LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1034-2017 proposto da:
COMUNE PALERMO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato CARMELO LAURIA, giusta delega in calce;
– ricorrente –
contro
A.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 4869/2015 detta COMM.TRIB.REG. di PALERMO, depositata il 23/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/09/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO PAOLA, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE p. 1. Il Comune di Palermo propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 4869/30/15 del 23 novembre 2015, con la quale la commissione tributaria regionale della Sicilia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittima in toto la cartella di pagamento notificata a A.M. (titolare dell’omonima ditta individuale di gestione dell’Hotel *****) per Tarsu 2006.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che tale illegittimità derivasse da plurime ragioni, così individuate: – l’avvenuto annullamento della Delib. giunta comunale di Palermo n. 165/06, determinativa della tariffa Tarsu per l’anno in questione, da parte del TAR Sicilia con sentenza n. 1550/09; – l’effettiva insussistenza, come rilevata dal giudice amministrativo, della competenza in materia della giunta, in luogo del consiglio comunale; – la mancanza di motivazione, nella delibera in questione, in ordine ai criteri di diversificazione di tariffa tra strutture alberghiere e case di civile abitazione (con conseguente violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 65 e 66).
Nessuna attività difensiva è stata posta in essere dall’ A..
p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso il Comune lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4) – nullità della sentenza per omessa motivazione, e violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c.. Per avere la commissione tributaria regionale negato la competenza della giunta comunale in materia di determinazione della tariffa Tarsu, senza dare conto della ripartizione delle competenze organiche desumibile dall’art. 49 dello statuto comunale, richiamato dal L. n. 142 del 1990, art. 4,recepita in Sicilia dalla L. R. n. 48 del 1991 (così come, del resto, più volte affermato da sentenze del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia e dalla stessa Corte di Cassazione) Con il secondo motivo di ricorso il Comune lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68. Per avere la commissione tributaria regionale affermato l’illegittimità in toto della cartella di pagamento in oggetto, in quanto basata su una delibera di giunta per l’anno 2006 non adeguatamente motivata nei criteri di diversificazione tariffaria tra le strutture alberghiere e case di civile abitazione, nonostante che: a. la maggiore produzione di rifiuti delle strutture alberghiere rappresentasse un dato di “comune esperienza”, come più volte ritenuto anche dalla corte di legittimità; b. le delibere determinative della tariffa, in quanto atti amministrativi di contenuto generale o collettivo, non richiedessero alcuna particolare motivazione sui criteri tariffari adottati.
p. 2.2 I due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria, sono fondati nei termini che seguono.
Ferma restando l’inoppugnabilità dell’annullamento della delibera tariffaria Tarsu 2006 da parte del giudice amministrativo (sent. TAR Sicilia cit.), va osservato che il Comune di Palermo dichiara (ric.pag.3) di aver provveduto – proprio in ottemperanza a questo annullamento – ad operare lo sgravio parziale relativamente agli aumenti tariffari stabiliti per l’anno 2006 con la delibera annullata; in tal modo limitando la pretesa impositiva a quanto dovuto dal contribuente sulla base della tariffa prevista, per la categoria degli alberghi, dalla delibera Tarsu precedente quella annullata (annualità 2005). Trattandosi dunque di uno sgravio parziale – posto che la pretesa del Comune per il 2006 permane, sebbene per il minor importo Tarsu dovuto in applicazione della tariffa precedentemente in vigore, anch’essa però basata sulla differenziazione della categoria alberghiera rispetto alle altre – sussiste l’interesse del Comune stesso a coltivare il presente ricorso; sotto il profilo della legittimità di questa pretesa, così come risultante all’esito della decurtazione.
Il presente motivo di ricorso deve dunque ritenersi rivolto ad efficacemente inficiare la ratio decidendi del giudice regionale anche nella parte in cui non sancisce l’illegittimità della pretesa impositiva nei soli limiti dell’ importo tariffario stabilito, con la delibera annullata dal giudice amministrativo, “in aumento” rispetto alla tariffa-base applicabile (in forza di una tariffa non impugnata) al momento di emanazione della delibera medesima.
Il che, sul piano processuale, si risolve nella – sempre ammissibile – riduzione del petitum in sede di conformazione del rapporto impositivo al giudicato amministrativo.
Si deve quindi concludere – senza con ciò travalicare i confini della censura – nel senso che, diversamente da quanto evincibile dalla sentenza della commissione tributaria regionale, l’annullamento della delibera in questione, avente ad oggetto l’incremento tariffario della Tarsu, non osta alla permanente debenza del tributo nell’annualità 2006, sebbene nei soli limiti della tariffa vigente alla data (2005) antecedente l’adozione della delibera di aumento caducata.
La decisione così assunta si pone in linea con quanto da questa corte stabilito – in fattispecie del tutto sovrapponibile – con ord. n. 17494/17, che qui si richiama anche nel rinvio da essa operato al consolidato indirizzo di legittimità in materia.
Sussistono dunque, nel caso di specie, i presupposti per la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla commissione tributaria regionale della Sicilia la quale, in diversa composizione, quantificherà il residuo dovuto per Tarsu 2006 secondo il suddetto criterio. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte:
– accoglie il ricorso;
– cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Sicilia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 14 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018