LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. ACETO Aldo – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25845/2012 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
– ricorrente –
contro
TNT GLOBAL EXPRESS SPA, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco d’Ayala Valva, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, viale Parioli n. 43;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise, sezione n. 1, n. 137/01/11, pronunciata il 23/05/2011, depositata il 12/12/2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 settembre 2018 dal Consigliere Dr. Riccardo Guida.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate ricorre, per un motivo, nei confronti della TNT Global Express Spa, che resiste con controricorso, illustrato da una memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c., per la cassazione della sentenza della Commissione regionale del Molise (hinc: CTR), in epigrafe, che – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento, emesso nei confronti di Traspex Sud Srl (poi incorporata in TNT Global Express Spa), che recuperava a tassazione, ai fini IVA e IRAP, per l’anno d’imposta 1998, costi indeducibili (per spese telefoniche, gestione sinistri e spese pubblicitarie), perchè non documentati e l’IVA contestualmente assolta – ha rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado, favorevole alla contribuente.
La CTR ha ravvisato l’irregolarità formale dell’atto impositivo perchè non preceduto dalla richiesta, al contribuente, anche per lettera raccomandata, di chiarimenti, a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis, comma 4.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Unico motivo di ricorso: “Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.
Si denuncia Verror iuris della sentenza impugnata che, trascurando che con la verifica fiscale si contestava a Traspex Sud Srl di essere un soggetto interposto della controllante TNT Traco Spa (poi incorporata in TNT Global Express Spa), e reputando erroneamente che l’accertamento riguardasse operazioni elusive, ha ravvisato l’applicabilità, alla fattispecie concreta, dell’art. 37-bis, comma 4, cit., mentre, nella diversa ipotesi dell’interposizione, disciplinata dal detto art. 37, comma 3, non è previsto che l’Ente accertatore richieda chiarimenti al soggetto verificato.
1.1. Il motivo è fondato.
E’ il caso di rammentare il costante orientamento della Corte, al quale si intende dare continuità, in virtù del quale: “In tema d’imposte dirette, pur costituendo l’abuso del diritto un principio generale, con radici comunitarie e costituzionali, rilevabile d’ufficio dal giudice, nonostante la mancata allegazione dell’Amministrazione finanziaria, il legislatore ha proceduto, con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis (“ratione temporis” vigente ed oggi abrogato dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 1, comma 2), alla tipizzazione delle condotte elusive, sicchè può configurarsi un abuso del diritto solo qualora ricorra una delle operazioni ivi indicate nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37 bis, il cui terzo comma limita l’ambito applicativo dei due precedenti commi”. (Cass. 25/11/2015, n. 24024).
In precedenza (Cass. 14/01/2015, n. 405) la Corte aveva avuto modo di precisare che, nel nostro ordinamento, la fattispecie dell’abuso del diritto non opera tout court nei casi di accertamenti che concernano la materia delle imposte sui redditi (come accade nella specie, trattandosi, tra l’altro, dell’IRAP).
Il legislatore, infatti, coll’art. 37-bis, ha scelto di tipizzare la figura dell’abuso del diritto convogliandola su specifici elementi caratterizzanti e determinate operazioni negoziali, in assenza dei quali non sono configurabili altre ipotesi (atipiche) di pratiche abusive.
La ratio legis consiste nell’esigenza di limitare il rischio di un’indiscriminata applicazione della figura dell’abuso del diritto a qualsiasi fattispecie negoziale e di evitare l’insorgenza di controversie tributarie su accertamenti fiscali dall’esito aleatorio per l’Erario e, ancora, di impedire che i contribuenti siano sottoposti a inutili e complessi accertamenti fiscali, a discapito di altre attività di verifica e controllo (più utili, in termini di risultati conseguibili).
La norma antielusiva sulle imposte dei redditi dell’art. 37-bis (espressione del principio generale del divieto di abuso del diritto), in quanto diretta ad individuare determinate condotte potenzialmente suscettibili (per il contesto, la natura o l’oggetto dell’operazione) di essere piegate a finalità elusive e, perciò, “elevate a sospetto di elusione”, prevede, opportunamente, sul versante dell’accertamento fiscale, una fase volta a realizzare un contraddittorio anticipato con il contribuente – art. 37-bis, comma 4 – per risolvere a monte, in via preventiva, ogni eventuale dubbio in ordine all’esistenza di concrete ed effettive ragioni giuridico-economiche idonee a giustificare l’operazione come non elusiva.
Sotto questo profilo, infatti, anche di recente, è stato affermato che: “In tema di imposte sui” redditi, l’applicazione della disciplina antielusiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis (ratione temporis applicabile) postula l’osservanza del contraddittorio procedimentale sancito dai commi 4 e 5, ed, in particolare, una richiesta di chiarimenti nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2, pena la nullità dell’avviso di accertamento emesso: sanzione, quest’ultima, reputata non in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. dalla Corte costituzionale, nella sentenza del 7 luglio 2015, n. 132, in considerazione delle peculiarità dell’accertamento e del ruolo decisivo degli elementi forniti dal contribuente in vista della valutazione dell’Amministrazione circa l’esistenza, o meno, di valide ragioni economiche sottese alle operazioni esaminate.” (Cass. 31/01/2017, n. 2439).
Ciò premesso sul piano generale, osserva la Corte che la CTR non ha fatto buon governo di questi princìpi di diritto, laddove essa ha indebitamente ravvisato la necessità del contraddittorio anticipato, tra l’organo accertatore e il contribuente, nell’ipotesi dell’interposizione di persona, disciplinata dall’art. 37, comma 3, cit., a norma del quale, in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona.
Orbene, per quanto si è sopra affermato, una simile lettura dei due articoli a confronto si appalesa censurabile e non conforme al delineato quadro normativo, poichè l’interposizione di persona, di cui all’art. 37, comma 3, cit., è estranea al catalogo delle operazioni elusive che, a norma dell’art. 37-bis, cit., danno forma e sostanza, tipizzandola, alla figura dell’abuso del diritto.
2. Ne conseguono l’accoglimento dell’unico motivo di ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR in diversa composizione che, nel riesaminare la vicenda, si atterrà al seguente principio di diritto: “In tema di imposte sui redditi, l’applicazione della disciplina antielusiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis, (ratione temporis vigente) comporta l’osservanza del contraddittorio procedimentale, sancito dai commi 4 e 5, che si attua con una richiesta al contribuente di chiarimenti, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2, a pena di nullità dell’avviso di accertamento. Il contraddittorio anticipato, invece, non è previsto nel diverso caso di interposizione di persona, disciplinato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3”; la Commissione regionale provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie l’unico motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Commissione tributaria regionale del Molise, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018