LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di Sez. –
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente di Sez. –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11475-2017 proposto da:
COMUNE DI LICCIANA NARDI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO GREZ & ASSOCIATI, rappresentato e difeso dall’avvocato GERMANO SCARAFIOCCA;
– ricorrente –
PROVINCIA DI MASSA CARRARA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO LENZETTI;
– ricorrente successivo –
contro
L.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 58, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA MOLINO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANTONIO STANCANELLI, GIUSEPPE STANCANELLI ed UGO MALATESTA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 14/2017 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 31/01/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/09/2018 dal Consigliere Dr. ENZO VINCENTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dr.
FINOCCHI GHERSI RENATO, che ha concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Germano Scarafiocca ed Antonio Stancanelli.
FATTI DI CAUSA
1. – L.L. presentò alla Provincia di Massa Carrara, nell’aprile 2011, una richiesta di concessione di derivazione d’acqua ad uso idroelettrico sul torrente Taverone, affluente del fiume Magra, ricadente nel territorio del Comune di Licciana Nardi, e il progetto di realizzazione del relativo impianto (c.d. Tavernelle) venne sottoposto a procedimento di valutazione d’impatto ambientale (VIA), nel cui ambito ebbe svolgimento la Conferenza di servizi, che si articolò in tre fasi, dall’ottobre 2013 al giugno 2014, nel corso delle quali vennero forniti i pareri delle varie autorità competenti ed interessate e, infine (nell’ultima fase), depositato il parere espresso dalla Commissione paesaggistica del Comune di Licciana Nardi (n. 4126 del 27 febbraio 2014).
Il procedimento di VIA si concluse con determinazione (n. 3907 del 9 settembre 2014) del Dirigente del settore ambiente-energia della Provincia di Massa Carrara, nel senso della “non compatibilità ambientale” dell’impianto progettato, ciò tenuto conto di quanto emerso, segnatamente, nell’ultima Conferenza di servizi.
2. – Detto provvedimento negativo (unitamente agli atti ad esso presupposti e connessi) era impugnato dal L. dapprima dinanzi al T.A.R. della Toscana e, poi (all’esito di declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice adito), dinanzi al Tribunale Superiore delle acque pubbliche (TSAP), che, con sentenza depositata il 31 gennaio 2017, in accoglimento del ricorso, annullava gli atti impugnati, ritenendo che la motivazione che supportava la determinazione impugnata fosse insufficiente, avendo dato “credito unicamente alle ragioni del Comune di Licciana Nardi”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto separati ricorsi il Comune di Licciana Nardi e la Provincia di Massa Carrara, entrambi affidando le rispettive impugnazioni a due motivi di denuncia sostanzialmente sovrapponibili tra loro.
L.L. resiste con distinti controricorsi.
Tutte le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Preliminarmente, il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità, per tardività, delle impugnazioni (quella del Comune di Licciana Nardi soltanto con la memoria ex art. 378 c.p.c., ma il vizio processuale dedotto è, comunque, suscettibile di rilievo officioso), assumendo che la dimidiazione del termine per la proposizione imposta dal R.D. n. 1775 del 1933, art. 202, comma 4, andrebbe effettuata in relazione al termine di sessanta giorni di cui al vigente art. 325 c.p.c., comma 2, poichè il rinvio previsto dalla citata norma del R.D. del 1933 avrebbe valore formale e dinamico e non recettizio, come affermato con la sentenza n. 26127 del 2016 delle Sezioni Unite.
Dunque, il termine per proporre il ricorso per cassazione sarebbe di trenta giorni e le impugnazioni delle parti ricorrenti, in quanto entrambe effettuate nel rispetto del diverso termine di quarantacinque giorni, sarebbero, pertanto, tardive e, dunque, inammissibili.
1.1. – L’eccezione è priva di fondamento.
Questa Corte, a Sezioni Unite, ha di recente ribadito il principio secondo cui i termini per proporre ricorso per cassazione contro le sentenze del Tribunale Superiore delle acque pubbliche in unico grado, ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 201 e 202, sono quelli indicati nell’art. 518 c.p.c. del 1865, ridotti alla metà (quarantacinque giorni), e decorrono dalla notificazione del dispositivo della sentenza, eseguita a norma del R.D. n. 1775 del 1933, art. 183 (Cass., S.U., 30 marzo 2018, n. 8048).
Si tratta di orientamento che fa leva sulla distinzione tra quanto dispone il primo comma del citato art. 202 e quanto, invece, previsto dal quinto comma della stessa disposizione.
