Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27875 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8152-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.R., SEGRETERIA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PIEMONTE;

– intimati –

Nonchè da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente all’incidentale –

contro

SEGRETERIA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PIEMONTE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6/2011 della COMM.TRIB.REG. del Piemonte depositata il 04/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/09/2018 dal Consigliere Dott. FANTICINI GIOVANNI.

RILEVATO IN FATTO

Che:

– con sentenza n. 31/21/08 dell’1 luglio 2008, la C.T.P. di Torino rigettava il ricorso proposto da B.R. avverso il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Moncalieri formatosi sull’istanza di rimborso dell’IVA (non precedentemente detratta) per l’acquisto di un’autovettura; l’Ufficio, infatti, non aveva provveduto (e, dunque, aveva tacitamente rigettato) la domanda presentata il 12/9/2006, pochi giorni prima della pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità Europee (sentenza del 14/9/2006, C-228/2005) che aveva sancito la contrarietà alla normativa comunitaria delle disposizioni sull’indetraibilità dell’imposta afferente l’acquisto di autoveicoli e del D.L. 15 settembre 2006, n. 258 col quale era stata disciplinata la restituzione dell’imposta non detratta;

– la C.T.R. del Piemonte con la sentenza n. 6/25/11 del 4 febbraio 2011, accoglieva interamente l’appello del contribuente affermando, per quanto rileva in questa sede, che “i giudici di prime cure non accolsero il ricorso del B. per omessa produzione di documenti idonei a dimostrare fatti e relazioni denunciate. Orbene risulta come il contribuente abbia depositato, in allegato all’atto d’appello, le copie dei seguenti documenti: visura camerale, fatture di acquisto, pagine libro cespiti, schede carburanti, elenco iva clienti ed elenco iva fornitori. In base a tali elementi ritiene questa Commissione la sussistenza di una presunzione semplice in ordine alla destinazione e all’utilizzo nell’attività di impresa dell’autoveicolo. Per meglio dire, è da presumere da tali circostanze di fatto che il B. impiegò l’autoveicolo nell’esercizio della propria attività di impresa. Tuttavia, dall’esame dei suddetti atti non risulta che il B. abbia fornito la prova dell’utilizzo esclusivo del suddetto veicolo nell’esercizio d’impresa ed è pertanto da presumere un utilizzo in modo promiscuo nelle misure ordinariamente stabilite, ratione temporis, dal legislatore”;

– avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi;

– resiste B.R. che a sua volta propone ricorso incidentale, fondato su un unico motivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

1. Col primo motivo del ricorso principale l’Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 2697 c.c., poichè la C.T.R., pur avendo espressamente riconosciuto il difetto di prova sull’utilizzo esclusivo del veicolo nell’attività di impresa, ha integralmente accolto l’appello, così esonerando il contribuente dall’onere di dimostrare l’entità del rimborso IVA preteso; in particolare, non si sarebbe potuto “presumere un utilizzo in modo promiscuo nelle misure ordinariamente stabilite, ratione temporis, dal legislatore”, posto che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 4, prevede che in base a criteri oggettivi si debba “determinare la quota di imposta indetraibile relativa ai beni e servizi in parte utilizzati per fini privati o comunque estranei all’esercizio dell’impresa, arte e professione”.

2. Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1, 2, 7 e 36, e artt. 112 e 115 c.p.c., poichè la C.T.R., accogliendo in toto l’appello del contribuente, non si sarebbe dovuta limitare a dichiarare l’invalidità del diniego di rimborso ma avrebbe dovuto, conformemente ai principi regolatori del processo tributario, operare una motivata valutazione sostitutiva, determinando la corretta misura del rimborso preteso.

3. Col terzo motivo l’Agenzia ricorrente censura la motivazione della decisione impugnata perchè insufficiente (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica apportata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), in quanto la C.T.R. avrebbe omesso di fornire adeguata contezza degli elementi probatori e delle valutazioni poste a sostegno del proprio convincimento in ordine al requisito di inerenza all’attività imprenditoriale.

