LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17523-2012 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE TITO LABIENO 118, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO GIAMPAOLO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
DIREZIONE PROVINCIALE AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA ***** in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;
– intimato-
avverso la sentenza n. 160/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 27/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/09/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.
RILEVATO IN FATTO
Che:
p. 1.1 M.M. propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 160/9/11 del 27 settembre 2011, con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento sintetico per Irpef 2000 notificatole dalla agenzia delle entrate ex D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5. Ciò a seguito del fatto che essa contribuente aveva acquistato alcuni immobili (un acquisto nel 2000; due atti di acquisto pro quota nel 2002; un ulteriore acquisto nel 2004) per un corrispettivo (in parte definito ai fini dell’imposta di registro) che non trovava giustificazione nei modesti redditi dichiarati.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: infondata fosse l’eccezione con la quale la contribuente aveva dedotto che gli acquisti erano avvenuti in massima parte in annualità successive a quella oggetto di accertamento sintetico, dal momento che doveva comunque presumersi, in assenza di prova contraria, “un accumulo di denaro nel periodo precedente”; – la contribuente non avesse fornito la prova, posta a suo carico, che gli acquisti erano stati effettuati, come dichiarato, con denari provenienti dal suo nucleo familiare.
Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate, mentre nessuna attività difensiva è stata svolta dal ministero dell’economia e delle finanze, anch’esso intimato.
p. 1.2 In data 21 settembre 2018 la ricorrente ha depositato dichiarazione di rinuncia al ricorso così proposto, allegando documentazione relativa alla avvenuta definizione agevolata della pendenza tributaria in questione, ex D.L. n. 48 del 2017, art. 1 conv. in L. n. 172 del 2017.
Il ricorso deve conseguentemente ritenersi inammissibile per il dichiarato venir meno dell’interesse di parte ricorrente alla prosecuzione del giudizio (Cass. 14782/18; SSUU 3876/10).
Visto il sopravvenire in corso di causa della normativa di definizione agevolata, in una con la oggettiva controvertibilità della questione dedotta, si ravvisano i presupposti per la compensazione integrale delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte:
– Dichiara inammissibile il ricorso per carenza di interesse;
– Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 25 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018