LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2078-2012 proposto da:
ING. SALA SPA in persona del Consigliere Delegato e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI VILLA SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine.
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SORISOLE in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.G. BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO MEREU, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMILIANO BATTAGLIOLA giusta delega in calce;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 217/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di BRESCIA, depositata il 25/07/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/09/2018 dal Consigliere Dott. STEFANIA BILLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE GIOVANNI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato MARINI che ha chiesto l’accoglimento.
FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE 1. La Ing.Sala s.p.a. propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 217/67/11 con la quale la commissione tributaria regionale della Lombardia di Milano, sezione staccata di Brescia, in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto fondato l’avviso di accertamento notificatogli dal Comune di Sorisole a titolo di Ici per l’anno 2004; in particolare, con riferimento ad alcune aree divenute fabbricabili con destinazione urbanistica di “zona D 3 per attività economiche di stoccaggio all’aperto”, il Comune aveva provveduto a determinare l’imposta dovuta applicando l’aliquota del 5% sulla base del corrispettivo pattuito dalla contribuente in atti di compravendita del 2005 e del 2006.
La commissione tributaria regionale ha fondato la decisione sulle seguenti osservazioni:
– l’ente impositore ha chiesto, in riforma della sentenza impugnata, la conferma dell’atto di accertamento;
– il processo tributario va annoverato tra i giudizi di impugnazione-merito, in quanto diretto alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva, sia della dichiarazione del contribuente, sia dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria dell’ente impositore;
– nel merito l’oggetto del giudizio cade su un’area unica “presente sul territorio prevista dal PRG (area D3)”, in particolare con una tipologia non prevista dalle deliberazioni comunali con le quali erano stati determinati valori delle aree ai fini Ici; a tale proposito è corretto il riferimento effettuato dall’ente impositore al valore venale comune in commercio sulla base degli atti di compravendita delle aree in questione risalenti rispettivamente agli anni 2005 e 2006, dunque, in epoca molto ravvicinata all’anno d’imposta 2004 oggetto dell’accertamento;
– nella specie il valore indicato nell’atto impositivo, tratto dagli atti notarili è “ben più significativo di quello rilevabile dagli atti di compravendita di aree similari” in quanto “assume il valore di presunzione qualificata non avendo la società ricorrente evidenziato i motivi in base ai quali ha pattuito lo stesso valore degli atti di cessione”.
Resiste con controricorso il Comune di Sorisole.
2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4) censurando l’inammissibilità dell’appello proposto dal Comune per difetto di interesse e non rispondenza al modello legale di impugnazione. In particolare ci si duole che il Comune si sia limitato a censurare la sentenza di primo grado senza chiedere nel petitum la conferma della legittimità dell’atto impositivo.
2.1. Il motivo è infondato.
La commissione tributaria regionale ha dato analiticamente conto dei motivi proposti dall’ente impositore riportando esplicitamente che nelle conclusioni ha chiesto “in riforma della sentenza impugnata, la conferma dell’accertamento”. Del tutto destituita di fondamento, dunque, risulta la predetta censura.
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nella specie del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5; in particolare, per avere il Comune illegittimamente attribuito i valori alle aree desumendoli dai corrispettivi pattuiti dalla contribuente in atti di compravendita stipulati in anni successivi (2005, 2006) al periodo di imposta di riferimento (2004).
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5 prevede che: “Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1 gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche”.
Ritiene che questa Corte di confermare l’orientamento consolidato in forza del quale i criteri individuati dalla norma sopra citata devono considerarsi tassativi (Cass. n. 13567 del 2017). Ne consegue che il giudice di merito, investito della questione del valore attribuito ad un’area fabbricabile, non può esimersi dal verificare la corrispondenza, ai predetti parametri, tenuto conto dell’anno di imposizione con una valutazione incensurabile in sede di legittimità, qualora congruamente motivata (Cass. n. 14385 del 15/06/2010). Pur dando atto che, sulla scorta di tale principio in epoca più risalente, è stato escluso che possa costituire utile riferimento il prezzo di compravendita dell’immobile (in tal senso Cass. N. 19515 del 2003) questa Corte di recente in più occasioni ha adottato un’interpretazione più estensiva della norma sopra richiamata. In particolare, infatti, ha precisato che “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della determinazione del valore imponibile è necessario che la misura del valore venale in comune commercio sia ricavata in base ai parametri vincolanti e tassativi di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, solo laddove si debba pervenire al calcolo del valore venale in comune commercio in mancanza di un valore direttamente riferibile al terreno oggetto di stima, mentre, ove il valore del terreno, e quindi il suo prezzo, sia già assegnato, perchè posto in vendita, il valore fissato, considerato congruo o rettificato con avviso di accertamento divenuto definitivo, ne rappresenta il valore venale in comune commercio, cosicchè la valutazione del giudice di merito che – investito della questione del valore attribuito ad un’area fabbricabile – assuma come parametro oggettivo il prezzo d’acquisto e motivi congruamente le ragioni per cui deve considerarsi corretto, è incensurabile in sede di legittimità.” (Cass. n. 14.118 del 2017, 11.445 del 2018). Le pronunce ora richiamate sono state rese in fattispecie in cui è stato preso come valore di riferimento il prezzo indicato in atti di compravendita antecedenti all’atto di accertamento. La particolarità nel caso di specie risiede nel fatto che il prezzo posto a base della determinazione del valore, ai fini Ici, è relativo ad atti di compravendita intervenuti successivamente rispetto al periodo di imposta di riferimento.
