LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17181/2017 proposto da:
NPL SECURITISATION EUROPE SPV SRL” in persona del legale rappresentante pro tempore, cessionaria dei crediti della UNICREDIT SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO DE SIMONE;
– ricorrente –
contro
***** SRL IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 31/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/06/2018 dal Consigliere Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
FATTO E DIRITTO
1.- La s.p.a. Unicredit ha presentato domanda di ammissione al chirografo nel passivo fallimentare della s.r.l. ***** per una serie di crediti derivanti da un conto corrente, nonchè da tre distinti conti anticipi.
Il giudice delegato ha accolto solo in parte la richiesta della Banca, in particolare stabilendo l'”esclusione del residuo credito per mancata produzione del conto anticipi n. ***** e del credito per saldo di conto corrente attesa l’illegittima capitalizzazione trimestrale e la mancata pattuizione per iscritto di interessi ultra legali, mandando alla curatela di valutare di agire nei confronti della Banca ove ritenga l’esistenza di un credito”.
La Banca ha allora proposto opposizione ex art. 98 L. Fall., avverso il provvedimento di esclusione, con limitato riguardo, peraltro, alla parte relativa al conto anticipi su fatture n. *****.
Con decreto del 31 maggio 2017, il Tribunale di Napoli ha rigettato l’opposizione, rilevando come la “documentazione prodotta non possa considerarsi sufficiente a dimostrare la vantata ragione di credito”.
2.- Più in particolare, il Tribunale ha osservato che “in mancanza del contratto… il contratto non può essere ammesso, perchè il creditore non ha fornito dimostrazione dell’esistenza della fonte negoziale del suo diritto nè dell’ammontare del relativo credito. Va inoltre aggiunto che negli altri documenti richiamati dalla Unicredit non è citato il rapporto contrattuale (rapporto anticipi) che avrebbe originato il credito, quindi tutto il complesso documentale posto a fondamento della pretesa non induce ragionevolmente a ritenere che l’intero rapporto sia sorto e si sia svolto e consumato anteriormente al fallimento e nella misura debitoria indicata dall’opponente (non sono state allegate, nè prodotte le fatture oggetto di anticipazione)”.
3.- Contro il detto decreto insorge adesso la s.r.l. NPL Securitisation Europe SPV, nella dichiarata veste di cessionaria di crediti di Unicredit, e articola tre motivi per la cassazione del medesimo.
Il Fallimento, già contumace in sede di opposizione, non ha svolte difese nel presente giudizio.
La ricorrente ha anche depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c.
4.- Il primo motivo di ricorso risulta intestato “sulla opponibilità al fallimento e sulla prova del rapporto giuridico di conto anticipi – violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 369 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1366,1832,2704 e 2710 c.c. e art. 45 L. Fall. e dei principi generali in tema di opponibilità degli atti al fallimento, nonchè con riferimento all’art. 2697 c.c., art. 116 c.p.c., comma 1 e art. 115 c.p.c., comma”.
Nel merito, il motivo – che procede con svolgimento non del tutto lineare (oltre a limitare la propria analisi solo ad alcune delle norme di legge di cui assume la violazione) – si articola lungo due prospettive.
La prima riguarda il tema della certezza di data, di cui alla norma dell’art. 2704 c.c.. In proposito, il motivo rileva in particolare che tale regola comporta l’inopponibilità non del negozio, ma solo delle scritture private che ne attestano l’esistenza.
La seconda prospettiva muove dall’osservazione, di carattere generale, secondo cui il conto anticipi è per sua natura un “contratto di durata”; da ciò il ricorrente fa discendere che il “rapporto, se sussistente ed adeguatamente provato con ogni mezzo legalmente previsto, non può essere di per sè disconosciuto”. Detto questo, con riferimento al caso di specie il motivo viene a rilevare che la Banca ha prodotto gli “estratti in forma integrale del conto anticipi” e che l'”analisi delle voci contabilizzate negli estratti conto” suffraga “le argomentazioni della banca circa la sufficienza degli estratti conto integrali a fornire la prova dell’anteriorità del rapporto e del debito risultante in capo alla correntista”.
5.- Il motivo non merita di essere accolto.
Al di là delle rappresentazioni relative alla regola della data certa – peraltro in sè stesse non conferenti, posto che il decreto del Tribunale non prende proprio in considerazione l’aspetto inerente alla norma dell’art. 2704 c.c. -, il motivo chiede, all’evidenza, una nuova valutazione del materiale probatorio inerente alla controversia. Che è giudizio per contro precluso a questa Corte, non essendo sindacabile la valutazione del giudice di merito che sia “sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria” (cfr., da ultimo, Cass., 27 luglio 2018, n. 19987).
Nè potrebbe dubitarsi della ragionevolezza della motivazione della pronuncia del Tribunale napoletano, posto che questa nel riscontrare la mancanza di prova sia dell’esistenza di un credito da anticipi, sia pure dell’eventuale misura dello stesso constata, da un lato, la materiale mancanza di un testo contrattuale di riferimento (condizione, per vero, in sè stessa indispensabile per determinare le condizioni economiche dell’operazione) e, dall’altro, la mancanza allegazione e produzione delle fatture poste alla base delle affermate anticipazioni.
