LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso proposto da:
D.A., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, per procura in calce al ricorso, dall’avv. Filomena Fusco che dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo al fax n. 02/5462439 e alla p.e.c. filomenafusco-pec.it);
– ricorrente –
nei confronti di:
Prefetto della Provincia di Milano;
– intimato –
avverso la ordinanza n. 1378/2017 del Giudice di pace di Milano emessa e depositata in data 8 giugno 2017 R.G. n. 75822/16;
sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons. Dott. Giacinto Bisogni.
RILEVATO
CHE:
1. Il Giudice di pace di Milano ha rigettato il ricorso del cittadino albanese D.A. avverso il decreto di espulsione emesso in data 24 ottobre 2016 dal Prefetto di Milano. Il Giudice di pace ha ritenuto che la mancata traduzione del provvedimento in albanese non avesse in alcun modo inficiato il diritto di difesa del sig. D., posto che, vivendo lo stesso già da due anni in Italia, ed avendo sottoscritto contratti e documentazione di soggiorno in lingua italiana era in grado di comprenderla.
2. Propone ricorso per cassazione il D. affidandosi a tre motivi di ricorso.
3. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13,comma 2 per omessa valutazione comparativa del diritto alla vita privata e familiare del ricorrente e della Direttiva Europea 115/2008. Il D. si duole del fatto che, in sede di merito, non si sia tenuto conto della sua convivenza con una cittadina italiana e dello svolgimento in Italia di una regolare attività lavorativa.
4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la carenza di motivazione in ordine al presunto pericolo di fuga del ricorrente, per essersi, sul punto, limitato il Giudice di pace a motivare il provvedimento solo in relazione al fatto che il D. era già stato destinatario di un provvedimento di espulsione.
5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5. Il D. si duole del fatto che il Giudice di pace abbia ritenuto non integrata la violazione dell’art. 13 sulla base di una motivazione che ha ingiustamente negletto il pregiudizio alla sua difesa derivato dalla mancata traduzione del provvedimento di espulsione nella sua lingua.
RITENUTO
CHE:
6. Non sussistono i presupposti per la trattazione del ricorso in camera di consiglio.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa alla pubblica udienza della sezione prima civile.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2018