LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. ACETO Aldo – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 264/2012 proposto da:
CHARITAS S. FRANCESCO DI V.S. & c. S.A.S., in persona del Direttore p.t. C.V. B.F. rappresentati e difesi dall’Avvocato NICOLA VERDERICO giusta procura speciale estesa a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 240/02/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA depositata il 12.10.2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26.9.2018 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.
RILEVATO
che:
la società ed i soci V.C. e B.F. ricorrono per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 643/08/2005 della Commissione Tributaria Provinciale di Messina, che aveva respinto i ricorsi proposti avverso avvisi di accertamento, relativi all’anno di imposta 1996, con applicazione di maggiore imposta IRPEF ILOR SSN TASSA EUROPA;
la società ed i soci hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi;
con il primo motivo hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e/o falsa applicazione… della disciplina dettata in materia di motivazione degli atti di accertamento dal combinato disposto della L. n. 212 del 1990, art. 7, comma 1, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e art. 2697 c.c. “;
con il secondo motivo hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3", violazione e/o falsa applicazione… della disciplina dettata dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in materia di accertamento induttivo”;
con il terzo motivo hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione… con riferimento al denunciato profilo di illegittimità e/o infondatezza dell’accertamento in punto di omessa considerazione e computo degli elementi di reddito regolarmente dichiarati per l’annualità accertata”;
l’Agenzia delle Entrate si è costituita deducendo l’infondatezza del ricorso.
CONSIDERATO
che:
1.1. il primo motivo di ricorso è inammissibile;
1.2 la società contribuente ed i due soci denunciano la “nullità degli atti di accertamento opposti” per omessa allegazione del sottostante verbale di constatazione da parte dell’Ufficio accertatore e per lo “scarso valore probatorio degli avvisi di accertamento opposti, poichè privi del necessario riscontro documentale”;
1.3. come questa Corte ha già avuto modo di affermare, i limiti istituzionali del giudizio di cassazione sono segnati dal suo oggetto, costituito da vizi specifici della decisione del Giudice inferiore e non direttamente dalla materia controversa nella sua interezza, e trovano attuazione in un’attività che si caratterizza in funzione della rimozione della decisione viziata e non già della sostituzione immediata di questa: il giudizio di cassazione si pone infatti come giudizio a critica vincolata, in cui le censure che si muovono al pronunciamento di merito devono necessariamente trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, secondo cui la Corte di Cassazione non è mai Giudice del fatto in senso sostanziale secondo la rappresentazione che le parti ne fanno al Giudice di merito e che prende forma nel contraddittorio processuale (cfr. Cass. n. 25332/2014);
1.4. ne consegue che la parte non può volgere le sue censure direttamente avverso l’atto impositivo impugnato e l’attività dell’Amministrazione, contrapponendovi la propria diversa interpretazione al fine di ottenerne l’annullamento, senza prendere in esame, sul punto, le specifiche argomentazioni esposte dalla CTR circa la validità dell’atto di accertamento per compiuta conoscenza, da parte del contribuente, del p.v.c. alla sua base, al cui contenuto l’atto impositivo rinviava espressamente;
2.1. con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto legittimo l’accertamento in oggetto, effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, nonostante si trattasse, per la presenza in contabilità “di anomalie contabili ritenute di gravissima portata (mancato aggiornamento dell’apposito conto “Banche”)”, di accertamento, non analitico ma induttivo, ai sensi del secondo comma della disposizione citata;
2.2. come di recente ribadito da questa Corte, in tema di accertamento dei redditi di impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, la ricorrenza dei presupposti per l’accertamento induttivo (anche nell’ipotesi di inattendibilità dell’intera contabilità) non comporta l’obbligo dell’ufficio di avvalersi di tale metodo di accertamento, ma costituisce una mera facoltà che non preclude, pertanto, la possibilità di procedere ad una valutazione analitica dei dati comunque emergenti dalle scritture dell’imprenditore (cfr. Cass. n. 18934/2018), con conseguente infondatezza della censura articolata dai ricorrenti;
3.1. con il terzo motivo si denuncia omessa motivazione, nella sentenza impugnata, circa il fatto controverso e decisivo costituito “dalla mancata considerazione ai fini del calcolo impositivo finale degli elementi positivi e negativi di reddito comunque esposti al Fisco dalla società accertata in sede di presentazione del bilancio di esercizio e di dichiarazione annuale dei redditi”;
3.2. il motivo è inammissibile atteso che qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, ha l’onere, per il principio di autosufficienza, di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire alla Corte il vaglio di decisività;
3.3. nel caso di specie la parte ricorrente, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non ha trascritto i richiamati documenti (conto economico allegato al bilancio e modello di dichiarazione annuale dei redditi), nella parte ritenuta rilevante, e non li ha neppure precisamente indicati anche con riferimento al luogo processuale della loro produzione, impedendo così alla Corte ogni esercizio nomofilattico che deve ovviamente fondarsi su elementi di fatto verificabili come certi (cfr. Cass. nn. 16134/2015; 8569/2013);
4. alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto con condanna della parte ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 26 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018