre 1994, n. 438).
Ed in effetti, il principio del doppio grado non opera affatto, in una pluralità di ipotesi, già nel procedimento di cognizione ordinaria, e ciò non soltanto nel caso delle controversie destinate a svolgersi in unico grado, ma anche in quelle di regola sottoposte a tale principio, come nel caso della nullità della sentenza di primo grado, nelle numerosissime ipotesi estranee alla previsione degli artt. 353-354 c.p.c., in cui il giudice di appello deve, per la prima volta in tale sede, decidere il merito della controversia; nel caso della (fondata) denuncia in appello del vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado; nel caso della domanda correttamente non esaminata dal primo giudice perchè dichiarata assorbita; nel caso del ricorso per cassazione per saltum, eccetera.
A maggior ragione il legislatore può sopprimere l’impugnazione in appello al fine di soddisfare specifiche esigenze, massime quella della celerità (basti considerare, a mero titolo di esempio, le diverse ipotesi in cui l’appello è escluso nel giudizio fallimentare), esigenza quest’ultima intuitivamente decisiva per i fini del riconoscimento della protezione internazionale.
Con specifico riguardo alla protezione internazionale, poi, se per un verso non può mancare di considerarsi il rilievo primario del diritto in contesa, deve per altro verso sottolinearsi, ai fini della verifica della compatibilità costituzionale della eliminazione del giudizio di appello, che il ricorso in esame è preceduto da una fase amministrativa, destinata a svolgersi dinanzi ad un personale dotato di apposita preparazione, nell’ambito del quale l’istante è posto in condizioni di illustrare pienamente le proprie ragioni attraverso il colloquio destinato a svolgersi dinanzi alle Commissioni territoriali, di guisa che la soppressione dell’appello si giustifica anche per il fatto che il giudice è chiamato ad intervenire in un contesto in cui è stato già acquisito l’elemento istruttorio centrale – per l’appunto il detto colloquio – per i fini dello scrutinio della fondatezza della domanda di protezione, il che concorre a far ritenere superfluo il giudizio di appello.
3.3. – Il motivo di ricorso per cassazione è inammissibile.
La censura attiene esclusivamente alla mancata applicazione della protezione sussidiaria per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, sulla quale il Tribunale ha specificamente motivato affermando che il richiedente non aveva evidenziato una situazione di violenza indiscriminata nell’area – Nigeria meridionale dove non si registra la presenza di B.H. – tale da ritenere integrato il presupposto di cui al citato art. 14, lett. c.
Così facendo, il Tribunale si è attenuto al principio già affermato da questa Corte secondo cui: “La proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio” (Cass. 28 settembre 2015, n. 19197, che, nel rigettare la censura relativa al mancato utilizzo dei poteri officiosi da parte del giudice di merito, evidenzia che il ricorrente non aveva nemmeno allegato “la violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” esistente in Nigeria e di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, fatto costitutivo di particolare ipotesi di protezione sussidiaria).
Ciò detto, il ricorrente non ha censurato specificamente tale motivazione, confutando la tesi della non credibilità del dichiarante posta invece a fondamento della esclusione della protezione umanitaria, mentre ha dedotto notizie e informazioni di stampa in ordine alla situazione della Nigeria che però attengono al fatto e non possono essere fatte valere per la prima volta in sede di legittimità, dovendosi aggiungere che, in violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente non ha precisato se questi fatti e notizie siano stati indicati nella fase di merito.
4. – Nulla per le spese. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 18 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018