Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27737 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15419-2017 proposto da:

R.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 6, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO PELLICANO’, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.G.E.A. AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 22903/2016 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 09/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/09/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI.

RILEVATO

che:

R.C. ha proposto ricorso per cassazione – affidato a due motivi nei confronti della sentenza n. 22903/2016, emessa dal Tribunale di Roma, depositata il 9 dicembre 2016, con la quale è stato parzialmente accolto l’appello principale del R. avverso la pronuncia n. 17153/2013, del Giudice di pace di Roma, che aveva disatteso la domanda attorea di condanna dell’AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura al pagamento della somma di Euro 100,59, quale differenza dovuta per l’aiuto comunitario alla produzione dell’olio di oliva per la campagna olearia 2003/2004;

con la medesima sentenza, il tribunale ha rigettato l’appello incidentale dell’AGEA, nonchè la domanda dalla medesima proposta ex art. 96 cod. proc. civ., compensando integralmente tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio;

l’intimata AGEA non ha svolto attività difensiva;

il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ..

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, (nel testo introdotto dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11), nonchè la motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – il ricorrente si duole del fatto che il tribunale abbia compensato le spese di giudizio in assenza di una reciproca soccombenza ed in difetto di quelle “gravi ed eccezionali ragioni”, che – in forza del disposto dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo applicabile ratione temporis – sole possono giustificare, in mancanza di una reciproca soccombenza, la compensazione delle spese di lite;

la motivazione resa, in punto compensazione delle spese di lite, dal Tribunale sarebbe apparente, giacchè – argomento sul quale l’istante insiste particolarmente anche nella memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. – fondata su mere formule di stile, inidonee a giustificare – non essendo ravvisabile, nella specie, neppure una reciproca soccombenza – la decisione di compensazione delle spese del giudizio.

Rilevato che:

il disposto dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel tenore letterale introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 45 recita: “Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi o eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

Ritenuto che:

nel processo civile il criterio della soccombenza debba essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare riferimento all’esito finale della lite, di talchè è totalmente vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, o la cui domanda sia stata integralmente accolta, a nulla rilevando che siano state disattese eccezioni di carattere processuale o anche di merito (Cass., 02/09/2014, n. 18503; Cass., 05/04/2003, n. 5373); nel caso di specie, pertanto, la parziale soccombenza del R. non possa essere ravvisata nel solo fatto che l’eccezione, dal medesimo proposta, di difetto di ius postulandi in capo al difensore di AGEA sia stata ritenuta infondata dal Tribunale (cfr., in tal senso, Cass., 01/04/2016, n. 6409); Ritenuto che:

tuttavia, il provvedimento impugnato abbia fatto, per converso, un corretto e motivato riferimento alle “gravi o eccezionali ragioni” giustificative della compensazione delle spese;

sotto tale profilo debba, invero, anzitutto, osservarsi che – attesa la discrezionalità del potere del giudice di merito di disporre la compensazione delle spese – il sindacato di legittimità sull’esercizio di tale potere postula che le “gravi o eccezionali ragioni”, indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, (nella formulazione applicabile ratione temporis), non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (Cass., 31/05/2016, n. 11222; Cass., 09/03/2017, n. 6059);

a tal riguardo, costituiscano gravi ragioni giustificative della compensazione la novità o l’oggettiva incertezza delle questioni di fatto o di diritto rilevanti nel caso specifico, ovvero l’assenza di un orientamento univoco o consolidato all’epoca della insorgenza della controversia (Cass., 29/11/2016, n. 24234), in quanto si traducono – non in una formula generica e stereotipata – bensì in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, rilevanti ai fini della compensazione delle spese di lite (Cass 14/07/2016, n. 14411; Cass., 25/09/2017, n. 22310).

