LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. ACETO Aldo – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3226/2011 R.G. proposto da:
Autofficina G. s.a.s. di G.A., E. & C., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco Moschetti e Francesco D’Ayala Valva, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, Viale Parioli n. 43;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, n. 81/19/09, depositata il 15 dicembre 2009;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 settembre 2018 dal Consigliere Valeria Piccone.
RILEVATO
CHE:
– l’Autofficina G. S.a.s. propone ricorso avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, depositata il 15 dicembre 2009, di reiezione dell’appello dalla stessa proposto avverso la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda di annullamento di due avvisi di accertamento concernenti la ripresa a tassazione (maggiore imposta IVA) per gli anni 2001 e 2002;
– la ratio decidendi della sentenza di appello, conforme sul punto a quella di secondo grado, si fonda, in particolare, sulla ritenuta inutilizzabilità da parte della Autofficina, quale acquirente di vetture usate, del c.d. “regime del margine”;
– il ricorso è affidato a otto motivi;
– l’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1;
– sono state depositate ex art. 372 c.p.c., copia della domanda per la definizione delle liti fiscali pendenti e copia attestante l’avvenuto pagamento per la definizione agevolata in ordine all’avviso di accertamento relativo all’anno 2002 con contestuale richiesta di dichiarazione di parziale cessazione della materia del contendere.
CONSIDERATO
CHE:
– va preliminarmente dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine all’avviso di accertamento relativo all’anno 2002 per effetto dell’intervenuta definizione della lite fiscale pendente, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, ex art. 39,comma 12, conv. in L. 15 luglio 2011, n. 111 come da nota depositata e notificata ai sensi dell’art. 372 c.p.c. (sul punto, SU, 23 settembre 2014, n. 19980);
– con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza di secondo grado per insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio;
– con il secondo ed il terzo motivo viene denunziata la violazione del D.L. 23 marzo 1995, n. 41, art. 36, comma 1;
– con il quarto motivo si deducono violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4;
– con il quinto motivo si censura la decisione per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 77, comma 1;
– con il sesto motivo si denunzia insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio;
– con il settimo e l’ottavo motivo si deduce omessa pronunzia sulla domanda di annullamento del provvedimento di irrogazione delle sanzioni tributarie;
– il primo, il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati;
– parte ricorrente denunzia l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie in ordine all’esercizio di detrazione IVA da parte di venditori tedeschi, fornitori di Autonova s.r.l., nonchè l’illegittima esclusione del regime IVA sul margine per essere stata la cessione effettuata da società di autonoleggio, oltre all’errata valutazione del regime del margine come regime agevolato;
– al riguardo va affermato, conformemente a SU n. 21105 del 2017 che il regime del margine, previsto dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36 conv. con modif. in L. n. 85 del 1995, costituisce un regime di favore per il contribuente, speciale, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi;
– qualora, quindi, l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale peculiare regime, spetta al contribuente dimostrare la sua buona fede, e, cioè, non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), allo scopo di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto;
– con particolare riguardo alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione;
– nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta, ma qualora, invece, emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nei settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole per il contribuente che lo richieda;
nel caso di specie, con motivazione immune da vizi logici e non censurabile in sede di legittimità, la CTR ha sottolineato che i beni compravenduti oggetto di contenzioso, sono autoveicoli iscritti ai Pubblici Registri e, quindi, suscettibili di controllo in quanto muniti di libretto di circolazione che consente di controllare in forma oggettivamente certa le precedenti operazioni con i relativi soggetti interessati, specificando che tali beni erano stati acquistati da venditori tedeschi che avevano detratto l’IVA sugli acquisti ed evidenziando il difetto di diligenza della società acquirente a fronte della impossibilità di applicare il regime agevolato qualora il venditore fosse un soggetto che aveva oggettivamente diritto alla detrazione dell’imposta;
– manifestamente infondata appare la questione di legittimità costituzionale proposta, essendo palese il rispetto dell’art. 23 Cost. e della ivi contenuta riserva di legge con riguardo alla previsione legislativa dei presupposti occorrenti per la fruizione del regime agevolato;
– il quarto, il quinto ed il sesto motivo, attinenti all’efficacia delle dichiarazioni sostitutive mediante le quali era stato affermato, ex lege n. 15 del 1968, che le fatture di acquisto di detti veicoli andavano considerate come acquisto intracomunitario, possono essere esaminati congiuntamente per l’intima connessione e sono infondati;
– le conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 21105 del 2017 inducono a ritenere assorbito l’aspetto in questione per l’irrilevanza, de facto, delle dichiarazioni sostitutive considerate che, pur richiamate dalla decisione di secondo grado, nondimeno assumono un aspetto succedaneo, nell’iter motivazionale d’appello rispetto all’obbligo di controllo e di prova che grava sull’acquirente e, quindi, alla luce dell’obbligo di diligenza di cui è onerato i contribuente e che, nel caso di specie, al di là delle dichiarazioni sostitutive rese dalla società Autonova s.r.l. (circa il carattere di acquisto intracomunitario dell’operazione in questione) è stato ritenuto non adeguatamente assolto, con motivazione coerente ed incensurabile in sede di legittimità;
– il settimo e l’ottavo, motivo concernenti omessa pronunzia, rispettivamente in ordine alla domanda di annullamento del provvedimento di irrogazione di sanzioni tributarie fondata sul fatto che la società ricorrente aveva fatto affidamento su indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria e di annullamento del medesimo provvedimento in quanto motivato con riferimento a violazioni di materia di “acquisti intracomunitari”, possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati;
– può parlarsi di omessa pronunzia, infatti, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr., sul punto, Sez. 6-3 n. 21257 del 2014) soltanto in ipotesi di totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, “quand’anche solo impiicito”, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto;
– nel caso di specie risulta di palmare evidenza dalla piana lettura della motivazione di secondo grado il difetto di pronunzia sulla questione inerente l’inapplicabilità delle sanzioni in base alla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2 – motivo peraltro richiamato al punto c) della sentenza ma del tutto assente nell’iter motivazionale della Commissione Tributaria Regionale: quest’ultima, infatti, nulla dice in ordine alle sanzioni, semplicemente omettendo di provvedere sulla relativa domanda, nè, al riguardo, può ritenersi ipotizzabile una motivazione implicita, non emergendo alcun elemento sintomatico in tal senso;
– a conclusioni non dissimili deve giungersi anche con riguardo all’aspetto, sempre relativo alle sanzioni, concernente la dedotta inconfigurabilità degli acquisti considerati come intracomunitari: anche su punto, che avrebbe inciso sulle avversate misure sanzionatorie, oggetto di impugnazione da parte dei contribuente, difetta qualsivoglia pronunzia del giudice di secondo grado che omette di provvedere al riguardo;
– alla luce delle suesposte argomentazioni, dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine all’avviso di accertamento concernente l’anno 2002, vanno accolti il settimo ed ottavo motivo di ricorso, respinti gli altri; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Commissione Tributaria Regionale dei Veneto, in diversa composizione, anche in ordine alla regolamentazione delle spese relative al giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara la cessazione della materia del contendere in ordine all’avviso di accertamento relativo all’anno 2002; respinge, il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso. Accoglie il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 26 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018