LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25007/2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 13/2013 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE, depositata il 25/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/09/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.
PREMESSO che:
1. con sentenza n. 13, depositata il 25 febbraio 2013, la commissione tributaria regionale della Toscana annullava l’avviso n. *****, di determinazione della rendita catastale di un edificio ad uso alberghiero, notificato dalla Agenzia delle Entrate a B.M., sul motivo per cui la determinazione era avvenuta senza che, da parte dell’Agenzia, fosse stato tenuto in conto il fatto che, nonostante l’edificio fosse “idoneo ad una ben maggiore capienza”, l’attività alberghiera era stata autorizzata dal sindaco solo “per sette camere e tredici posti letto”;
2. l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sopradetta, in ragione di tre motivi con i quali rispettivamente lamenta:
2.1. violazione o falsa applicazione R.D. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 9 e 20 e del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, artt. 27 e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la commissione ritenuto sussistere, in contrasto con tali disposizioni di legge, un collegamento tra le caratteristiche dell’immobile rilevanti ai fini della determinazione della rendita e la licenza amministrativa necessaria all’esercizio dell’attività alberghiera;
2.2. violazione o falsa applicazione del R.D. 13 aprile 1939, n. 652, art. 20 e degli artt. 1 e segg., D.M. Finanze 19 aprile 1994, n. 701, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la commissione erroneamente negato, sul motivo che il limite derivante dalla licenza amministrativa alle possibilità di esercizio dell’impresa alberghiera era originario e inequivocabile, la necessità per il contribuente, interessato a far valere quel limite, di avviare una procedura di variazione della rendita (procedura docfa) individuando le porzioni dell’immobile da scorporare;
2.3. violazione o falsa applicazione del D.P.R. 27 dicembre 1986, n. 917, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la commissione ordinato ad essa ricorrente di procedere ad una nuova determinazione della rendita in base ad una istanza presentata dal contribuente in data 20 gennaio 2009, senza considerare che quell’istanza non era accompagnata dalla documentazione richiesta dall’art. 38 ed era stata (anche per tale motivo) respinta;
3. il contribuente non ha svolto difese.
CONSIDERATO
che:
1. i primi due motivi, strettamente connessi in quanto incentrati entrambi sulla autonomia del sistema di determinazione della rendita catastale rispetto alla autorizzazione amministrativa necessaria per l’esercizio dell’attività alberghiera, suscettivi di esame congiunto, sono fondati;
1.1. ai sensi del R.D. n. 652 del 1939, artt. 9 e 10 e successive modifiche e del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 27, la rendita catastale – cioè la rendita lorda media ordinaria ritraibile da un immobile previa detrazione delle spese di riparazione, manutenzione e di ogni altra spesa o perdita eventuale – viene determinata, per gli immobili ad uso industriale o commerciale, tra cui quelli destinati ad albergo, mediante stima diretta facendo riferimento in via preferenziale al canone annuo di fitto ordinariamente ritraibile dall’unità immobiliare, e, in subordine, facendo riferimento all’interesse sul capitale fondiario;
1.2. in questo quadro non ha spazio la autorizzazione comunale per l’esercizio di alberghi, prevista dalla L. 29 marzo 2001, n. 135, art. 9 (“Riforma della legislazione nazionale del turismo”), trattandosi di determinazione amministrativa adottata a fini extrafiscali, non interferente con la potenzialità dell’immobile a produrre “ordinariamente” un certo reddito ma correlata alle modalità di esercizio dell’attività ricettiva in concreto esercitata in quell’immobile;
2. i due motivi sopra esaminati vanno accolti, il terzo motivo di ricorso resta assorbito, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non risultando esservi ulteriori questioni da risolvere nè accertamenti in fatto da svolgere, la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell’iniziale ricorso proposto dal contribuente contro l’avviso di determinazione della rendita, n. *****;
3. le spese del merito devono essere compensate in ragione dell’evoluzione della vicenda processuale;
4. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’iniziale ricorso proposto da B.M. contro l’avviso di determinazione della rendita n. *****;
compensa le spese del merito;
condanna B.M. a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2200,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2018