Il generico rinvio alle “norme del Capo 5, Titolo 5, Libro 1 del Codice di procedura civile”, di cui al citato comma 1 (originariamente calibrato sul codice del 1865), è da reputarsi formale o dinamico e, dunque, riferito alle norme processuali nel loro mutato contenuto nel tempo, mentre è da ritenersi recettizio il rinvio puntualmente disposto dal medesimo art. 202, comma 4, all’art. 518 del codice del 1865, avendo il legislatore inteso apprestare direttamente un’autonoma e diversa disciplina quanto al termine per la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio (Cass., S.U., 29 gennaio 2001, n. 34; Cass., S.U., 28 novembre 2013, n. 26578).
Tale orientamento non è contrastato dal precedente citato dalla parte ricorrente (Cass., S.U., 19 dicembre 2016, n. 26127), che ha affermato l’applicabilità delle norme processuali attualmente vigenti quanto alla disciplina di forme e termini concernenti il controricorso ed il ricorso incidentale (artt. 370 e 371 c.p.c. del 1942), ribadendo, però, che una siffatta dinamica si impone “una volta instaurato” il giudizio dinanzi alle Sezioni Unite e, dunque, in ragione della proposizione del ricorso (principale) nei termini stabiliti dall’art. 518 del codice di rito del 1865.
Ne consegue che i ricorsi del Comune di Licciana Nardi e della Provincia di Massa-Carrara sono stati proposti tempestivamente.
1.1. – Pertanto, il ricorso validamente e autonomamente proposto dalla Provincia di Massa Carrara in momento successivo a quello proposto dal Comune di Licciana Nardi si converte in ricorso incidentale e va riunito a quello principale di detto Comune (tra le tante, Cass., 13 dicembre 2011, n. 26723).
2. – Parimenti infondata è l’eccezione di sopravvenuta carenza di legittimazione attiva della Provincia di Massa Carrara sollevata dalla stessa Provincia ricorrente incidentale, con la memoria ex art. 378 c.p.c., in ragione della declaratoria di illegittimità costituzionale intervenuta nelle more del presente giudizio con la sentenza n. 110 del 2018 della Corte costituzionale – della L. R. Toscana 3 marzo 2015, n. 22, art. 11-bis, comma 5, in materia di riordino delle funzioni provinciali in attuazione della L. 7 aprile 2014, n. 56.
Detta norma regionale, a fronte del trasferimento in capo alla Regione di numerose funzioni già esercitate dalle province – e, tra queste, anche quelle in materia di “gestione del demanio idrico, compreso l’introito dei relativi proventi” e di valutazione di impatto ambientale (VIA) ai sensi della L. R. n. 55 del 2010 in relazione “a progetti per i quali la competenza autorizzatoria sia attribuita alla Regione ai sensi del comma 1” (anzidetta L. R. n. 22 del 2015, art. 2, commi 1, lett. d), n. 2), e 2) disponeva che “Restano comunque nella competenza della provincia e della Città metropolitana di Firenze le controversie, attinenti ai procedimenti, agli interventi, alle attività e ai rapporti di cui al comma 1, originate da fatti antecedenti alla data del 1 gennaio 2016, e l’esecuzione delle relative sentenze, con riferimento agli eventuali effetti di natura finanziaria da esse derivanti”.
A seguito dell’illegittimità costituzionale del citato art. 11-bis dichiarata per la violazione dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. l), per avere l’anzidetta disposizione di legge regionale invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “norme processuali” – trova nuovamente applicazione la L. n. 55 del 2014, art. 1, comma 96, lett. c), il quale stabilisce che “l’ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso”.
E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, in tema di successione nel processo, qualora il trasferimento del rapporto controverso da un ente all’altro avvenga in corso di causa, qualunque ne sia la ragione, si verifica successione nel diritto stesso non già a titolo universale ex art. 110 c.p.c., bensì a titolo particolare secondo la disciplina dell’art. 111 sempre che l’ente trasferente non si estingua per soppressione o altra causa -, con la conseguenza che quest’ultimo ente conserva la qualità di parte nei giudizi pendenti e rimane titolare dell’interesse alla proposizione dei mezzi di impugnazione (tra le tante, Cass., 26 luglio 2002, n. 11045; Cass., 22 giugno 2005, n. 13401; Cass., 22 marzo 2007, n. 6995; Cass., 6 febbraio 2018, n. 2805; Cass., 15 giugno 2018, n. 15869).