Rilevato che:

nel caso concreto, il tribunale ha fatto espressamente riferimento alla “complessità delle numerose questioni di diritto” trattate che, come si evince dall’impugnata sentenza, ha effettivamente comportato l’esame della normativa nazionale e comunitaria, nonchè della giurisprudenza ordinaria ed amministrativa in materia, ed “all’assenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato” sulle questioni oggetto del giudizio;

la decisione impugnata – contrariamente a quanto assume il ricorrente nel ricorso e nella memoria – non ha, dunque, fondato la pronuncia di compensazione su di un “imprecisato contrasto nella giurisprudenza di merito”, come nel caso esaminato dalla citata Cass., 27 gennaio 2016, n. 1521, bensì – ben più a monte – sull’assenza di un orientamento già formatosi sulla questione, al momento della proposizione della domanda;

in effetti, i precedenti di merito citati dal R. nel motivo di ricorso, risultano tutti successivi, poichè emessi negli anni tra il 2011 ed il 2013, alla proposizione della domanda proposta dall’odierno ricorrente in primo grado, avvenuta – come dal medesimo affermato – con atto di citazione del 12 gennaio 2010;

la disposta compensazione – alla stregua del giudizio operabile da questa Corte, che non può certo effettuare una valutazione di merito al riguardo – non si palesa, pertanto, fondata su criteri illogici o erronei, e tanto meno su mere formule di stile, nel senso sopra evidenziato;

per tali ragioni la censura non può essere accolta.

Considerato che:

con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., artt. 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’istante lamenta che la disposta compensazione delle spese processuali dei due gradi del giudizio violi il “principio della soccombenza”, sancito dall’art. 91 cod. proc. civ., in relazione ai principi costituzionali del “diritto alla difesa” e del “giusto processo”, avendo comportato il pagamento, da parte del R. al proprio legale, peraltro antistatario, di una somma di gran lunga maggiore di quella (poco più di 100 Euro) richiesta in giudizio, ed essendo venuta in tal modo a determinarsi – come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte – una sostanziale soccombenza del vincitore in giudizio.

Ritenuto che:

i principi e la giurisprudenza richiamata dal R. non si attaglino al caso concreto, atteso che le citate decisioni Cass., 26/09/2007, n. 20017, Cass. 15/03/2006, n. 5783 e Cass., 25/01/2006, n. 1422, si riferiscono tutte alla compensazione “per giusti motivi”, prevista dal regime previgente, e nelle quali la Corte afferma – al riguardo – che, in difetto di tale motivazione, verrebbe violato l’art. 24 Cost. qualora il valore della causa fosse di modesta entità o comunque, in concreto, di gran lunga inferiore rispetto alle spese processuali;

nell’unica sentenza citata dal ricorrente concernente il testo dell’art. 92 applicabile al caso concreto, la Corte ha statuito che tale norma, nella parte in cui prevede la possibilità di compensare le spese di lite allorchè concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, “non consente di disporre la compensazione in parola” – per quel che qui rileva – “in base all’esiguità della pretesa creditoria”, atteso che specialmente ove l’importo delle spese fosse tale da superare quello del pregiudizio economico che la parte avesse inteso evitare agendo in giudizio per fare valere il proprio diritto, tale statuizione si tradurrebbe in una sostanziale soccombenza di fatto della parte vittoriosa, con lesione del principio costituzionale di cui all’art. 24 Cost., nonchè della regola generale dell’art. 91 cod. proc. civ. (Cass., 01/06/2015, n. 11301).

Rilevato che:

nel caso di specie, peraltro, la compensazione delle spese di giudizio non è stata disposta dal tribunale sulla base dell’esiguità della pretesa creditoria, bensì – come dianzi detto – della complessità delle questioni di diritto trattate e dell’assenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato;

che, per tale ragione, debba essere disattesa, per difetto del requisito della rilevanza per il giudizio in corso L. n. 87 del 1953, ex art. 23 la questione di costituzionalità – proposta dal ricorrente nella memoria – dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo applicabile ratione temporis, non essendo stata la compensazione disposta – unico caso in cui, secondo Cass. n. 11301/2015, potrebbe ravvisarsi un contrasto con l’art. 24 Cost., peraltro evitabile con una interpretazione costituzionalmente orientata della norma per l’esiguità della somma azionata in giudizio, bensì per le diverse ragioni suindicate;

la doglianza non può, di conseguenza, essere accolta.

Ritenuto che:

alla stregua delle considerazioni che precedono, pertanto, il ricorso debba essere rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimata nel presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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