LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21273-2011 proposto da:
C.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI PAOLO COMOGLIO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI TORINO ***** in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 24/2011 della COMM.TRIB.REG. di TORINO, depositata il 15/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.
RILEVATO
CHE:
p.1 C.L. impugnava l’avviso di accertamento emesso per l’anno di imposta 2002 per omessa dichiarazione Unico 2003, notificato al predetto, quale l.r. della società Colis Lamiere Inox srl, sul rilievo di aver cessato la carica di amministratore a far tempo dalla data del 26.02.2003.
La C.T.P. di Torino accoglieva il ricorso.
Avverso la sentenza di primo grado, l’Agenzia proponeva appello, deducendo che il titolo di responsabilità posto a base della rettifica era riconducibile alla illeceità delle operazioni poste in essere dal C. (e dal suo successore), ritenendo la sussistenza di una responsabilità solidale del ricorrente che legittimava la notifica dell’atto impositivo a ciascuno dei soggetti coinvolti, senza ciò implicare una duplicazione di imposta.
La C.T.R. di Torino accoglieva il gravame sul presupposto che il concorso personale di C.L. nella frode fiscale posta in essere con la società, legittimava la notifica dell’avviso anche al predetto, sebbene cessato dalla carica di legale rappresentante dell’ente.
Avverso la sentenza indicata in epigrafe, il contribuente ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi, illustrati anche nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
CONSIDERATO
CHE:
p. 2. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 56, della L. n. 241 del 1990, art. 3 nonchè della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 10 censurando la sentenza impugnata per avere il decidente accolto le nuove argomentazioni prospettate dall’ufficio solo con l’appello, relative alla responsabilità personale del ricorrente, immutando con ciò il titolo della pretesa tributaria e modificando, dunque, l’originaria impostazione della motivazione dell’avviso. A parere del ricorrente, la CTR non aveva considerato che attraverso il gravame l’Ufficio aveva fatto valere una pretesa fiscale diversa (e cioè l’imputazione all’ex l.r. delle imposte facenti capo alla società) rispetto a quella contenuta negli atti impugnati, ove – a suo dire – la pretesa fiscale era indirizzata alla società ma in persona di un soggetto ormai cessato dalla carica.
A tal riguardo, deduce che, peraltro, è possibile imputare al l.r. una responsabilità tributaria personale solo in presenza di specifiche norme di legge, che, nel caso di specie, non sono state neppure configurate dall’amministrazione finanziaria nell’atto impositivo, quali il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 98 per la responsabilità solidale per sanzioni e accessori, norma abrogata con il D.Lgs. n. 471 del 1997 ovvero quella di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1 in materia di responsabilità solidale per IVA del cedente e del cessionario.
Con la conseguenza che la diversa prospettazione di una società di fatto tra società cartiera ed il C., al fine di fondare una responsabilità fiscale propria del ricorrente, violerebbe il principio del divieto della doppia imposizione.
p..3 Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, delle norme attinenti alla doppia imposizione (D.P.R. n. 73 del 600, art. 67; D.P.R. n. 917 del 1986, art. 163), criticando l’impugnata pronuncia nella parte in cui, accogliendo le nuove difese svolte dall’ufficio, i giudici territoriali hanno affermato che l’atto impositivo notificato al C., non in proprio, ma quale l.r. dell’ente, era diretto a far valere una responsabilità diretta del predetto quale persona fisica compartecipe della frode fiscale, violando il divieto della doppia imposizione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 163.
p..4 Con il terzo motivo, si lamenta la violazione delle norme in materia di notifiche di atti alle persone giuridiche ex art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto il decidente, riformando la prima sentenza, ha omesso di valutare la circostanza dedotta e dimostrata che il C. aveva cessato la carica di amministratore dell’ente nel febbraio 2003, mentre l’avviso risultava indirizzato alla società “rappresentata da C.L.” e che, comunque, all’epoca del fatto generatore della responsabilità, vale a dire allo spirare del termine ultimo per la presentazione della dichiarazione nell’anno 2003, egli non era più amministratore della società.
p.. 5 La prima e la terza censura, da esaminarsi congiuntamente, in quanto attinenti a questioni intimamente connesse, sono fondate, assorbito il secondo motivo.
p..6 L’avviso di accertamento, allegato al ricorso, risulta indirizzato alla società Coils Lamiere Inox srl, come rappresentata dal signor C.L.; il destinatario è poi successivamente identificato alla pagina successiva, laddove l’amministrazione finanziaria “avvisa C.L. nella qualità di legale rappresentate della società prefata” di aver proceduto al controllo della posizione fiscale dell’ente per l’anno 2002, sulla base degli atti del procedimento penale da cui risultava che la società Coils aveva omesso di presentare la dichiarazione per l’anno di imposta 2002; l’ufficio procedeva, dunque, ad “accertare indebite detrazioni per fatture relative ad operazioni inesistenti per il medesimo anno e a recuperare a tassazioni le poste fittiziamente passive”.
Le contestazioni, c.nute nell’atto impositivo, relative alle operazioni fittizie sono state addebitate alla società, la quale veniva identificata altresì alla ultima pagina del medesimo atto con relativo codice fiscale anche ai fini dell’eventuale definizione dell’accertamento.
In particolare, nell’avviso di accertamento, si legge che nella richiesta di rinvio a giudizio, le condotte illecite erano ascritte a C.L., B.L. ed altri, che a vario titolo erano responsabili della società, che “.. agendo al fine di. evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto si avvalevano in concorso con altre società complici, di fatture per operazioni inesistenti per creare elementi passivi fittizi”.
p..7 Tuttavia, il mero riferimento al contenuto della richiesta di rinvio a giudizio non è idoneo a modificare il contenuto e il destinatario dell’atto impositivo che risulta essere la sola società, tant’è che in nessuna parte dell’atto medesimo si individua il C. come corresponsabile in proprio dell’attività illecita commessa dall’ente di cui all’epoca era legale rappresentante, nè il C. risulta individuato quale coobbligato al pagamento delle sanzioni. Ne consegue che l’accertamento effettuato dai giudici territoriali in ordine alla responsabilità personale del C. per aver concorso alla frode fiscale esula dal contenuto e dal titolo della pretesa fiscale azionata attraverso l’avviso di accertamento emesso nei soli confronti della società (in persona di un ex legale rappresentante ormai cessato dalla carica), e non anche nei confronti del signor C.L., nella sua veste di responsabile solidale per imposte e sanzioni.
Il ricorso va dunque accolto, con aggravio di spese.
In considerazione delle alterne vicende processuali, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del giudizio di merito.
PQM
La Corte:
– accoglie il ricorso con riferimento al primo e terzo motivo, assorbito il secondo, dichiarando la carenza di legittimazione passiva di C.L. rispetto all’atto impositivo;
– condanna l’Agenzia alla refusione delle spese processuali sostenute dal ricorrente che liquida in Euro 8.000,00, oltre rimborso forfettario, iva e c.pa. come per legge;
– compensa le spese di lite del giudizio di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 12 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018