LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Primo Presidente f.f. –
Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –
Dott. TRIA Lucia – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24405/2018 proposto da:
V.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA 48, presso lo studio dell’avvocato ANDREA RUSSO, rappresentata e difesa dagli avvocati MARCO BISCEGLIA e GUIDO CAMERA;
– ricorrente –
contro
PROCURATORE GENRALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MILANO, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 73/2018 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 21/06/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2018 dal consigliere ANGELINA-MARIA PERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
uditi gli avvocati Marco Bisceglia e Guido Camera.
FATTI DI CAUSA
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano, all’esito del procedimento disciplinare avviato nei confronti dell’avvocato V.C., ha inflitto alla professionista la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per sei mesi per non aver provveduto al pagamento delle spettanze dovute, per le mensilità da dicembre 2009 ad aprile 2010, a cinque propri collaboratori.
Contro questa decisione l’avv. V. ha proposto ricorso al Consiglio nazionale forense che, con sentenza n. 73 del 2018, l’ha dichiarato inammissibile per tardività.
Il CNF ha rilevato che la decisione impugnata era stata notificata alla professionista in data 18 marzo 2015, ma il ricorso era stato depositato dinanzi al Consiglio soltanto in data 15 aprile 2015, oltre, cioè, il termine di venti giorni previsto dal R.D. n. 1578 del 1933, art. 50.
Contro questa sentenza l’avv. V. propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi e correda d’istanza volta a ottenere la sospensione dell’esecutorietà della sentenza impugnata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Col primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 61 e 65, della legge professionale forense, nonchè dell’art. 33 del regolamento sul procedimento disciplinare, là dove il Consiglio nazionale forense ha seguitato ad applicare, benchè abrogato, il R.D. n. 1758 del 1933, art. 50.
Il motivo è fondato.
A norma della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 65, “fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario ed in quanto compatibili, le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate”.
La disposizione transitoria fissa dunque una regola particolare, che inibisce l’entrata in vigore della novella e che, quanto alle disposizioni processuali, ne impedisce l’immediata applicazione, che si sarebbe altrimenti prodotta, sino a quando, appunto, non si verifichi l’evento assunto come rilevante, ossia l’entrata in vigore dei regolamenti previsti.
Orbene, posto che il regolamento in questione, ossia il regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, è entrato in vigore il 1 gennaio 2015, al momento della proposizione del ricorso al CNF, risalente al 15 aprile 2015, era ormai applicabile la L. n. 247 del 2012, art. 61, comma 1, secondo cui “avverso le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro trenta giorni dal deposito della sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte dell’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità (…)” (vedi, sui presupposti di applicabilità dell’art. 61 della l. n. 247/12, Cass., sez. un., 27 dicembre 2017, n. 30999; 12 settembre 2017, n. 21113; ord. 22 marzo 2017, n. 7298).
2.- Il motivo va quindi accolto; il che determina l’assorbimento dei restanti, dei quali il secondo concerne la richiesta subordinata di remissione nei termini e gli altri due il merito della vicenda.
3.- Ne segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Consiglio nazionale forense perchè esamini nel merito l’impugnazione.
3.1.- La cassazione della sentenza impugnata comporta altresì l’assorbimento della richiesta di sospensione dell’esecutorietà della decisione, alla luce di quanto previsto dall’art. 34, comma 2, del regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, a norma del quale “Gli effetti delle sospensioni e delle radiazioni decorrono dalla scadenza del termine previsto per la impugnazione della decisione del Consiglio distrettuale di disciplina, se non proposta, ovvero dal giorno successivo alla notifica all’incolpato della sentenza del Consiglio nazionale forense che decide sull’impugnazione”.
E ciò perchè cassando la sentenza si determina la caducazione del presupposto al quale è ancorata la produzione degli effetti della sospensione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, nonchè l’istanza di sospensione e rinvia per nuovo esame al Consiglio nazionale forense in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018