Sicchè, il presente giudizio di legittimità prosegue nei confronti della Provincia di Massa Carrara, quale ente non estintosi a seguito dell’anzidetto trasferimento di funzioni.
3. – Con il primo mezzo di entrambi i ricorsi, principale e incidentale, è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, artt. 14 e 14 ter, della L. R. Toscana n. 10 del 2010, artt. 52 e 58 e del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 23 e 26.
Il TSAP avrebbe erroneamente interpretato le norme indicate in rubrica, non tenendo conto che la Conferenza di servizi in sede di VIA ha carattere istruttorio e non decisorio e che la determinazione finale spetta all’amministrazione procedente, la quale, pur dovendo considerare tutti i pareri e le manifestazioni di volontà ivi espresse, è tenuta ad una complessa comparazione degli interessi coinvolti, rispetto ai quali si distinguono significativamente quelli dell’ente esponenziale interessato, che attengono ad una pluralità di profili, non solo di natura strettamente tecnica, come nelle valutazioni degli organi intervenuti (A.R.P.A.T., Sovrintendenza, A.S.L., Autorità Idrica, etc.).
Sicchè, il provvedimento impugnato ha legittimamente valorizzato le valutazioni dell’amministrazione comunale in sede di VIA, facendole proprie e dandone conto tramite una pertinente e consentita motivazione per relationem al rapporto istruttorio, allegato allo stesso provvedimento.
4. – Con il secondo mezzo di entrambi detti ricorsi è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 201 e art. 111 Cost., comma 3, per eccesso di potere giurisdizionale.
Il TSAP avrebbe ecceduto dal proprio potere giurisdizionale nel compiere – peraltro, con travisamento delle manifestazioni del Comune interessato, che “non ha mai inteso imporre al L. una “opzione zero”” – una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, affermando che l’amministrazione comunale, invece di indicare una diversa collocazione dell’impianto, avrebbe dovuto suggerire variazioni tecniche del progetto e che la delocalizzazione dell’impianto avrebbe “snaturato” le caratteristiche del progetto.
5. – I motivi sono inammissibili.
5.1. – Il TSAP, nella sentenza impugnata, ha premesso, in linea più generale, che, in forza della normativa di settore (sia regionale (L. R. Toscana n. 10 del 2010, art. 55), che statale (L. n. 241 del 1990, art. 14-ter, comma 6 bis), e alla luce degli orientamenti espressi dalla giurisprudenza amministrativa, la Conferenza di servizi richiede “una complessa e approfondita analisi comparativa tesa valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla c.d. opzione zero”, costituendo, quindi, un modulo organizzativo funzionale all’adozione di un provvedimento mediante l’acquisizione “dell’avviso di tutte le Amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti”, essendo le “posizioni prevalenti” definite in ragione di tutte le manifestazioni di volontà validamente espresse (anche quelle di dissenso motivato) e “nel rispetto del peso ponderale attribuita a ciascuna di esse”.
Il Tribunale ha, quindi, posto in evidenza che, nella specie, il rapporto istruttorio predisposto all’esito delle tre fasi della Conferenza di servizi sottolineava che il progetto interessava un’area “caratterizzata da elementi di naturalità” e che era stata acquisita “l’espressione del Comune di Licciana Nardi circa la negativa interferenza dell’opera rispetto agli interessi generali e socioeconomici comunali”; pertanto, “valutate le osservazioni pervenute, preso atto della naturalità dei luoghi e del parere del Comune”, ivi si concludeva nel senso che l’intervento recava “effetti negativi non reversibili sulla naturalità del tratto di Torrente Taverone interessato e sulla fruibilità sociale dello stesso”.
Di qui, pertanto, il provvedimento dirigenziale negativo n. 3097/2014 impugnato, “il cui contenuto è stato meramente riassuntivo delle pregresse fasi procedimentali, inclusa la valutazione conclusiva della fase istruttoria” anzidetta.
Il TSAP ha ritenuto, dunque, che la motivazione che supportava la determinazione impugnata fosse insufficiente, avendo dato “credito unicamente alle ragioni del Comune di Licciana Nardi”, omettendo, in contrasto con le previsioni normative e gli arresti giurisprudenziali, una “effettiva considerazione dei pareri espressi da tutti gli organi statuali e regionali intervenuti nelle tre fasi dello svolgimento della Conferenza di servizi”, i quali – peraltro, essendo organi competenti in materia di tutela ambientale, territoriale e idrogeologica (Autorità di Bacino, Autorità Idrica, A.R.P.A.T., Sovrintendenza dei beni culturali e paesaggistici) – si erano espressi favorevolmente per il progetto, sebbene con “prescrizioni di vario genere”, che, in quanto “modalità da osservare in sede di realizzazione del progetto”, non giustificavano, di per sè, una determinazione negativa.
