Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.27801 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28314/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.B.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO DENZA 52, presso lo studio dell’avvocato MARINA RIZZITELLI, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 448/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 09/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/09/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato FARACI che ha chiesto l’accoglimento;

udivo per il controricorrente l’Avvocato RIZZITELLI che ha chiesto il rigetto e deposita Sentenza della Corte di Cassazione n. 13569/2017.

FATTI DELLA CAUSA 1. L’Agenzia delle entrate ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza depositata dalla commissione tributaria regionale del Lazio il 9 giugno 2011, n.448/01/11, con cui è stato annullato l’avviso di accertamento emesso da essa ricorrente nei confronti di D.B.P. per Irpef dell’anno 2002, pretesa a seguito della contestazione di mancata dichiarazione a Modello Unico/2003 della plusvalenza realizzata per la cessione di due appezzamenti di terreno, avvenuta il 26.06.2002, per la quota di sua spettanza, pari ad Euro 596.750,00, desunta dal valore complessivo del bene accertato ai fini dell’imposta di registro di Euro 2.387.000,00.

2. La commissione, evidenziato che, con altra decisione, era stato annullato l’avviso di rettifica e liquidazione emesso ai fini dell’imposta di registro e posto a base dell’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio, con conferma del valore indicato dalle parti nei contratti, dichiarava illegittimo anche l’avviso relativo all’Irpef.

3. I motivi di ricorso veicolano le seguenti doglianze:

3.1. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione degli artt. 132 e 121 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, per essere, la sentenza impugnata, viziata da insanabile contrasto tra la motivazione, nella quale era evidenziato che uno solo dei motivi di appello proposti dal contribuente contro la sentenza di primo grado era fondato, e il dispositivo, laddove l’appello veniva accolto in toto e non in relazione al solo motivo riconosciuto fondato;

3.2. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., per essere, la sentenza impugnata, viziata da ultrapetizione in quanto con essa, a fronte della richiesta del contribuente di rideterminazione della plusvalenza accertata rispetto al valore dichiarato nell’atto, era stato pronunciato l’annullamento dell’avviso;

3.3. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 134 c.p.c., e dell’art. 124 disp. att. c.p.c., per essere, la sentenza impugnata, basata su una pronuncia (di congruità del valore contrattuale e di conseguente illegittimità dell’avviso di rettifica ai fini dell’imposta di registro) non ancora passata in giudicato.

4. Il D.B. si è difeso con controricorso con il quale, oltre ad eccepire l’infondatezza delle doglianze avanzate dalla Agenzia delle Entrate, ha sostenuto l’inammissibilità del ricorso perchè consegnato al SIN (Servizio Integrato Notifiche) di Poste Italiane in data utile rispetto al termine previsto dall’art. 325 c.p.c., ma accettato dall’ufficio postale di spedizione oltre il termine suddetto.

5. L’intimato ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., per evidenziare che questa Corte, il 3 marzo 2017, con sentenza n. 13569, ha rigettato il ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, con motivi identici a quelli posti a base del ricorso che occupa, contro la pronuncia emessa dalla commissione tributaria regionale del Lazio, di annullamento dell’atto di accertamento per Irpef dovuta da D.B.S., fratello dell’odierno intimato, in ragione della sua quota di plusvalenza conseguente ai contratti di vendita dei beni immobili di cui qui si tratta.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente dichiarata l’infondatezza della eccezione sollevata dal contribuente riguardo alla intempestività del ricorso per cassazione: il SIN è un servizio gestito da uffici, cioè da articolazioni interne, di Poste Italiane, non un ente a sè di cui l’amministrazione si sia avvalsa per far giungere il ricorso a Poste Italiane; ne deriva che la data di consegna del ricorso al SIN è la data a cui deve farsi riferimento per verificare il rispetto del termine di cui all’art. 325 c.p.c.

2. Merita precisare che la sentenza n. 13569/2017, se, da un lato, non esplica effetto ex art. 1306 c.c., non vertendosi qui in tema di limiti soggettivi del giudicato tributario, in presenza di più coobbligati solidali rispetto ad un obbligazione portata in un unico atto impositivo, dall’altro lato, può, tuttavia, essere valorizzata, al pari di ogni precedente, come strumento di convincimento.

3. Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono infondati:

3.1 premesso che la richiesta del contribuente di rideterminazione della plusvalenza accertata rispetto al valore dichiarato nell’atto, comprende anche la richiesta di rideterminazione della plusvalenza in misura pari a zero, la commissione regionale, a fronte di due motivi di appello ciascuno dei quali idoneo a giustificare la riforma della sentenza impugnata e l’annullamento dell’avviso, dichiarando fondato uno dei due motivi e disponendo l’annullamento dell’avviso, si è espressa senza alcuna contraddizione tra motivazione e dispositivo, e senza debordare dai limiti della domanda dell’appellante.

4. Il terzo motivo di ricorso è infondato:

4.1. è decisivo, ed assorbente degli argomenti spesi in ricorso con il motivo in esame, che l’avviso di accertamento impugnato è stato emesso sulla base della presunzione di coincidenza tra il corrispettivo, rilevante ai fini Irpef, ritratto dal contribuente dalla vendita dei terreni e il maggior valore dei beni compravenduti accertato ai fini dell’imposta di registro e che, come già sottolineato nella sentenza 13569/2017, tale presunzione è in contrasto con la previsione del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 5, comma 3, (applicabile anche ai giudizi in corso, come ricordato nella suddetta sentenza con richiamo di conformi precedenti) il quale prevede che “gli artt. 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5 bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per e cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”.

5. Atteso quanto precede, il ricorso va rigettato e la sentenza impugnata va cassata.

6. Non vi sono ulteriori accertamenti in fatto da svolgere talchè la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., con l’accoglimento del ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

3.2. Considerato che l’esito della causa discende dall’applicazione di norma che, ancorchè dichiaratamente interpretativa, ha indubbia portata innovativa del quadro giurisprudenziale preesistente (v. tra molti Cass., nn. 13823/2014; 14571/2013; 5070/2011, 22793/2010; 4057/2007), si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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