Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27868 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11507/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Fata Engineering s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Sera, come da procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Bruno Lo Giudice, in Roma, Via Ottaviano, n. 42;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 57/26/2010, depositata il 2 agosto 2010;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 settembre 2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

RITENUTO IN FATTO

1. La Fata Engineering s.p.a. presentava la dichiarazione per la definizione dei ritardati od omessi versamenti ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis. Tuttavia, non versava entro il 30-11-2004 la seconda rata di Euro 115.370,00. Indicava tale rata impagata tra i ritardati od omessi versamenti di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, nella dichiarazione del 2004. Versava nei termini le altre due residue rate. Successivamente presentava una nuova dichiarazione per la definizione di ritardati od omessi versamenti di cui alla L. cit., art. 9 bis. La seconda rata per Euro 559.524,48 veniva versata solo il 18-102004, anzichè entro il 20-7-2004. L’ultima rata veniva versata in misura carente e con codice tributo errato.

2. In data 11-2-2006 l’Agenzia delle entrate notificava alla contribuente il diniego della definizione dei ritardati od omessi versamenti, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, sia per l’anno 2003 che per il 2004. Negli anni 2006 e 2007 venivano notificate le cartelle di pagamento (nn. ***** per il 2003, ***** per l’anno 2001 e ***** per il 2002) emesse in conseguenza dei dinieghi, con il recupero delle imposte dovute a seguito del controllo automatizzato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, senza tenere conto però dei versamenti già effettuati. Oggetto del presente procedimento, relativo al periodo di imposta 2003, era la cartella n. ***** (come riportata nel ricorso per cassazione, in realtà la n. *****, come indicata nella sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte 57/26/2010).

3. La contribuente proponeva ricorso avverso i dinieghi di condono relativi agli anni 2003 e 2004, oggetto di separati giudizi, che venivano definiti in primo e secondo grado a favore dell’ufficio (sentenza 40/32/2010 della Commissione tributaria regionale del Piemonte).

4. Con riferimento alla impugnazione della cartella n. ***** la Commissione tributaria provinciale di Torino accoglieva il ricorso della contribuente, in quanto gli errori da essa commessi erano scusabili.

5. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate, evidenziando che non poteva essere esaminata, in quanto nuova, la questione connessa alla eventuale incompletezza delle omissioni e dei ritardi nella seconda domanda di condono, che vi era stato sostanziale adempimento complessivo a tale seconda istanza, che il ritardo nel pagamento della seconda rata non poteva determinare efficacia risolutiva del beneficio.

6. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

7. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.

8. L’Agenzia delle entrate depositava atto di rinuncia al ricorso sulla base di un accordo stragiudiziale sottoscritto dalle parti in data *****, evidenziando che tre procedimenti pendevano in cassazione (diniego definizione 2003, diniego definizione 2004, cartella n. ***** quello oggetto di questo processo), mentre il giudizio concernente la cartella ***** era stato definito dalla Corte di cassazione in modo favorevole all’ufficio. La società chiedeva di tenere conto, con istanza del 10-5-2016, dei versamenti già effettuati.

9. La contribuente chiedeva il differimento dell’udienza del 18-1-2017 in quanto la rinuncia ai tre giudizi pendenti era condizionata all’avvenuto integrale pagamento degli importi iscritti a ruolo dall’ufficio, ma la cartella relativa ai suddetti importi non era stata ancora notificata.

10. Con atto del 14-5-2018 l’Agenzia delle entrate evidenziava l’intervenuta cessazione della materia del contendere e ribadiva la rinuncia al ricorso con spese compensate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia su un motivo di gravame, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto l’appello denunciava l’ultra petizione del primo giudice, che aveva accolto il ricorso ritenendo illegittimo il diniego di condono, in quanto il dovuto era stato completamente versato. La Commissione regionale non ha pronunciato su tale doglianza.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per vizio di ultrapetizione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto la Commissione regionale, anzichè pronunciarsi sulla fondatezza della cartella di pagamento, ha statuito sulla validità dei dinieghi di condono.

3. Con il terzo motivo la ricorrente si duole della “nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19,ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (subordinata rispetto al primo motivo di ricorso)”, in quanto la cartella può essere impugnata solo per “vizi propri” e non “per una sorta di difetto di presupposto”.

4. con il quarto motivo la ricorrente si duole della “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, avendo ritenuto la Commissione regionale inammissibili i motivi di appello.

5. Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente deduce “motivazione insufficiente per omesso esame di un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, in quanto non si è tenuto conto in motivazione che i versamenti erano carenti e, comunque, erano stati effettuati in ritardo rispetto alle scadenza previste dalla legge.

6. Con il sesto motivo la ricorrente si duole della “violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, ai sensi dell’art. 360 c.p.c. , n. 3 (subordinata)”, in quanto il condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, non consente i pagamenti tardivi, a differenza delle altre categorie di condono, in quanto il contribuente deve solo versare quanto già dichiarato.

7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Invero, la rinuncia al giudizio presentata dalla Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 390 c.p.c., non risulta notificata alla parte costituita o comunicata all’avvocato della stessa, con apposizione del visto.

Tuttavia, l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione, in assenza dei requisiti di cui all’art. 390 c.p.c., u.c.,(notifica alle parti costituite o comunicazione agli avvocati delle stesse per l’apposizione del visto), sebbene non idoneo a determinare l’estinzione del processo, denota il definitivo venire meno di ogni interesse alla decisione e comporta, pertanto, l’inammissibilità del ricorso (Cass. Civ., 7 giugno 2018, n. 14782; Cass. Civ., Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3876).

8. Le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate per intero tra le parti del giudizio, come da accordo intercorso tra le stesse in tal senso (cfr. atto di rinuncia dell’Agenzia delle entrate in data 14-5-2018 “chiedendo che venga disposta la compensazione delle spese di lite, in considerazione del suesposto accordo tra le parti”).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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