Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27879 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26916-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DELLE MILIZIE 106, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALVO D’URSO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO MANCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 198/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SASSARI, depositata il 17/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

RILEVATO IN FATTO

Che:

p. 1. L’agenzia delle entrate propone un articolato motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 198/08/10 del 17 settembre 2010, con la quale la commissione tributaria regionale della Sardegna, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento per II.DD ed Iva 1999 notificato a M.P., trasportatore e commerciante all’ingrosso ed al dettaglio di legname.

Avviso basato sul duplice rilievo: a. di ricavi non dichiarati, su costi contabilizzati, per Lire 82.890.109 (sull’equazione di 1 mt/stero, unità di misura del volume del legname, pari a 5 q.li); b. di ricavi non dichiarati su acquisti non contabilizzati per lire 270.124.000, attribuiti alla quantità di legname desunta da fatture di acquisto e documentazione di viaggio per 190 trasporti con semirimorchio a pieno carico.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: – sul primo rilievo, l’ufficio non avesse conteggiato il calo medio naturale di peso del legname da rilascio di umidità in fase di giacenza e deposito; – sul secondo rilievo, l’ufficio avesse inopinatamente assunto tutti i trasporti con pieno carico fisso oltre il massimo consentito; cubatura al massimo dell’altezza; lunghezza massima di carico comprensiva della motrice; – il tutto deponesse per l’adozione di una metodologia di calcolo non corretta.

Resiste con controricorso il M..

p. 2.1 Con l’unico articolato motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn.3 e 4) – violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 112 c.p.c.. Per avere la commissione tributaria regionale omesso di pronunciarsi, pur dopo aver evidenziato le lacune dell’avviso di accertamento, sul merito residuo della pretesa impositiva, risultando “comunque un’eccedenza del trasportato e del venduto sul dichiarato”.

Pronuncia che doveva avvenire ponendo a carico del contribuente l’onere di provare l’insussistenza dei maggiori ricavi accertati.

p. 2.2 Il motivo è infondato sotto entrambi i profili nei quali si articola.

Per quanto concerne l’onere della prova, la commissione tributaria regionale ha correttamente considerato che era onere dell’amministrazione finanziaria dimostrare la fondatezza della pretesa impositiva, mediante la determinazione delle poste a tal fine rilevanti (costi e ricavi non contabilizzati). Del resto, a fronte dei motivi di opposizione dedotti dal contribuente, il giudice di merito ha osservato come questi avesse comunque provato decisive circostanze ostative, così quanto: – a calo fisiologico di peso del legname in fase sia di trasporto sia di stoccaggio; – a non plausibilità dell’esecuzione di tutti indistintamente i trasporti in regime di pieno carico fisso eccedente il consentito, e con cubatura di massima altezza; – ad erroneo computo, nella capacità di trasporto degli autocarri, anche della superficie occupata dalla motrice.

Sulla base di questi plurimi elementi di inattendibilità dell’avviso di accertamento opposto, il giudice regionale (come già quello provinciale) ha concluso nel senso della inaccettabilità della metodologia seguita dall’ufficio nella ricerca dei maggiori ricavi, osservando come si trattasse di metodologia “carente di motivi, basata su supposizioni e sbilanciata contabilmente giuste le considerazioni più sopra espresse”.

Il convincimento del giudice di merito è stato dunque nel senso che la pretesa impositiva risultasse del tutto inattendibile a fronte dei comprovati motivi di opposizione dedotti dal contribuente; e, inoltre, che l’errore metodologico di fondo fosse tale da impedire qualsivoglia attendibile ricostruzione alternativa e residuale del quantum dovuto. Il giudizio di inattendibilità dell’avviso da parte del giudice di merito è stato anzi a tal punto netto (con riguardo a tutti i profili menzionati) da risolversi in un convincimento di carenza, nell’avviso, di un contenuto non solo probatorio, ma anche motivazionale, idoneo a sostenere la pretesa.

Questo ragionamento spiega perchè la commissione tributaria regionale non sia stata posta in grado di accertare nemmeno la sussistenza di un minor debito tributario del M., risultando la pretesa travolta nella sua globalità per vizio originario dell’atto.

Ora, se è vero che quello tributario non è un giudizio di mero annullamento dell’atto impositivo, bensì un giudizio oppositorio esteso al fondo della pretesa (c.d. “impugnazione-merito”), altrettanto indubbio è che tale natura non consente nè giustifica che il giudice tributario – in ipotesi di radicale illegittimità del criterio posto a base dell’addebito – determini autonomamente il dovuto al di là degli elementi costitutivi della fattispecie impositiva, così come dedotti in giudizio dalla amministrazione finanziaria;

ed aldilà, non ultimo, dell’assolvimento dell’onere della prova gravante, per regola generale, su quest’ultima.

Dunque, non di violazione del principio di correlazione tra il chiesto ed il pronunciato si è trattato, bensì di pronuncia accertativa della totale inconsistenza dell’avviso di accertamento, perchè in radice inficiato, come detto, da una metodologia inattendibile, specie a fronte della ritenuta fondatezza invece riconosciuta ai motivi di opposizione dedotti dal contribuente.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

pone le spese del presente giudizio a carico dell’agenzia delle entrate, liquidate in Euro 5.600,00 oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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