LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 3773/2018 proposto da:
O.O.H.J., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato Giuseppina Marciano giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Milano;
– intimato –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di MILANO del 6/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/7/2018 dal cons. PAZZI ALBERTO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha chiesto il rigetto del ricorso con conseguente conferma dell’impugnato decreto della Corte di Appello di Milano.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale per i minorenni di Milano, con decreto in data 27 marzo 2017, respingeva la domanda avanzata da O.O.H.J. al fine di ottenere un provvedimento ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, a tutela della figlia O.P.G.I., nata il ***** dall’unione con la connazionale P.M.S.A., e del figlio O.S.J.A., nato il ***** dall’unione con la connazionale S.C.C.A.; nell’adottare tale provvedimento il Tribunale riteneva che non potesse ravvisarsi rispetto a entrambi i minori l’esistenza di gravi motivi psicofisici tali da rendere necessaria la permanenza del padre, tenuto conto della presenza di un altro genitore regolarmente soggiornante in Italia e non essendo provato il concreto pregiudizio derivante dall’allontanamento dell’istante, il quale peraltro stato condannato per reati di una certa gravità e aveva subito prolungati periodi di carcerazione. 2. La Corte d’Appello di Milano, con decreto del 6 dicembre 2017, rigettava il reclamo presentato da O.O.H.J., da un lato ritenendo che l’ O.O. non costituisse un punto di riferimento per la figlia primogenita, la cui crescita era stata delegata alla ex compagna, dall’altro constatando che il reclamante non aveva chiarito le prospettive della famiglia a cui apparteneva il suo secondogenito, dato che anche la madre di quest’ultimo era titolare di un permesso di soggiorno oramai scaduto; in ogni caso la donna, ove si fosse legittimamente trattenuta in Italia, avrebbe potuto assicurare l’accudimento materiale e morale al figlio anche grazie all’ausilio della sua famiglia di origine, con lei convivente. La corte territoriale escludeva così che l’allontanamento dell’ O.O. potesse arrecare un grave pregiudizio psicofisico ai figli minori, poichè questi non costituiva per i discendenti una figura di riferimento, e constatava altresì che l’allontanamento non contrastava con i parametri indicati dagli artt. 8 e 12 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo in tema di diritto alla vita privata e familiare, avuto riguardo alle gravi condotte con valenza penale tenute dal reclamante. 3. Ricorre per cassazione avverso questa pronuncia O.O.H.J., al fine di far valere due motivi di impugnazione. L’intimato Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano non ha svolto alcuna difesa. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 28,29 e 30, e art. 31, comma 3, in merito alla concreta esigenza di preservare i minori dalla rottura dell’unità familiare: la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che nel caso di specie si dovesse escludere la possibilità di derogare alla disciplina generale in materia di immigrazione, malgrado il ricorrente fosse padre di due bambini, senza considerare che l’espulsione del genitore costituente un punto di riferimento per lo sviluppo del discendente avrebbe rotto l’unità familiare e determinato l’improvvisa interruzione della funzione genitoriale, creando un danno irreversibile per lo sviluppo di entrambi i minori. 4.2 Il motivo è inammissibile. La corte territoriale, pur consapevole della necessità di procedere a una valutazione complessiva della concreta esigenza di preservare i figli minori dell’odierno ricorrente dal pregiudizio che potrebbe loro derivare dalla rottura dell’unità familiare, ha escluso un simile rischio rispetto a entrambi i bambini, constatando che l’ O.O. non costituisce una figura di riferimento per ciascuno dei due figli. Il ricorrente non si confronta con la motivazione offerta dalla corte distrettuale nè censura specificamente le rationes decidendi su cui si fonda il provvedimento impugnato (costituite, per la prima figlia, dal fatto che il padre non costituisce un punto di riferimento, avendone delegato la crescita alla ex compagna, e per il secondo figlio dalla mancata allegazione di un significativo progetto familiare, tenuto conto che la madre del minore potrà assicurare l’accudimento materiale e morale del figlio anche grazie ai componenti della sua famiglia di origine, con i quali convive), ma contrappone generiche circostanze di fatto e reitera gli assunti non condivisi dal collegio del reclamo, come a voler sollecitare la rinnovazione, in questa sede di legittimità, dell’esame nel merito della vicenda oggetto di lite. Al riguardo va ribadito il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Cass. 19/10/2016 n. 21098, Cass. 16/12/2011 n. 27197). E, a ben vedere, nessuna deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge è stata compiuta dall’odierno ricorrente, il quale si è limitato ad allegare un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che, invece, è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità. 5.1 Il secondo mezzo lamenta la violazione dell’art. 31 T.U.I. e la carenza ed illogicità della motivazione perchè il Giudice dell’impugnazione non avrebbe effettuato il giudizio prognostico in ordine alla sussistenza di un danno grave e irreparabile allo sviluppo psico-fisico dei minori: la corte territoriale si sarebbe limitata, rispetto alla figlia primogenita, a tenere conto delle dichiarazioni della madre, senza svolgere ulteriori accertamenti in merito all’effettivo esercizio della funzione genitoriale, la cui improvvisa interruzione costituirebbe un irreversibile nocumento per lo sviluppo psico-fisico della bambina; il provvedimento impugnato, nel ritenere che l’accudimento materiale e morale del secondogenito avrebbe potuto essere assicurato anche grazie ai componenti della famiglia di origine della madre, si sarebbe poi disinteressato del supremo interesse del minore a vivere con entrambi i genitori. 5.2 Il motivo è inammissibile. Quanto alla dedotta violazione di legge il ricorrente, anche sotto questo profilo, tenta di introdurre sotto le spoglie della eccepita violazione di legge un sindacato di fatto sull’esito della valutazione della congerie istruttoria disponibile, sostenendo, a dispetto del rilievo della corte territoriale secondo cui egli avrebbe delegato alla ex compagna la crescita della prima discendente, di aver esercitato la funzione genitoriale. Rispetto al secondogenito la doglianza in esame non coglie nè critica la ratio decidendi della decisione impugnata, dato che la corte territoriale era chiamata ad accertare non tanto la sussistenza di un interesse del minore a vivere con entrambi i genitori, ma l’esistenza di qualsiasi danno grave che, con giudizio anche prognostico sulle conseguenze di una modificazione delle sue condizioni di vita e della relativa incidenza sulla sua personalità, il bambino potrebbe subire in conseguenza dell’allontanamento del genitore; pregiudizio che la corte distrettuale ha escluso, formulando un apprezzamento di fatto che non può essere rivisto in questa sede, in quanto l’ O.O. non costituisce una figura di riferimento per il discendente. Risulta poi inammissibile la censura sollevata sotto il profilo del vizio di motivazione, che, oltre a essere stata dedotta come carenza ed illogicità di motivazione e dunque in maniera non coerente con l’attuale paradigma previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non adduce con la necessaria precisione quali fatti sarebbero stati trascurati e il “come” e il “quando” gli stessi siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti. 6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Nulla deve ai ricorsi in ordine alle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Si dà atto dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge. Così deciso in Roma, il 18 luglio 2018. Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018