6.- Il secondo motivo risulta intestato “sulla non contestazione della curatela in sede di verificazione dei crediti – violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 95 e 99 L. Fall. e art. 115 c.p.c., comma 1, – nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione agli artt. 95 e 99 L. Fall. e art. 115 c.p.c., comma 1, nonchè in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 135 c.p.c., comma 4 e art. 99 L. Fall., comma 11 e art. 111 Cost., comma 6, motivazione apparente – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5”.
Il motivo muove, in sostanza, due ordini di censure al decreto impugnato.
Il primo consiste nell’assunto per cui il Tribunale non ha tenuto conto che il “curatore, nella fase di accertamento del passivo, non aveva contestato l’esistenza di rapporti bancari, ma la mera mancanza di data certa anteriore e la legittimità delle condizioni applicate in corso del rapporto, nonchè l’assenza del contratto di conto anticipi n. *****”. Sì che il provvedimento impugnato “sacrifica ingiustamente le esigenze di difesa della Banca, la quale ha tratto dal contegno processuale della curatela il legittimo affidamento che oggetto della contestazione… fosse non già la inesistenza dei rapporti, ma, piuttosto, l’inopponibilità degli stessi al fallimento e l’esatto ammontare dei crediti”.
L’altra censura lamenta il fatto che il Tribunale abbia disatteso le richieste istruttorie formulate della Banca, relative in specie a una richiesta di ordine di esibizione delle scritture contabili della società fallita e a una richiesta di ordine di esibizione delle segnalazioni storiche effettuate dalla Banca stessa in Centrale Rischi. “La Banca aveva diritto all’accoglimento delle istanze istruttorie” – assume il motivo – “in quanto tempestivamente e correttamente articolate per cui il Tribunale avrebbe dovuto valutare l’intera fattispecie, ben considerando che la detta procedura è sorta per effetto di una consecuzione di procedure concorsuali, per cui il fallimento aveva la disponibilità delle scritture contabili”.
7.- Il motivo non merita di essere accolto.
Secondo l’orientamento seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, “in tema di verificazione del passivo, il principio di non contestazione non comporta affatto l’automatica ammissione del credito nello stato passivo solo perchè non sia stato contestato dal curatore (o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica), competendo al giudice fallimentare (e al tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in via ufficiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove” (Cass., 8 agosto 2017, n. 19734; cfr. altresì, tra le pronunce più recenti, Cass., 24 febbraio 2017, n. 10662).
E’ del pari principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte che, “in tema di poteri istruttori d’ufficio del giudice dell’opposizione allo stato passivo, l’emanazione dell’ordine di esibizione (nella specie, di documenti) è discrezionale e la valutazione di indispensabilità neppure deve essere esplicitata nella motivazione; ne consegue che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere motivazionale e il provvedimento di rigetto dell’istanza è insindacabile in sede di legittimità, anche sotto il profilo del difetto di motivazione” (Cass., 21 febbraio 2017, n. 4504).
8.- Il terzo motivo di ricorso è intestato “nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 99 L. Fall., comma 11 e art. 111 Cost., comma 6 – motivazione apparente omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5”.
Nella sostanza, il motivo assume che il decreto impugnato è incorso nel vizio di omesso esame di fatto decisivo, perchè che non ha preso in considerazione la “mancata contestazione dell’esistenza dei rapporti bancari, ricavabili, per espressa affermazione della curatela, dalle scritture contabili della fallita”; l'”anteriorità dei rapporti al fallimento, in quanto presenti nella proposta di concordato”; la “produzione integrale degli estratti conto”; l'”esistenza del contratto di conto ordinario e del conto corrente anticipi”; il fatto che “il rapporto per la quale la Banca aveva chiesto l’ammissione (conto anticipi era stato oggetto di accordo transattivo sottoscritto in data 12 settembre 2012)”.
9.- Il motivo non può essere accolto.
In effetti, il Tribunale napoletano ha preso in considerazione le circostanze sopra indicate, rilevando – sia pur con espressione sintetica – che dall’esame della documentazione prodotta dalla Banca non emergeva l’effettiva esistenza del rapporto specificamente in interesse; sì che anche questo motivo viene in realtà a sostanziarsi nella richiesta di un nuovo esame del materiale probatorio, in quanto tale non ammissibile.
A parte questo va rilevato che le prime due circostanze invocate (la mancata contestazione del Curatore e la presenza di rapporti bancari) sono generiche, in quanto indicative solo del fatto che tra la Banca e la società poi fallita correvano più rapporti. Non decisive nel contesto del complesso delle risultanze probatorie in essere si manifestano la produzione di estratti conto del rapporto (cfr. anche sopra, nel precedente n. 5) e l’esistenza di un conto corrente ordinario e di altri conti anticipi.
In relazione, poi, all’accordo transattivo del *****, il motivo difetta, altresì, del necessario requisito dell’autosufficienza, di cui all’art. 366 c.p.c.. Non risultano riportati, infatti, nè i contenuti specifici di tale accordo, nè le conseguenze che lo stesso avrebbe portato sul preteso credito da conto anticipi (n. *****); e neppure i termini in cui lo stesso è stato svolto nel giudizio di merito (il motivo si limita a indicare, in proposito, che al “documento… la difesa della Banca faceva riferimento sin dalla domanda di ammissione al passivo”).
10.- In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a mente del medesimo art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione civile, il 14 giugno 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018