3.3. La questione, pertanto, che si pone è se possa costituire idoneo valore, ai fini della determinazione dell’Ici, il prezzo dell’immobile fissato in epoca successiva all’anno di imposta oggetto di accertamento. Ritiene questa Corte che la soluzione vada rinvenuta nei criteri forniti dalle pronunce sopra richiamate. In particolare è stato chiarito che la norma sopra richiamata pone come principio che il valore del bene sia “quello venale in comune commercio: ecco che il legislatore ha voluto attribuire a base del valore il prezzo del terreno e solo dopo, ovvero in mancanza di detto valore si deve procedere al suo calcolo avendo riguardo agli ulteriori elementi tassativamente riportati e, non da ultimo avendo riguardo ai prezzi medi di mercato aventi analoghe caratteristiche” (Cass. n. 14118 del 2017).
3.4. Nel caso in esame gli atti di compravendita utilizzati per l’individuazione del prezzo sono di poco successivi all’anno d’imposta oggetto di accertamento. Il ristretto arco temporale tra l’anno d’imposta e il prezzo concordato per l’acquisto delle aree oggetto del giudizio consente di ritenere che esso rispecchi il valore venale delle stesse nel periodo di accertamento e su tale presupposto è coerente la motivazione fornita dalla commissione tributaria regionale. La sentenza impugnata, pertanto, si è attenuta alle recenti interpretazioni fornite dalla S.C. relative alla portata dell’art. 5 sopra richiamato. In questo senso, infatti, deve essere inteso il riferimento al prezzo delle compravendite come primo indice del valore “venale comune in commercio”, richiesto dalla norma citata; in altri termini, del valore di scambio del bene.
4. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per insufficiente motivazione circa il valore venale delle aree per le quali viene richiesto il pagamento dell’Ici per l’anno 2004; in particolare, ci si duole che detto valore non corrisponde al corrispettivo della cessione pattuito dalla società negli atti di compravendita, in quanto i valori ivi riportati erano stati indicati ai soli fini fiscali. Sotto altro profilo la contribuente eccepisce l’omessa motivazione in relazione alla censura che il terreno era di fatto inedificabile.
4.1. Il motivo è infondato.
4.2. La commissione tributaria regionale ha chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto corretto il riferimento al prezzo delle aree pattuito negli atti di compravendita, quale indice presuntivo fornito dall’ordinamento. Con riferimento alla censura relativa all’inattendibilità dell’indicazione del prezzo fornita dalle parti, invece, solo “ai fini fiscali” si rileva che la contribuente non ha fornito elementi a supporto di tali affermazioni e, pertanto, si ritiene che correttamente la sentenza impugnata non ha risposto a tale doglianza, in quanto superata e assorbita dalle motivazioni fornite in sentenza.
4.3. Va respinta, altresì, la censura relativa alla circostanza dell’inedificabilità di fatto delle aree sottoposte all’accertamento, in quanto è pacifico tra le parti che le aree oggetto del giudizio siano divenute fabbricabili con destinazione urbanistica zona D 3. L’Ici risulta dovuta, infatti, sulla base dell’atto di destinazione urbanistica. Ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, b): “per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità”.
5. Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per non essere stato motivato il fatto controverso e decisivo relativo all’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione; con il quinto motivo la stessa doglianza è oggetto di censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare ci si duole che l’avviso di accertamento fosse “privo di ogni elemento da cui potere desumere l’iter logico giuridico seguito dal Comune per la pretesa tributaria”.
5.1. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, stante l’identità dell’oggetto, sono infondati.
5.2. La commissione tributaria regionale ha ritenuto idoneo il valore delle aree individuato dal Comune di Sorisole, ai fini della determinazione dell’imponibile di Ici, sulla base del prezzo degli atti di compravendita, motivando adeguatamente sul punto. La decisione impugnata, infatti, riporta nello svolgimento del fatto le doglianze della contribuente, prima tra tutte quella relativa al difetto di motivazione per avere il Comune indicato solo il valore di dichiarato negli atti notarili. Da ciò si desume la sufficienza degli elementi contenuti nell’atto di accertamento opposto. Ne consegue che non si configura alcuna violazione da parte della pronuncia impugnata dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
6. Ne consegue il rigetto del ricorso.
7. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
7.1. Va dato atto dell’insussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Il Collegio aderisce all’orientamento espresso dalla S.C, secondo cui: “In materia di impugnazioni, l’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato nei casi previsti dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si applica ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, dovendosi aver riguardo al momento in cui la notifica del ricorso per cassazione si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario.” (Cass. n.14515 del 2015, Cass. S.U. n. 3774 del 2014). Nella presente fattispecie il ricorso per cassazione risulta notificato il 23.3.2012.
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Condanna la Ing. Sala s.p.a. a pagare al comune di Sorisole le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di Euro 4000,00 comprensivo di esborsi, oltre il 15% per spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto dell’insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018