Il Tribunale adito ha reputato, inoltre, che non era convincente la c.d. “opzione zero propugnata dal Comune”, sia in rapporto alla circostanza della presenza di impianto idroelettrico di sua proprietà sul Torrente Taverone, sia rispetto alla proposta di delocalizzazione dell’impianto progettato.
Infine, il TSAP, alla luce del già richiamato quadro normativo e giurisprudenziale, ha rilevato l’illegittimità “del veduto esito della Conferenza di servizi”, elusivo della finalità stessa del procedimento di VIA, presupponente una valutazione a carattere eminentemente collegiale, giacchè vi era stata “l’assoluta omissione di ogni tipo di esame sul parere negativo del Comune da parte delle altre autorità intervenute a vario titolo, alle quali non risulta neppure sia stato portato a conoscenza”.
5.2. – A fronte dell’apparato motivazionale di cui, in sintesi, si è dato contezza, appare, con chiara evidenza, come le censure proposte dalle parti ricorrenti con il primo motivo di entrambi i ricorsi siano orientate non già a criticare effettivi errores in iudicando commessi dal Tribunale, bensì la valutazione in concreto fornita dallo stesso TSAP circa la sufficienza della motivazione recata dalla determina dirigenziale n. 3097/2014.
Difatti, gli argomenti in iure a sostegno delle ragioni dei ricorsi si palesano sostanzialmente collimanti con l’impianto della sentenza impugnata sia in punto di individuazione della normativa, regionale e statale, applicabile alla fattispecie, che di sua interpretazione, anche alla luce della giurisprudenza amministrativa di settore, in consonanza, del resto, con l’orientamento espresso pure da questa Corte, che ha ravvisato nella Conferenza dei servizi in materia di VIA uno strumento conoscitivo interno alla fase istruttoria, che deve tener conto delle diverse istanze e delle problematiche prospettate dai diversi organi e servizi interessati nell’iter procedimentale previsto, ma che, in quanto fase preliminare di valutazione del progetto, non comporta conclusioni definitive (Cass., S.U., 27 luglio 2011, n. 16386).
Sicchè, i ricorrenti si dolgono piuttosto dell’interpretazione che lo stesso TSAP ha dato al provvedimento amministrativo (a contenuto non normativo), la quale, risolvendosi nell’accertamento del quomodo della manifestazione di volontà della P.A., ossia della realtà fenomenica e obiettiva secondo la quale la motivazione della determina provinciale si è estrinsecata, assume consistenza di quaestio facti riservata al medesimo Tribunale ed è incensurabile in sede di legittimità se immune dalla violazione dei criteri legali di ermeneutica negoziale (applicabili anche agli atti amministrativi: tra le molte, Cass., 23 luglio 2010, n. 17367) o dall’omesso esame di un fatto, storico, decisivo e discusso tra le parti (Cass., S.U., 7 gennaio 2016, n. 67). Vizi, questi, che, in nessun caso, sono stati veicolati con i ricorsi, neppure nella sostanza delle censure proposte.
5.3. – Quanto, poi, al secondo motivo di entrambi i ricorsi, esso è inammissibile giacchè intercetta un’argomentazione resa ad abundamtiam dal TSAP (sulla pertinenza e rilevanza della c.d. “opzione zero propugnata dal Comune”), che, tuttavia, rimane estranea alla ratio decidendi effettiva della sentenza impugnata (tra le altre e più di recente, Cass., 10 aprile 2018, n. 8755), la quale è incentrata esclusivamente sulla illegittimità della delibera provinciale per insufficienza della motivazione dello stesso provvedimento, e dell’allegato rapporto, in relazione al complesso degli apporti conoscitivi e valutativi emersi in seno alla Conferenza dei servizi.
6. – I ricorsi vanno, pertanto, dichiarati inammissibili e ricorrenti condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale e condanna il Comune di Licciana Nardi e la Provincia di Massa Carrara, in solido tra loro, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma del citato art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezioni Unite Civili della Corte suprema di Cassazione, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018
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