4. Col quarto motivo si deduce vizio della motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica apportata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), asseritamente contraddittoria perchè il giudice d’appello non avrebbe potuto far derivare dall’affermato uso promiscuo del veicolo il rimborso integrale dell’imposta.

5. I predetti motivi – che possono essere trattati congiuntamente in quanto riguardanti il medesimo punto della sentenza impugnata sono fondati.

L’onere di dimostrare il requisito di inerenza all’attività imprenditoriale incombe, pacificamente, sul contribuente e il giudice tributario è tenuto ad valutarlo in concreto fornendo a riguardo una motivazione non apodittica (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5860 del 24/03/2016, Rv. 639429-01: “In tema di IVA, la possibilità per il compratore di portare in detrazione l’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore, quando si tratti di acquisto effettuato nell’esercizio dell’impresa, richiede oltre alla qualità di imprenditore anche l’inerenza del bene acquistato a detta attività, intesa come strumentalità dello stesso in relazione agli scopi dell’impresa, circostanza la cui prova incombe sull’interessato e la cui valutazione va effettuata in concreto tenuto conto dell’effettiva natura del bene. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha cassato la decisione impugnata che, con valutazione di verosimiglianza ed equitativa, aveva ritenuto sussistere una percentuale di inerenza del 40 per cento).

Alla luce di tale principio è incongrua la motivazione della sentenza impugnata che, da un lato, ha asserito – peraltro in base a risultanze istruttorie solo genericamente elencate senza alcuna precisazione degli elementi fondanti la decisione assunta – che il veicolo acquistato era solo parzialmente impiegato nell’attività del B. e, dall’altro, accogliendo l’appello ha affermato (implicitamente) il diritto al rimborso integrale dell’IVA versata per l’acquisto del mezzo.

A ciò si aggiunge che il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva, sicchè il giudice non può limitarsi ad annullare l’atto dell’Amministrazione, ma deve esaminare nel merito la pretesa fiscale o il diniego del rimborso e determinarne la corretta misura, restando esclusa la pronuncia di una sentenza parziale solo sull’an o di una condanna generica (in tema di avviso di accertamento ma con principio esteso ad altri atti impositivi, ex multis, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13294 del 28/06/2016, Rv. 640171-01).

Nella fattispecie in esame il giudice tributario d’appello si è sottratto alla determinazione della misura del rimborso dovuto, limitandosi ad enunciare un generico e incomprensibile rinvio alle “misure ordinariamente stabilite, ratione temporis, dal legislatore” (nè specificate, nè altrimenti desumibili).

6. Consegue a quanto esposto la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. di Torino, in diversa composizione, la quale esaminerà la fattispecie alla luce delle indicazioni fornite da questa Corte di legittimità.

7. Col ricorso incidentale B.R. deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. g), in quanto la C.T.R. – accogliendo nel merito il ricorso – avrebbe dovuto accoglierlo in rito, reputando precluse all’Agenzia delle Entrate, che aveva provveduto con silenzio-rifiuto, le contestazioni relative al diritto al rimborso concernenti l’inerenza dell’acquisto con l’attività imprenditoriale.

8. Il motivo è inammissibile in forza di quanto statuito da Cass., Sez. U., Sentenza n. 7381 del 25/03/2013, Rv. 625558-01 (e altre successive), secondo cui “In tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni preliminari di merito o pregiudiziali di rito (quale, nella specie, improponibilità dell’appello, comunque rigettato, in relazione all’intervenuta rinuncia preventiva all’impugnazione, disattesa nella sentenza gravata sul presupposto della nullità di detta rinuncia) ha natura di ricorso condizionato all’accoglimento del ricorso principale, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, sicchè, laddove le medesime questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte solo in presenza dell’attualità dell’interesse, ovvero unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale”.

Il giudice d’appello ha accolto l’impugnazione del contribuente ricorrendo alla ragione più liquida e, quindi, senza esaminare la questione pregiudiziale che è stata qui riproposta e che sarà essere esaminata nel giudizio di rinvio.

9. La liquidazione delle spese è rimessa al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso principale;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. del Piemonte in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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