Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27895 del 31/10/2018

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACETO Aldo – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8196/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.L.M.L., rappresentata e difeso dall’Avvocato SERGIO CACOPARDO giusta procura speciale estesa a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 738/34/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA depositata il 26.2.2015, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26.9.2018 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza dianzi indicata, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 102/1/2010 della Commissione Tributaria Provinciale di Catania, che aveva accolto il ricorso proposto da P.D.T.L.M.L. avverso avviso di accertamento per l’anno di imposta 2003 relativo al reddito da partecipazione scaturente a seguito di rettifica operato nei confronti della società Badia di M.A.L. & C. s.a.s. (già denominata Badia di C. & C. s.n.c.), di cui era socia l’odierna controricorrente;

l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi; con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c…. per avere i giudici di appello omesso di pronunciarsi sulla richiesta di riunione dei giudizi formulata dall’ufficio”;

con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione degli artt. 1355 e 1362 c.c. e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27 e art. 75 TUIR”;

con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione degli artt. 1360 e 1362 c.c.”;

con il quarto motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

la contribuente si è costituita chiedendo il rigetto del ricorso “per intervenuto giudicato in ordine alle sentenze n. 742/34/15 e n. 743/34/15 con cui è stato definitivamente annullato l’accertamento… emesso nei confronti della società Badia da cui ex art. 5 TUIR, deriva l’accertamento emesso a carico del socio” e deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

CONSIDERATO

che:

1.1. come già statuito da questa Corte in controversie del tutto analoghe alla presente (cfr. Cass. nn. 29160/2017, 29161/2017, 29162/2017), nel caso di specie è pacifico – ed in ogni caso risulta dalla documentazione prodotta in allegato al controricorso (al riguardo, cfr. Cass. n. 11365 del 2015) – che l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società di persone, da cui è scaturito – D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5 – quello emesso nei confronti della socia P.L.M.L., sia stato annullato dalla CTR sicula, a seguito di separata impugnazione da parte della società e dei soci, con le sentenze n. 742 e n. 743 del 26/02/2015, divenute definitive, per mancanza di impugnazione, in data successiva alla pronuncia della sentenza qui impugnata, pubblicata in quella stessa data;

1.2. orbene, benchè la CTR abbia annullato l’avviso di accertamento impugnato sulla base di una sentenza, non passata in giudicato, di annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società di persone, il giudicato successivamente intervenuto, per mancata impugnazione di quella sentenza, è stato correttamente e tempestivamente eccepito nel presente giudizio di legittimità dal controricorrente, che l’ha adeguatamente documentato mediante allegazione al controricorso delle suindicate sentenze della CTR, corredate della relativa attestazione (produzione, consentita in questa sede, in quanto l’art. 372 c.p.c., è norma riferibile soltanto ai documenti che potevano essere prodotti nelle fasi di merito – cfr. Cass. n. 5360/09, n. 26041/10, n. 23063 del 2012 e n. 24901 del 2013);

1.3. peraltro, in forza dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata (in tal senso, cfr. Cass. n. 6102/2014), il giudicato – interno o esterno – poteva essere rilevato d’ufficio da questa Corte perchè formatosi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata (cfr. Cass. 6102 citata, nonchè S.U. n. 26041 del 2010, Cass. n. 16675 del 2011, n. 28247 del 2013, n. 21170 del 2016, nonchè le già citate sent. n. 23063 del 2012 e n. 24901 del 2013);

1.4. va, quindi, dato seguito al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui l’annullamento dell’avviso di accertamento notificato alla società, sancito con sentenza passata in giudicato, pronunciata, come nel caso di specie, per motivi attinenti al merito della pretesa tributaria (illegittimità del recupero a tassazione operato dall’Ufficio) e non per vizi della notifica dell’atto impositivo o per altra causa non rapportabile ai soci, spiega i suoi effetti a favore di tutti i soci, i quali possono quindi opporlo all’amministrazione finanziaria che è stata parte in causa nel relativo processo (cfr. Cass., Sez. U., n. 14815/2008, in motivazione, Cass. n. 17368 del 2009 e n. 8155 del 2015);

1.5. pertanto, la pretesa fiscale, concernente il “reddito di partecipazione” a fini IRPEF, formulata dall’Amministrazione finanziaria nei confronti della socia P.L.M.L., sulla base dei medesimi presupposti di fatto e di diritto sui quali era fondata la pretesa impositiva avanzata nei confronti della società di persone, va ritenuta infondata in conseguenza dell’annullamento, con forza di giudicato, dell’atto impositivo emesso nei confronti della società;

1.4. dal rilievo del giudicato consegue che è del tutto superflua la trattazione, oltre che la specificazione, dei motivi di ricorso proposti dall’Agenzia ricorrente, nessuno dei quali involge la questione del giudicato;

2. alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto;

3. la circostanza che nel caso in esame il giudicato si è formato successivamente alla proposizione del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali;

4. non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, poichè a favore dell’Amministrazione ricorrente opera il meccanismo di prenotazione a debito (cfr. Cass. S.U. n. 9338/14; conf. Cass. nn. 1778, 18893 e 22267 del 2016).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018

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